Capitolo 22

378 16 4
                                    

Quella mattina mi svegliai per colpa di una fastidiosa luce in pieno viso, come se qualcuno mi stesse puntando contro una torcia.

Ancora intontita dal sonno, aprii gli occhi e vidi che il sole, malgrado le tende tirate, stava filtrando dalla finestra e proiettava una lama di luce sul mio volto.

Mi stropicciai gli occhi, stirando la schiena. Significava che il sole era già alto. Chissà che ore erano... l'occhio mi cadde sulla sveglia che avevo sul comodino.

«LE NOVE?!» esclamai, scalciando via le coperte. 

Avrei dovuto avere lezione con Michele esattamente a quell'ora!

Chiedendomi come mai la sveglia non avesse suonato, scattai in piedi, volai in bagno e quando uscii dal corridoio ero già mezza vestita, a rischio di inciampare mentre mi tiravo su i pantaloni da equitazione. Finii di abbottonare la camicia a scacchi senza maniche in tempo record, saltando probabilmente la metà dei bottoni, e lanciai una rapida occhiata allo specchio del corridoio per accertarmi di essere almeno un po' in ordine. 

Nel ricambiare il riflesso, sorrisi vagamente tra me e me: non mi tiravo mai indietro se si trattava di prendere in giro Michele, ma ero la prima a condividere la sua folle passione per le camicie. Una delle tante cose che avevo in comune con il mio altrettanto folle istruttore.

Nel pensare a lui, un altro pensiero fece improvvisamente capolino in un angolo recondito della mia mente, come il suo tocco su di me mentre mi aiutava a salire in sella... ma lo scacciai con la stessa velocità con cui era arrivato, sostituito da uno ben più importante: ero in un ritardo spaventoso!

Mi gettai sulle scale, cercando contemporaneamente di infilarmi gli stivali, e se arrivai al piano di sotto senza essermi spezzata l'osso del collo fu un vero miracolo.

Attraversando di corsa la cucina, vidi che mia madre era ai fornelli, dai quali proveniva un odore a dir poco delizioso. Di mio padre nessuna traccia: doveva essere sempre di sopra.

«Mamma!» esclamai, facendola trasalire. «È tardissimo! Perché non mi hai svegliata? La sveglia non ha suonato!»

Lei si voltò verso di me, travolta da quel fiume in piena che erano le mie parole, la spatola da cucina a mezz'aria. 

«Ma... siamo in vacanza, tesoro» obbiettò, non riuscendo a trattenere un sorriso divertito. «Capirei se mi facessi questo discorso il giorno della gara. A proposito, ricordami il giorno.»

«Il 23 Agosto» risposi, provando un brivido d'eccitazione al solo pensiero. 

Solo una settimana

Mentre afferravo il gilet dall'attaccapanni, lanciai uno sguardo oltre la spalla di mia madre. «Stai facendo i pancakes?»

«Già» rispose lei, senza voltarsi. «Ma mi pare di capire che stai andando di fretta...»

Ignorai il suo tono canzonatorio. «Sì, mamma. Stamattina avrei dovuto montare Killer.» 

Vista l'ora, però, probabilmente era tutto saltato, visto che Michele alle dieci aveva lezione con le altre. Ma forse avrei potuto montarlo comunque, anche se per poco...

Ero così presa dai miei pensieri che ci misi un momento per accorgermi che la mia risposta era caduta nel silenzio. Mi chiesi se avessi detto qualcosa di male. Non era un segreto che avessi iniziato a montare il baio e sapevo anche che i miei non erano esattamente entusiasti all'idea, ma d'altronde potevo capire la loro preoccupazione.

«Come va con lui?» chiese infine mia madre, in tono vago.

«È bravissimo, mamma» risposi. Era la verità.

My dream come trueWhere stories live. Discover now