7. Travis - Avevi ragione (parte seconda)

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Aveva evitato di bere alcolici.

Appoggiato alla parete dell'ormai familiare confraternita, Travis faceva ondeggiare la limonata nel bicchiere di plastica. Era stato un miracolo trovare una bevanda che non fosse alcolica, ma per fortuna c'erano alcune bottiglie di limonata, Coca-Cola e acqua fresca.

Non si fidava più del suo corpo sotto gli effetti dell'alcol. Quella volta il suo autocontrollo si era sopito. Quando aveva percepito il corpo maschile di Dylan contro di sé, una voce nella sua mente aveva sussurrato: "Lasciati andare". Una voce che, di solito, sopprimeva fino a farsi del male.

Pertanto, quella sera se ne stava in disparte a sorseggiare una bibita gassata dal gusto mediocre. Al sicuro.

Paul, Marcus e quasi tutti gli altri membri della squadra erano presenti. Josh era con la sua nuova ragazza, appartato in un angolo del salotto a ballare un lento provocante; Marcus e Paul erano ubriachi e ci provavano con qualsiasi essere dotato di una vagina; Drew non c'era – odiava le feste e qualsiasi evento mondano. Probabilmente senza Greyson non se la sentiva affatto.

Uno spillo di dolore gli punse il petto. Subito una vampata di indignazione gli risalì fino al cervello. Si umettò le labbra, mentre faceva vagare lo sguardo sulla folla per scacciare quei pensieri.

Rispetto alle solite feste della confraternita Alpha-Omega, quella era più tranquilla. La musica era soft e le persone non erano accalcate a ballare. Il luogo era meno claustrofobico, anche grazie alla porta aperta sul giardino antistante, e le luci stroboscopiche erano state sostituite dalle lampade. La puzza di sudore, però, purtroppo c'era.

Nessuno si avvicinava a Travis.

C'era un sottofondo di solitudine in lui.

Nel corso del tempo, aveva evitato di stringere amicizie troppo intime, soprattutto con i ragazzi. Certo, usciva con la squadra, con qualche compagno di corso, ma nessuno di loro era davvero suo amico.

Perché avrebbe dovuto mentire.

Non si apriva sul serio con nessuno, quindi nessuno poteva dire di conoscere il vero Travis. Il vero sé che lui odiava, che prendeva a calci e rinnegava. Era più semplice indossare una maschera, fingere di essere un'altra persona, trattare tutti di merda per allontanarli.

Notò un bel ragazzo che lo fissava dall'altra parte del salotto.

Era forse più basso di lui – da quella distanza non poteva dirlo con certezza –, aveva i capelli biondi e una barba curata sulle guance e sul mento. Gli occhi, due anelli chiari, esprimevano curiosità. Infilò una mano nella tasca dei pantaloni beige, sollevando la falda della camicia.

Gli sorrise.

Era un sorriso gradevole: le sue labbra piene si curvarono verso l'alto e addolcivano il viso.

Il sangue venne sparato a velocità massima nelle vene. Una sirena di allarme gli risuonò nella mente.

Il ragazzo, forse captando una sorta di interesse da parte sua, abbandonò il bicchiere su una mensola e si avvicinò.

Travis voleva scappare, ma il suo corpo seguiva un'altra volontà.

Quella della fastidiosa vocina.

Lasciati andare.

No.

Magari quel ragazzo voleva soltanto chiacchierare. Non doveva essere per forza frocio, no?

Che cazzo, al mondo esistevano anche gli eterosessuali. Non tutti i ragazzi che si avvicinavano in quel modo volevano prenderlo nel culo o metterlo nel culo di un altro maschio.

Losing MatchWhere stories live. Discover now