48-Conoscenze inaspettate

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(5 febbraio)

<Vuoi dirmi che ti sei lasciato sfuggire pure Linton?>
Sbraitò Hank Taylor, mettendosi le mani nei capelli bianchi quasi rasati.

Gabriel si lasciò andare sulla poltrona di fronte alla scrivania del capo.
Quell'uomo non voleva proprio capire che non era stata una questione di competenza o meno, era successo prima che loro arrivassero e non potevano mica volare con quel vecchio catorcio che avevano preso in prestito.

<Era già morto quando siamo arrivati >
Ripeté Gabriel per la centesima volta.

L'altro sospirò, sperava di aver catturato almeno uno dei pezzi grossi, lui l'avrebbe condotti direttamente all'associazione, non avrebbe rischiato un processo solitario e il resto della vita dietro le sbarre per far vivere questo segreto in eterno.

La spia sì, quel ragazzo serviva proprio a quello, svolgeva degli ordini e se qualcosa fosse andato male era condannato a morte, proprio per questo Gabriel aveva dato istruzioni che fosse rinchiuso in una cella vuota tranne che per un tavolo e due sedie.

Due agenti lo guardavano costantemente.

<Ha parlato?>

<Non sono ancora stato da lui>

Hank lo guardò infuriato.
<E cosa diavolo stavi aspettando, l'"in bocca al lupo?>

Gabriel scosse la testa.
Quell'uomo sapeva essere veramente stronzo quando lo voleva.

Si voltò senza neanche salutare il superiore e chiuse la porta alle sue spalle.

Il ragazzo senza nome era stato portato in una cella sotterranea, completamente isolata dal resto.
Se anche avesse avuto la forza di scappare si sarebbe ritrovato contro un muro di mattoni e una porta blindata che richiedeva una password di cui erano a conoscenza solo lui e la sua squadra.

Gabriel scese lungo le scale, poi proseguì lungo il corridoio, Becca gli si affiancò poco dopo.

<Ti ha mandato il capo?>
Lui annuì.

<Sai che non parlerà vero?>
Ridacchiò la rossa, voleva stuzzicare l'agente e al tempo stesso carpire da lui quante più informazioni possibile, sentiva che c'era qualcosa che l'amico le nascondeva.

<Devo provarci e poi, non credo che preferirà la prigione a vita ad una chiacchierata amichevole con me >

Becca alzò le sopracciglia.
<Va bene, allora divertiti>

Gabriel le fece l'occhiolino, quella discussione non l'avrebbe vinta lei.

<Lo farò >

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Il ragazzo si trovava al centro della stanza quando Gabriel entrò.

Teneva le mani conserte, lo sguardo vitreo perso nel vuoto, sembrava quasi che il suo cervello fosse da un'altra parte ma Gabriel sapeva che non era così, sapeva molti medoti per far parlare un'uomo, soprattutto uno giovane come il sospettato.

Si rivolse a lui con tono garbato, quasi amichevole e non gli nascose la verità.
Tanto era piuttosto sicuro che il ragazzo sapesse cosa lo aspettava.

<Sai che avrai la prigione a vita se non parlerai
vero?>

Quello alzò lo sguardo, gli occhi neri fissarono il viso di Gabriel, ma solo per un momento.
Voleva fargli capire che accettava il rischio.

Passò qualche secondo, trascorso in silenzio.
Gabriel voleva conoscere ogni minimo segreto di quell'uomo ma non riusciva a distinguere tic nervosi o agitazione nel suo comportamento.

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