15.

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Tranquilla, ci sono io.


Sentivo rumori di macchine, di ambulanze, gente che strillava, che gridava aiuto, che piangeva. Mi svegliai di botto e mi ritrovai nel nulla assoluto, non c'era nessuno insieme a me, ma sentivo comunque dei rumori nelle orecchie. Tremavo, balbettavo, e con un filo di voce cercavo di chiamare Dylan, ma ovviamente nessuna risposta. Cercai frettolosamente in tasca quello che ci poteva essere, e per mia fortuna trovai il telefono. Così sbloccai lo schermo e misi la torcia, subito lo sguardo mi cadde sulle mani sanguinanti. Avevano sei dita ciascuna. Come potevo avere dodici dita? Dallo spavento, il telefono mi cadde dalle mani in mezzo alle foglie. Cosa stava succedendo? Ero in piena notte sperduta nel bel mezzo di un bosco, con un mal di testa atroce e con dodici dita alle mani. Barcollavo, e più tentavo di alzarmi, più provavo dolore, era orribile; ma non avevo scelta. Sarei potuta congelare lì in quell'istante se non avessi fatto qualcosa. Dopo vari tentativi e varie urla di dolore riuscii a sollevarmi da terra e a fare qualche passo. Ma successivamente mi ritrovai accovacciata a terra dolorante, urlando per il dolore che mi ero procurata durante la caduta e per il gelo che si diffondeva dentro le mie ossa. Cercavo di chiamare Dylan con tutta la voce che avevo in corpo, con la speranza di vederlo correre verso di me per riportarmi a casa. Ma si sa che speranza e realtà non vanno d'accordo. Sentivo la faccia dolorante, come se qualcuno mi stesse prendendo a schiaffi, e successivamente sentivo un dolore atroce al polso, come se me lo stessero stringendo con una forza sovrannaturale. Era tutto un enorme casino. Non capivo il perché mi trovassi in quel posto macabro, perché Dylan non era con me, perché era piena notte, perché sentivo dolori improvvisi, o perché stessi piangendo. Volevo solo avere delle risposte. Eppure una piccola parte del mio cervello era convinta che tutto ciò fosse normale, che mi trovassi nella normalità. Come se avessi bisogno di sentire dolore, di stare male. Mi sentivo osservata, anche se in quel bosco sembrava non ci fosse anima viva. Dove diavolo ero finita? Perché mi stava succedendo tutto ciò?
D'un tratto mi sentivo trascinare per le gambe, ma non riuscivo a scrutare chi mi stesse portando via da quel bosco buio. Piangevo, urlavo, muovevo qualsiasi parte del corpo per ribellarmi, tranne le gambe, quelle erano immobili, senza alcuna spiegazione, non riuscivo semplicemente a farle funzionare. Urla di persone mi circondavano, pianti di bambini mi tormentavano, e il buio si era impossessato della notte. Niente aveva senso, nulla aveva un perché.
Di colpo mi alzai con la schiena, afferrando con le braccia qualsiasi cosa fosse accanto a me, stringendo con forza inumana e respirai affannosamente, non riuscivo a portare aria ai polmoni.
La prima cosa che videro i miei occhi erano gli occhi di Dylan, colmi di paura e terrore, che mi scrutavano, preoccupati e terrorizzati. Capivo che mi stava parlando, muoveva le labbra. Ma non sentivo niente, il nulla, il vuoto. Man mano che le persone si avvicinavano e si muovevano come bisonti, riprendevo sempre di più il potere di sentire. Vedevo Dylan che mi teneva la mano, quasi a spezzarmela, per paura di perdermi tra la folla che lo spingeva e lo stritolava. Poi finalmente riuscii a capire che cosa cercasse di dirmi per circa cinque minuti ripetitivi.

《Allison, parlami Allison, stai bene?》
Ripete questa frase non so quante volte. Quando finalmente ebbi la forza per ragionare e comprendere la domanda, annuii, stringendo quel che potevo, la stretta sulla mano.

《Tranquilla, ci sono io.》Continuava a sussurrarmi.

Lentamente dopo la mia risposta, tra il caos e il silenzio, mi prese in braccio, mettendo un braccio sotto la mia schiena, e uno sotto le mie gambe stracolme di terra. Mi portò nella sua jeep, facendomi sedere come al solito, nel posto dei passeggeri, accanto a quello del guidatore. Quando salì pure lui e accese la macchina ci misi pochi secondi per formulare una frase che mi ripetevo da ore credo, ormai.

《Che diavolo è successo?》Dylan si gelò alla mia domanda. Svoltò bruscamente a destra e si fermò di colpo. Si appoggiò con la testa sul volante e si diede dei colpi abbastanza bruschi alla nuca.

《È tutta colpa mia.》I suoi occhi nel frattempo erano pieni di lacrime. 《È sempre colpa mia.》Prese respiro, alzò la testa, mi guardò per qualche secondo e si riposò col viso sul volante. Si vedeva troppo che era distrutto, ed io non potevo permettere che stesse così.

《Dylan..》Misi una mano sulla sua schiena. Al contatto lui tremò, come ad aver paura di me. 《Spiegami cos'è successo.》Prese un bel respiro.

《Non lo so.. So solo che stavi barcollando, poi quando ti ho guardata sei svenuta nelle mie braccia. Così ti ho appoggiata a terra. Ma qualche demente ha fatto esplodere dei petardi e tutti hanno iniziato a correre e a dimenarsi, scatenando il caos, qualcuno ti calpestava ed io in tutti i modi cercavo di ripararti, mettendomi su di te come scudo, ti tenevo il polso, stringendolo più che potevo per paura di perderti tra le urla e la gente che ci prendeva a calci per poter passare, ti giuro, non ho mai provato così tanta paura in tutta la mia vita. Non sapevo cosa fare, cercavo di svegliarti.. E.. E.. Ad un certo punto non respiravi più.. Ero terrorizzato.. Cercavo di rianimarti in tutti i modi.. Poi il tuo cuore ha ripreso a battere e urlavi il mio nome.. Dicevi che avevi paura, che non sapevi dove ti trovavi, mi cercavi.. Imploravi pietà, tremavi, ti dimenavi e piangevi. Ero nel panico, non sapevo come aiutarti.. Ho temuto il peggio per qualche minuto. Thomas poi ha preso l'iniziativa, ha spostato tutte le persone che ci calpestavano e ti ha buttato addosso dell'acqua con del ghiaccio, sperando di aiutarti, però hai iniziato ad urlare dicendo che faceva male, e hai tremato come non so cosa. Ti giuro Allison, mi dispiace, che sia successo tutto questo, che abbia permesso potesse succedere, non volevo davvero, mi dispiace.》

《Dylan.. Torniamo a casa, dormi da me stasera.》Non disse niente, semplicemente annuii. 《Ah e Dylan, grazie di tutto.》
Lui mi guardò con quel suo sguardo confuso, ma adorabile, ancora in lacrime, per lo spavento. Gli strinsi la mano, che lui di conseguenza strinse a sua volta, e mi si avvicinò per baciarmi. Lo amavo, lo amavo.

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Si, lo so che è corto, sorry, ma mi farò perdonare con il prossimo, che è uno dei miei preferiti! grazie a tutti quelli che seguono la mia storia, vi adoro davvero!
continuo a 15 commenti!✨

Psycho - Dylan O'Brien [Stallison]Nơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ