Missing Moment - Il compleanno di Sarah

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[AVVISO: questo capitolo è un missing moment che si colloca tra il capitolo 18 e il capitolo 19, prima, quindi, che Michele comunichi a Sarah la sua decisione di montare Killer. Buona lettura!]


Non lo avevo detto a nessuno.

Non volevo che si sapesse, perché stare al centro dell'attenzione mi avrebbe solo messa in imbarazzo e anche perché neanche a casa ero abituata a fare le cose in pompa magna.

Così rasentò lo shock l'espressione che assunsi quella mattina quando Deborah, davanti a me in passeggiata, si voltò all'indietro, sporgendosi dalla sella di Yale, ed esclamò: «Buon compleanno Sarah!»

La fissai, sbarrando gli occhi, e per poco le redini di Tramontana non mi sfuggirono dalle mani. Lei come diamine faceva a saperlo?

«È il tuo compleanno, Sarah?» domandò Michele, che precedeva Deborah in groppa ad Harvard, voltandosi a sua volta con espressione sorpresa. «Perché non ce lo hai detto?»

Dalla fila si levò all'istante un "TANTI AUGURI!" collettivo, che mi fece istintivamente abbassare gli occhi sul collo di Tramontana, tanto era l'imbarazzo. Ma, quando vidi che Michele continuava a guardarmi storto, come fosse offeso dalla questione, non riuscii a trattenermi dal levare gli occhi al cielo e rispondergli: «Perché non lo festeggio più da un pezzo.»

«Dio mio, che tristezza!» si lasciò sfuggire Alice, in fondo alla fila, e mi voltai per lanciarle un'occhiataccia.

Era indubbiamente triste e non potevo negarlo, ma non avevo mai avuto grandi occasioni per festeggiare il mio compleanno: inutile organizzare grandi feste a cui nessuno si sarebbe presentato, dato che non avevo amici. Negli ultimi anni, comunque, i miei compleanni avevano subito un'impennata: trascorrevo il giorno con Alessia, passando il pomeriggio a fare shopping – o meglio, a guardarla fare shopping – e la sera a mangiare una pizza davanti alla televisione. Niente di entusiasmante, ma in confronto agli anni precedenti, passati a casa con i miei genitori, erano stati una boccata d'aria fresca. 

Lanciai un'occhiata di sottecchi ad Alessia, che stava accarezzando il collo baio di Falco: adesso che avevamo interrotto i rapporti, non avrei avuto neanche lei.

«Fai sedici anni, giusto?»

L'esile voce di Sofia mi riscosse. Mi voltai verso di lei, che veniva subito dietro di me, in sella a Diablo, e annuii.

Monica, dietro Sofia, doveva averci sentito, perché si sporse verso di noi e sogghignò.

«Lo sai che hai l'età legale per andare in discoteca, adesso?»

La fissai come se mi avesse appena invitata a fare una rapina a mano armata.

«In discoteca?» ripetei, accigliandomi.

Di fronte al mio tono sconcertato, le due ragazze si scambiarono uno sguardo d'intesa.

«Stasera ci divertiamo!»


Non lo avevo detto a nessuno.

Volevo urlarlo a gran voce perché tutti sapessero, ma era una notizia che per le ragazze non avrebbe significato nulla, per cui, a malincuore, la tenni per me.

Non vedevo Cole da tre anni, da quando avevo lasciato Boston per tornare a casa e, quando il ragazzo mi aveva scritto che quel fine settimana sarebbe venuto in Italia per degli studi archeologici condotti dalla sua università, ero al settimo cielo.

Ma conoscevo Cole troppo bene per bermela: sapevo che la ricerca, così come il desiderio di migliorare la lingua – impeccabile, peraltro, date le sue origini italiane – erano solo dei pretesti per spassarsela un po'.

My dream come trueWhere stories live. Discover now