15-Fraintendere

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(2 Febbraio)

Sì aggirò per la casa, osservandone ogni minimo particolare, imparò piano piano a conoscere ogni angolo, e ogni nascondiglio.

Non lo faceva apposta, era una parte incontrollabile della sua mente che le chiedeva un posto sicuro.

Da piccola amava il gioco del nascondino e forse le era rimasta quella pulsione che ogni tanto la spingeva ad allontanarsi da tutto e tutti per inseguire ciò che desiderava.

A piano terra si trovava  il salone, una grande televisione al centro era l'attrattiva principale della stanza, le pareti dipinte  color panna.
Una finestra in alto illuminava il tutto.

In realtà erano tutte posizionate sopra i due metri, per ragioni di sicurezza.

Cassandra camminò lentamente, quasi trascinandosi, fino alle scale.

Le salì, tenendosi dal corrimano.

L'aria profumava di vaniglia, il suo profumo preferito.

Si domandò  se lo avessero fatto a posta, poi si ricordò  che nessuno lo sapeva tranne i suoi  genitori e dubitò che li avessero contattati.

A quest'ora sarebbero già arrivati a Washington.

Il piano superiore era scarno come l'altro.

Perfettamente vuoto.
Si avvicinó ad una porta, la aprì .

Dentro la stanza c'era un semplice letto matrimoniale, un comodino scuro con una lampada poggiata su.

Accanto ad un'altra finestra un armadio alto più o meno quanto lei , diviso a due ante.

Lo aprì, anche se credette sul momento che fosse in disuso.

Non lo era.

Sulle crucce vi erano  appesi  degli abiti semplici, per lo più scuri, all'incirca della sua taglia precedente.
Ora però suppose che le sarebbero andati  parecchio larghi.

Chiuse le ante e continuò a camminare per la casa, dopo aver accostato la porta alle sue spalle.

Respirava lentamente e in modo angoscioso.

Il silenzio le stava  dando alla testa, era troppo, troppo rumoroso, a modo suo.

Sentì  quasi la pelle del viso bruciare a contatto con l'aria calda a cui non era più abituata.

Trovò quasi subito il bagno, e spalancò la porta, che sbattè contro il  muro con un rumore sordo.

Sì avvicinó  frettolosamente al lavandino, e girò la manopola affinché gettasse solo acqua ghiacciata.

Appena cominciò  a scorrere la prese con entrambe le mani a coppa  e si  bagnò le guance.

Il liquido quasi evaporava sulla sua  pelle, ma almeno riuscì a raffreddarsi  un po'.

Strizzò  gli occhi e li riaprì con la sua  immagine riflessa in uno specchio rettangolare, affisso alla parete.

Le chiazze rosse nelle guance risplendevano  quasi,lucidate dall'acqua.

Gli occhi invece erano  stanchi e arrossati, la pelle sporca a tratti.

Presuppose che fosse il lerciume del Castello, e quasi si sentì  male ad averlo ancora indosso.

Girò lo sguardo verso la doccia,e annuì  a se stessa, ma non si mosse  di un passo, non prima di aver osservato il riflesso ancora una volta, e di aver odiato la sua  debolezza.

•UNDER MY SKIN•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora