Capitolo 18

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«È bellissimo» mormorò Sofia.

Mi voltai verso di lei, che sedeva a gambe incrociate sulla panchina di fronte al tondino, e sorrisi. Aveva ragione.

Killer era immobile al centro del campo, enorme e statuario, con il lucido mantello baio scuro che scintillava sotto i raggi del sole. Il sottosella azzurro che avevo comprato appena qualche giorno prima, durante un momento in cui non ero in me e avevo deciso di darmi allo shopping – rigorosamente solo e soltanto per i cavalli – gli stava benissimo. La sella e la testiera, nuove di zecca, erano stati un regalo dei miei genitori. Progettavo da un po' di comprare dei finimenti tutti miei e avevo anche iniziato a mettere via i soldi, ma l'argomento doveva essere saltato fuori a tavola e i miei avevano deciso di farmi una sorpresa. Prima Tramontana, ora questo. Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo loro. Di quel passo, non mi sarei stupita se una di quelle mattine mi fossi svegliata ritrovando una stalla e un campo ostacoli nel giardino di casa.

Magari, pensai, tornando in me. Resistetti alla tentazione di usare la frusta e la lasciai cadere a terra, sollevando la longia e incitando Killer alla partenza con uno schiocco di lingua.

Come suo solito, l'animale alzò la testa in aria con segno di fastidio, ma obbedì e partì al piccolo trotto lungo il perimetro del tondino.

Michele era andato un attimo al Club House per rispondere ad una telefonata ed io sentivo lo sguardo di Sofia sulla schiena, mentre camminavo al fianco del baio, tanto ero abituata a girarlo in libertà. La presenza della ragazza, però, non mi disturbava. La sua gentilezza mi metteva un po' a disagio, ma apprezzavo i suoi tentativi di essere amichevole. Oltretutto non mi ero mai resa conto di quanto fosse timida ed era interessante sentire cosa aveva da dire. A differenza di Monica, apriva bocca solo se strettamente necessario e il più delle volte mi ritrovavo ad essere d'accordo con le sue affermazioni.

Sorrisi tra me e me. Prima Monica, poi Deborah, adesso Sofia. Sembrava che il gregge, venuto a mancare il suo cane da pastore, si stesse lentamente disgregando. Ebbi un brivido al pensiero che Benedetta presto o tardi sarebbe tornata al maneggio e mi affrettai a relegare il pensiero della ragazza in un angolino della mente, per dedicarmi unicamente a Killer.

Il cavallo si stava comportando in modo stranamente corretto. Trottava docilmente, l'occhio e l'orecchio rivolti nella mia direzione. Le staffe, anche se agganciate agli staffili perché non gli sbattessero sul costato, continuavano a tintinnare al ritmo dei tempi di trotto.

Il mio cuore era gonfio d'orgoglio. Da una parte non ero stupita che il cavallo reagisse bene alla sella: dopotutto chissà quante volte era stato girato a quel modo, quand'era nel pieno della sua carriera da saltatore. Ma per lo stesso motivo, proprio perché quel ricordo era associato alla sua vita precedente, quella che lo aveva portato al limite, fino a spezzarlo, credevo che lo avrebbe rifiutato. Non sapevo come spiegarlo, ma il comportamento di Killer era allo stesso tempo una conferma e una smentita.

«Posso chiederti una cosa?» La voce di Sofia ruppe il silenzio. Si doveva essere resa conto anche lei che il cavallo stava reagendo in modo positivo e che poteva azzardarsi ad aprire bocca senza rischiare di distrarmi.

«Sì, dimmi» risposi, senza guardarla.

Dalla lunga pausa e dal sospiro che tirò, ipotizzai che la ragazza fosse alla ricerca delle parole giuste.

«Vorrei...» Si bloccò. «Vorrei prendere El Diablo in fida.» Dopo un momento di silenzio, aggiunse: «Cosa ne pensi?»

«Hai intenzione di suicidarti?» le risposi di getto e lei ridacchiò. 

Con mia grande soddisfazione, Killer non ebbe alcuna reazione di fronte a quel suono improvviso.

Riflettei sulle intenzioni di Sofia. Io non mi ero trovata affatto bene con l'appaloosa e non l'avrei rimontato neanche sotto tortura, ma evitai di dar voce a quel pensiero. Preferii dirle ciò che in ogni caso pensavo sul serio: Sofia era una cavallerizza provetta e, se c'era qualcuno che poteva provare a gestire lo scalmanato puledro, quella era lei.

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