14.

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"Non permetterò mai che ti accada tutto questo."



Qualche anno fa, la mia vita era completamente diversa, passavo le giornate con i miei vecchi amici, avevo un ragazzo che sembrava perfetto, o almeno, per me era perfetto, leggevo nella mia vecchia casa, ascoltavo le mie vecchie canzoni.

Pensandoci su. Ascoltavo sempre una canzone che spiegava il significato della morte. Del fatto che molte persone se ne vanno per restarci impresse dentro, per mancarci, per lasciare il segno.. O semplicemente per bisogno di dover lasciare questo posto così monotono e scontato.
Sinceramente la morte mi ha sempre affascinato. La scelta di poter andarsene, di poter mollare tutto e cambiare mondo, di riuscire a far soffrire delle persone, con una sola mossa. È sempre stata una delle cose più affascinanti della terra, il fatto di poter decidere se continuare a lottare in un mondo di incomprensioni, o facilmente andandosene da questo mondo, e salire a bordo di un altro.
Ma non avrei mai creduto che la morte procurasse così tanto dolore.
Non avrei mai pensato che sarei rimasta davanti a quella bara, e provare dolore. Non pensavo di poter piangere davanti ad essa. Mi girai guardando la scena che si presentava davanti a me.
Dylan era distrutto. Si vedeva da lontano questo ragazzo con uno smoking nero, accovacciato a terra, e le mani stracolme di tatuaggi che cercavano di fare pressione sugli occhi per far concludere quelle interminabili lacrime che dominavano sul suo viso. Tremava, piangeva e ogni tanto si dava dei pugni in testa, pensando che tutto questo dovesse essere solo un'interminabile incubo.
Eppure me lo aveva detto, si era confidato con me, dicendomi che questo era ciò che lo avrebbe distrutto. Che se fosse successo non sarebbe stato più lo stesso. E aveva ragione. Quando alzò lo sguardo, non era più Dylan, non avevo più paura del suo sguardo su di me. Provava odio nei suoi confronti. Si guardava le mani, piene di lacrime e sangue per le continue ferite che si procurava cercando di svegliarsi. Più si guardava, più era schifato da se stesso, da esser riuscito a creare tutto questo. Aveva procurato dolore, odio, terrore, rabbia. Eppure sembrava quello che provava più emozioni là dentro. Sembrava più dispiaciuto di tutti. Si vedeva lontano chilometri, che lentamente stava morendo dentro. Che si stava distruggendo.
Ed io ero lì a guardarlo, a vedere il mio ragazzo che si distruggeva lentamente. Quel suo sguardo che mi aveva dedicato, come se avesse avuto il terrore per qualche secondo che avrebbe potuto farmi la stessa identica cosa, che avrebbe potuto crearmi dolore.
Corsi verso di lui, fermando al volo un pugno che sarebbe finito ancora nel suo cranio.

《Smettila Dylan, così non risolvi niente.》Gli urlai, cercando di non farmi sentire da tutte le altre persone che si trovavano nella parte opposta a noi.

《Allison... Non puoi capire.》Disse scuotendo la testa, come a non voler accettare quella situazione, a non voler accettare quei pianti, quelle urla di dolore, quel terrore che si diffondeva in quel giardino. A non voler accettare la morte di una fragile anima, che aveva tanto vivere.

《Okay forse non posso capire, hai ragione, però ora alzati, asciugati le lacrime, togli quel sangue dalle mani e vai davanti alla bara. Si merita un ultimo addio da parte tua. Non credi?》

《È tutta colpa mia.》Sussurrò, mentre delle gocce di sangue scivolavano dalle sue pesanti, ma allo stesso momento, fragili mani, fino a finire nel terreno umido, di quel giardino pieno di ricordi per ognuno di loro.

《Dylan, porca puttana.》Lo alzai di peso.《Tutto succede per un motivo. Le persone muoiono di continuo, e se lei è morta è successo perché doveva succedere. Non è colpa tua, non è mai colpa tua. Ed ora alzati, cammina a testa alta, e dimostrati in grado di affrontare tutto ciò. Nessuno supererà mai questa faccenda. Non si può superare. Ci si può convivere. Quindi corri davanti a quella bara e sfogati con lei. Io ti aspetto qui.》

《Grazie...》Riesce a sussurrare asciugandosi le lacrime. E lentamente lo vidi alzarsi faticosamente ed allontanarsi da me, trascinandosi verso la bara a pochi metri da noi.

Nel mentre che Dylan si sfogava, mi girai di scatto, notando Thomas. Quella chioma bionda su un corpo fragile ed indifeso. In piedi, davanti ad una quercia. Fissava il terreno verde smeraldo. Non piangeva, non urlava, non si procurava dolore. Semplicemente non provava più niente. Si era arreso a tutto ciò. Aveva semplicemente mollato. Ormai ne era consapevole che tutto ciò sarebbe successo un giorno. Forse si era preparato psicologicamente, o forse pensava che era meglio così, per tutti.
Era tutto molto confuso in quel momento, tutti erano scossi, ma allo stesso momento tutti in un certo senso credevano nel profondo che sarebbe successo. La cosa più brutta è che tutto ciò sarebbe rimasto impresso ad ognuno di noi; nessuno avrebbe mai scordato questa giornata cupa, piena di dolore. Io provavo dolore. E non la conoscevo neanche. Quindi non oso immaginare come possano stare o cosa possano provare tutte queste persone intorno a me.
Mio padre da piccola, mi raccontava una storia. Diceva che ogni volta che moriva una persona a noi cara, una parte della nostra anima volava via con lei, per portarle fortuna, per portarle comprensione da parte nostra in una seconda vita, per non dimenticare che per essa o esso ci siamo sempre stati. Mio padre credeva nella reincarnazione, ne era affascinato, e in un certo senso pure io ci credo. Non credo che una persona possa davvero morire, non credo che una persona dopo la morte diventi il nulla assoluto.
Tralasciando i miei pensieri, vidi Dylan avvicinarsi verso di me, con la testa che ammirava l'erba che calpestava. Quando si ritrovò a pochi passi da me, fu un attimo. Mi guardò e aprì le braccia per potermi avvolgere in uno dei suoi confortanti abbracci. Senza pensarci due volte, aprii anche io le braccia per potergli permettere di fiondarsi su di me. Conoscevo i suoi abbracci, era una sensazione bellissima. Come se qualcuno in quel momento creasse un muro di mattoni intorno a noi. Mi stringeva sempre di più, per poter realizzare che almeno in un momento come quello io ero presente, che io ero con lui, che io ero pronta ad aiutarlo in qualsiasi modo pur di farlo stare meglio. Era una sofferenza per me vederlo ridotto in quel modo. È una sensazione orribile vedere la persona che ami davanti a te, cadere lentamente a pezzi e non poterla confortare perché non sai cosa fare, perché non sai come comportanti, perché non sai che cosa ha passato e che cosa ha dovuto affrontare. Sapevo ormai praticamente tutto di lui, pure di come ha passato la morte dei suoi genitori, come ha passato il periodo senza i suoi migliori amici, la sua infanzia, la sua adolescenza. Ci eravamo raccontati ogni dettaglio della nostra vita. A patto che nessuno dei due parlasse del passato con i nostri due primi veri amori. Lui non parlava di Emily, ed io non parlavo di Andrea. Mi aveva solo raccontato che si era davvero innamorato di lei.
Sta di fatto che avevo il terrore di parlare, essendo consapevole che qualsiasi cosa fosse uscita dalla mia bocca, non avrebbe aiutato.
Così fu lui a parlare.
《Ce ne andiamo?》Cercò di borbottare ancora incastrato con la testa sulla mia spalla.

《Ma come? Non vuoi assistere alla sepoltura?》

《Non ce la posso fare. Quello che dovevo dirle l'ho detto.》Così mi staccai da lui, gli strinsi la mano, e lo trascinai verso Thomas.

《Io e Dylan andiamo via, non può sopportare pure la sepoltura.》Sussurrai all'orecchio di Thomas, sperando che capisse e che comprendesse la situazione del moro a pochi metri da me.
Come poteva non capire? Dylan era irriconoscibile. Gli occhi erano gonfi, rossi, stanchi, incazzati, pieni di angoscia, terrorizzati. Il viso era pallido, i capelli erano al solito spettinati, ma non curati. Non si reggeva più in piedi. E la cosa più brutta era il suo sguardo che ti scavava dentro e che ti faceva provare una minima parte di quello che provava lui in quel momento. Posò il suo sguardo su di me, e tutta la sua sofferenza mi si fiondò addosso, facendomi cadere a terra. Dylan pur stando uno schifo, cercò di fiondarsi su di me per prendermi al volo, ma con scarsi risultati. Così mi tirò su.
Mi strinse la mano e mi riguardò, con uno sguardo diverso sta volta.

《Non permetterò mai che ti accada tutto questo.》Strinse la presa, la circolazione si era bloccata, il polso pulsava, ma non m'importava. Era quello di cui avevo bisogno.

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Spero vi piaccia!💜

Psycho - Dylan O'Brien [Stallison]Where stories live. Discover now