17.

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*Due anni dopo*

Stranamente si stava bene quella sera. Mi trovavo nella jeep di Dylan da circa tre ore ormai; e si erano fatte le quattro di notte. La cosa affascinante della situazione era il fatto che in radio passavano canzoni vecchie, anni ottanta, di cui tutti e due eravamo incantati. Lui aveva un sorriso stampato in faccia, contento della situazione in cui eravamo, o almeno credo, mentre fissava la strada davanti a noi, con un braccio fuori dal finestrino per godersi tutta l'aria che stavamo attraversando.
Io ero impassibile, anche se vederlo sorridere mi faceva sempre uno strano effetto. Era come se il suo sorriso fosse tutto quello di cui avevo bisogno.
La cosa più straziante in quel momento era che non sapevo dove stessimo andando, e quanto tempo ci avremmo messo. Solo che resistevo, per non risultare a Dylan come la solita ragazza impaziente che non riesce a sopportare l'attesa di una sorpresa.
Quindi rimasi zitta ad osservare i lineamenti del suo viso così.. Perfetti?
Dio, quanto mi ero innamorata di lui. Eppure mi odiavo nell'ammettere una cosa simile. Odiavo mostrarmi vulnerabile nei confronti una persona anche solo con me stessa. Lo odiavo e lo amavo. Che casino.
Ma infondo tutti hanno bisogno di qualcuno da amare. O forse.. di qualcuno che ci faccia innamorare.
Ma lui? Lui mi amava? E se non fosse stato davvero così? Insomma, dopo due anni passati insieme, non ne ho ancora la certezza.. Così presi coraggio. E tutto d'un fiato.

"Tu mi ami?" Riuscii a far uscire dalla mia bocca che nell'istante seguente sigillai, rendendomi conto della domanda idiota che avevo appena posto.

"Che?" Disse, accennando ad un sorriso.

"Tu mi ami davvero?" Abbassai la radio e mi girai verso di lui, seria e decisa.

"Potrebbe essere."

"Come, potrebbe essere?" Chiesi. Sorrise, ma subito dopo ritornò serio, nel silenzio e nell'imbarazzo che si era creato tra noi due. Senza rispondere alzò il volume della musica, abbassò il mio finestrino e aprì il tettuccio della macchina, per poter far entrare più aria, credo.
Poi mise una mano sotto il sedile e prese una birra, che aprì con una velocità tale da non farmi capire come.

"Divertiti." Disse, urlando, per sovrastare la musica. E mi passo la birra, non togliendo mai lo sguardo dalla strada. Così presi la birra con tutta la rabbia che avevo in corpo ed iniziai a sorseggiarla, mentre lui nel frattempo rimise il braccio fuori dal finestrino e iniziò a canticchiare la canzone pop che passò alla radio in quel momento, credendo di non essere sentito, quando in realtà facevo più caso al suo canticchiare che alla canzone originale.
Amavo la sua voce. Amavo davvero tanto la sua voce rauca.
Però continuavo a non capire cosa volesse dire quel suo 'potrebbe essere', anche se ormai avevo imparato a non dare più tanto importanza ai comportamenti strani di Dylan, dato che c'era sempre sotto qualcosa. Aveva sempre un motivo per fare le cose in un certo modo. Dopo due anni forse è stata l'unica cosa che ho imparato su noi due.
Dopo tre lunghissime ore passate in macchina finalmente ci fermammo davanti ad una casa circondata dal nulla. C'erano soltanto alberi intorno a noi, oltre alla stradina per poter arrivare a quella casa. Vista da fuori sembrava enorme. Poco dopo mi accorsi che Dylan stava disperatamente cercando qualcosa dentro le sue tasche. Tirò fuori un minuscolo telecomando con il qualche aprì il garage davanti a noi, nel quale entrammo e parcheggiammo la macchina. Poi richiuse il garage e mi prese per mano, trascinandomi verso una porta di legno che aprì. Salimmo qualche scalino e mi ritrovai nel mio sogno. Nella casa dei miei sogni.

La giornata ci scivolò di dosso. Il tempo ormai passava troppo velocemente quando stavo insieme a lui. Quando sei con la persona che ami più di te stessa, tutto il tempo del mondo, risulta estremamente poco.
Quella sera, sul tetto di casa sua stavo quasi per scivolare, mai mi scorderò quella sua risata nel prendermi tra le sue braccia.
Ad un certo punto tirò fuori una scatolina, con una fotografia del nostro primo appuntamento qualche anno prima.
Aveva addosso una maglietta con scritto 'Psyco' che mai scorderò, che indossò anche il primo giorno di scuola, quando ci scontrammo. Quando le nostre strade si incrociarono. Quando i miei casini e i suoi casini diventarono pian piano i nostri casini.

"Si Allison.
Io ti amo davvero."

Eravamo incasinati, eppure insieme eravamo così puri.

Psycho - Dylan O'Brien [Stallison]Where stories live. Discover now