Capitolo 15

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«VOI LO SAPEVATE?!» esclamai incredula la mattina dopo, rivolta ai miei genitori, bloccandomi dal tagliare a metà un'arancia.

Mio padre, seduto a tavola, alzò gli occhi dal giornale. Stava ridendo sotto i baffi.

«Non gliel'hai detto?» mormorò divertito, rivolto a mia madre.

Alzai gli occhi al cielo, voltandomi di nuovo verso il banco da cucina, mentre trafficavo con lo spremiagrumi. Non potevo credere che ne fossero al corrente persino i miei genitori!

«È stata un'idea di Michele» spiegò mia madre, che stava apparecchiando per la colazione. «Cercava un modo per punire con criterio le ragazze, ma allo stesso tempo farsi perdonare da te. Così, quando ha saputo che questa signora... non abita molto lontano da qui vero?» 

Si interruppe e, dopo che mio padre ebbe annuito, riprese il discorso. «...insomma, che questa signora aveva una cavallina appena domata, ma a cui non aveva molto tempo da dedicare, ha avuto un'illuminazione. L'ha fatta portare qui e si sono accordati per pagarti la fida. Non prima di averne parlato con noi, ovviamente, che però non avevamo nulla in contrario.»

«Questo è un complotto» sbuffai, fingendomi offesa. 

In realtà ero al settimo cielo e, quando poggiai sulla tovaglia la spremuta, ero così emozionata che per poco non rovesciai i bicchieri. Non vedevo l'ora di andare in maneggio per conoscere meglio... Tramontana, così Michele aveva detto che si chiamava la nuova arrivata. Dopo il suo arrivo in scuderia, il giorno prima, l'avevamo subito liberata in paddock perché si ambientasse un po'. Quel giorno, invece, il mio istruttore mi aveva promesso che l'avrei potuta montare.

«È carina, questa cavallina?» si informò mio padre.

«È bellissima» mormorai, con gli occhi che mi brillavano. 

Al maneggio avevo passato tutto il pomeriggio poggiata contro la staccionata, ad osservarla correre, continuando a pensare che, per essere così piccola e tozza, possedesse un'eleganza straordinaria. Anche la sera, una volta tornata a casa, non avevo fatto che ripensarci tutto il tempo, anche se non avevo detto niente ai miei, perché volevo fare loro una sorpresa. 

Peccato che sapessero già tutto.

«Un po' piccola» commentò mia madre, di rimando, mettendosi a sedere. «Ma non me ne intendo. Forse perché è così giovane.»

Io non riuscivo neanche a stare ferma, tanta era la mia eccitazione. A sedermi, non ci pensavo neanche. Così, mentre i miei iniziavano a mangiare, afferrai al volo una fetta di pane tostato con marmellata che mio padre aveva appena finito di preparare.

«Ehi!» protestò lui, ma io mi ero già lanciata verso la porta.

«Io vado!» gridai, correndo via. 

Mia madre stava giusto brontolando qualcosa circa il fatto che non facessi mai colazione con loro, ma l'attimo ero già lontana e non potei più sentirla.

****

Legata a due venti nelle poste, Tramontana mi rivolse uno sguardo incuriosito.

«Ciao bella» mormorai, accarezzandole piano il muso. Era piccolo e nero, eccezion fatta per quella piccola goccia bianca, con due grandi occhi, svegli e vivaci, che non facevano altro che spostarsi di qua e di là tutto il tempo, catturati da ogni impercettibile movimento.

«Piuttosto vispa, eh?» commentò Michele, divertito, di fianco a me. 

Come promesso, quella mattina il mio istruttore aveva spedito le altre ragazze in passeggiata insieme ad Azzurra per permettermi di provare a montare Tramontana, sotto la sua attenta supervisione. Quanto a Killer, su suo consiglio, mi ci sarei dedicata quel pomeriggio, dopo pranzo.

My dream come trueWhere stories live. Discover now