4. Dylan - Conosco il tuo segreto (parte prima )

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Il frastuono del vetro infranto fece sussultare Dylan.

Lui chiuse le palpebre, masticò un'imprecazione a mezza bocca, dopodiché si girò.

Ricorda che l'omicidio è illegale, Dylan, e che l'arancione non ti dona.

Il nuovo cameriere di nome Gary gli lanciò un'occhiata, in parte colpevole e in parte supplice. Era in piedi oltre il bancone e per terra c'erano i cocci di un bicchiere.

Era al primo anno della Fallwood University e, se Dylan ricordava bene, studiava Marketing e Comunicazione. Aveva i capelli biondo cenere scompigliati e gli occhi scuri contornati da lunghe ciglia. Il viso era grazioso, anche se aveva una mascella troppo pronunciata per i suoi gusti, ma era gradevole da guardare.

Il pub era chiuso, stavano dando la solita sistemata prima di andare via. Erano rimaste soltanto Jessica e Allison, che chiacchieravano a uno dei tavoli in attesa che lui finisse il turno.

Gary esibì un sorriso nervoso, mentre si grattava la barbetta scura con fare imbarazzato. «Scusa, amico. È il secondo che mi cade oggi...»

Il secondo? Era tipo il quarto che rompeva da quando aveva iniziato a lavorare là. E aveva iniziato da esattamente... Dylan abbassò lo sguardo sull'orologio al polso.

Sei ore.

Sospirò. Sarebbe stata una lunga settimana, poteva scommetterci.

«Okay» borbottò. «Sta' fermo, ci penso io.»

Ma Gary scosse la testa. «No, lasciami ripulire.»

Dylan sorrise mellifluo. «Dolcezza, riposati un secondo, ti va? Nel frattempo io spazzo il pavimento.»

Ci mancava pure che si tagliasse con il vetro e lui dovesse medicarlo. Non lo pagavano abbastanza per essere anche una balia.

Gary arrossì. Il rossore sulle sue guance lo rendeva molto carino, peccato che fosse un totale incapace.

Non era sbadato o impreciso. Era proprio incapace. Forse il suo capo l'aveva assunto sotto gli effetti degli allucinogeni, perché non poteva esserci altra ragione.

Il ragazzo si arrese e si sedette a uno dei tavoli. Passò pigramente un canovaccio sulla superficie, forse per mostrarsi volenteroso.

Dylan recuperò scopa e paletta dallo sgabuzzino e cominciò a spazzare i cocci, facendo attenzione a non dimenticarne neppure uno.

Mentre trascinava il vetro, un paio di anfibi neri entrarono nel suo campo visivo. Sollevò lo sguardo.

Allison era davanti a lui e gli sorrideva. «Vuoi una mano?»

Dylan scosse la testa. «Ho quasi fatto.»

«Dai, dammi. Sarai esausto.» Lei allungò il braccio e mosse le dita per incitarlo a lasciarle la scopa e la paletta.

«Va bene» capitolò. Scagliò un'occhiataccia a Gary, che stava sbadigliando. «Saresti utile qua dentro» bofonchiò.

Allison ridacchiò e iniziò a spazzare sul pavimento. Raggiunse qualche coccio che scintillava vicino agli sgabelli. «Mi piacerebbe, sai?»

Dylan la fissò con le braccia conserte. «Posso mettere una buona parola per te e farti lavorare qua qualche sera a settimana.» Fece una smorfia, osservando il nuovo arrivato. «Abbiamo carenza di personale. Il boss deve essere disperato se ha assunto uno come lui.»

«Non è così male.»

«No, hai ragione.» Dylan sorrise. «Sono cattivo.»

«È nonnismo, il tuo.»

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