Capitolo 12

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Killer mi fissava negli occhi, completamente libero, il collo alto e fiero e gli zoccoli che raspavano la sabbia del tondino. Sembrava quasi che mi stesse prendendo in giro.

Ricambiai per un attimo il suo sguardo baldanzoso e poi schioccai la lingua, sfiorandolo appena sulla coscia con l'estremità della frusta perché partisse.

L'enorme baio obbedì, anche se controvoglia: iniziò a trottare seguendo la curva del campo, abbassando pian piano la testa, ed io rimasi immobile, sperando che quello scansafatiche continuasse a trottare anche quando scompariva dietro di me, dove non potevo vederlo. 

Michele mi aveva spiegato che, se volevo guadagnarmi il suo rispetto, doveva essere lui a girarmi intorno e non viceversa.

Quando Killer riapparve nella mia visuale, alla stessa velocità e con il collo ugualmente abbassato, tirai un sospiro di sollievo. In quel momento, udii la voce di Michele.

«Sarah!»

Il baio frenò di scatto, affondando gli zoccoli nella sabbia in uno stop degno di un cavallo da reining, e drizzò vistosamente le orecchie in direzione del mio istruttore.

«Che succede?» chiesi perplessa, voltandomi a mia volta verso di lui.

Veniva dalle scuderie trafelato e si appoggiò allo steccato del tondino per riprendere fiato.

«Vi voglio tutte al Club House, metti pure dentro Killer. Guarda laggiù, sta arrivando!»

Nella mia testa si accese improvvisamente una lampadina: era da giorni che Michele non faceva che ripetere di avere ben due sorprese in serbo per noi, ed ero quasi del tutto sicura che una di esse fosse l'arrivo di un nuovo cavallo. Adesso era tutto chiaro!

Mi girai nella direzione da lui indicata, aspettandomi di vedere un trailer all'orizzonte, e il mio iniziale entusiasmo si spense così com'era arrivato: una vettura sulla strada diretta al maneggio c'era davvero, per la precisione un coupé blu metallizzato senza un solo granello di polvere sull'intera carrozzeria, ma non c'era traccia di van e dubitavo che l'auto avesse un cavallo nascosto da qualche parte.

La macchina arrivò nel vialetto sollevando un polverone e, sotto gli occhi strabuzzati di Killer e quelli confusi della sottoscritta, ne uscì un uomo dall'aria formale, in tenuta da ufficio.

Notai che Michele continuava imperterrito a sorridere e, con crescente apprensione, osservai l'uomo aprire il portabagagli. Ciò che tirò da lì fuori ebbe per me lo stesso effetto di un calcio nello stomaco e d'un tratto mi fu tutto terribilmente chiaro.

Una sedia a rotelle.

Una sedia a rotelle d'acciaio, talmente accecante sotto la luce del sole che fui costretta a distogliere lo sguardo.

Altro che cavallo nuovo!

Non potei fare altro che incenerire Michele con lo sguardo, cancellandogli quello stupido sorrisetto dalla faccia, e imprecare a denti stretti per quella visita a dir poco indesiderata con cui adesso avrei dovuto fare i conti.

Per non guardare colei che in quell'esatto momento stava scendendo di macchina con l'aiuto del guidatore, mi concentrai su Killer, aggrappandomi al suo sguardo saldo come se fosse la mia unica ancora di salvezza. E adesso che faccio?, pensai, fissandolo in preda allo sconforto e, specchiandomi nei suoi grandi occhi bruni, per un attimo mi convinsi di aver stabilito un momentaneo legame con lui, come avevo visto accadere dozzine di volte nei film.

Per tutta risposta, lui mi schiacciò un piede.

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«Bennyy!» strillò Deborah, incapace di trattenersi dallo stringerla in un abbraccio a dir poco soffocante. 

My dream come trueOn viuen les histories. Descobreix ara