Capitolo 2

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Quella mattina stavo facendo colazione con i miei genitori, che guardavano il notiziario, quando ci fu un servizio dedicato all'equitazione.

Alzai il volume, incuriosita. Parlavano di un famoso cavallo da salto baio, un certo Glory Von Schwarz: lo avevo visto qualche volta in televisione, parlavano di lui come un innato saltatore completamente fuori di testa. 

Per poco non sputai tutta la spremuta che stavo bevendo. 

L'inviata aveva un'aria scossa, mentre ripeteva queste parole: "Von Schwarz, il famoso cavallo da salto, uccide il proprio cavaliere durante una competizione. L'incidente è avvenuto a metà percorso, l'uomo, che stava..."

Ascoltai il servizio con attenzione, senza riuscire a staccare gli occhi dallo schermo: l'incidente era avvenuto durante una competizione nella nostra città, e la cosa mi fece ulteriormente rabbrividire.

Con grande fatica mandai giù qualche altro biscotto. Avevo lo stomaco completamente chiuso. Immaginai Honey calpestarmi e uccidermi con violenza, il giorno prima, e sentii un brivido freddo percorrermi il corpo. I miei genitori mi scrutavano in silenzio.

«Magari Michele riesce persino a comprarlo!» scherzai, cercando di sdrammatizzare.

«Quello ha fatto una brutta fine, dammi retta» disse serio mio padre.

I miei non erano grandi appassionati di equitazione, ma non sembravano contrari a questo tipo di sport. Ero sicura che, se avessi insistito, mi avrebbero comprato pure un modesto cavallo: ero abbastanza brava a scuola e mi comportavo bene. Ma ero decisa a trovarlo come avevano fatto tutte, e ci sarei riuscita.

«Allora a dopo!» li salutai, dopo aver faticosamente finito la colazione, prendendo lo zaino e uscendo di casa, diretta al maneggio.


Quella mattina tutti non facevano che parlare della vicenda di Glory Von Scwharz. 

Tra un commento e l'altro, riuscii anche a strappare a Michele qualche informazione su Wind. Era un cavallo di campagna che viveva nel piccolo recinto di un podere, neanche troppo lontano da casa mia. Saltava lo steccato di continuo per andare a pascolare e il suo padrone, un ignorante contadino della zona, lo frustava senza pietà, bastonandogli le zampe per impedirgli di saltare il recinto. Il cavallo era diventato inavvicinabile, ma con le zampe gonfie e doloranti non poteva più saltare alcuna staccionata. Dopo la morte del contadino era stato mandato al macello e salvato da Michele. Era un incrocio e, a giudicare dall'aspetto e dal carattere, in corpo doveva avere sangue andaluso e arabo, ma il mio istruttore era certo che avesse anche  qualcosa di una razza tedesca, come l'holsteiner. Quanto all'età, aveva all'incirca una decina d'anni, ma forse non era neanche stato domato.

«Ah» fu tutto quello che riuscii a dire, alla fine del racconto. Non mi aspettavo una storia così particolare.

Eravamo davanti al box di Wind, seduti su dei secchi rovesciati.

«Chissà quanto avrà sofferto, povero animale» borbottò Alessia, accarezzandogli il naso.

Wind, per tutta risposta, alzò violentemente la testa e sparì dentro al box. A quanto pareva, non gli piaceva essere toccato.

«Cosa intendi fare con lui?» domandai a Michele.

«Prima di tutto deve iniziare a fidarsi di noi. Propongo di liberarlo un po' nel tondino perché si sfoghi e cominciare a guadagnarci la sua fiducia. Poi il resto, pian piano, verrà da sé. L'infiammazione che ha agli arti lo rende più fragile, ma la zoppia con le giuste cure passerà. Dipende tutto da lui: vediamo quanto è disposto ad accettarci» rispose Michele con calma.

My dream come trueWhere stories live. Discover now