Capitolo 24

311 16 2
                                    

Killer era di fronte a me, senza finimenti, le orecchie rivolte nella mia direzione.

«Vieni, bello!» esclamai, scattando in avanti e voltandomi verso di lui per accertarmi che mi stesse seguendo.

Lui avanzava, i grandi occhi scuri fissi su di me e gli zoccoli che si muovevano sempre più veloci insieme alle mie gambe, come se temesse di essere lasciato indietro.

«Andiamo!»

Ben presto mi ritrovai a correre e lui a galoppare, prima dietro, poi di fianco a me, e risi forte, facendo una brusca deviazione per coglierlo di sorpresa. Killer si immobilizzò e si voltò con una piroetta verso di me, che nel frattempo avevo già ripreso a correre. Si era sollevato sui posteriori e aveva inarcato la schiena come se si stesse impennando, ma poi era ricaduto elegantemente sugli anteriori e aveva mosso il collo verso di me, ripartendo al galoppo come se nulla fosse.

Ero così persa a guardarlo, abbagliata dalla sua potenza, che quasi non mi accorsi che l'enorme baio mi aveva raggiunta e si era fermato di fronte a me, le froge allargate ed il fiato corto.

Lo accarezzai sul collo, sulla spalla e sul torace, sfiorando con le dita il mantello lucido e vellutato. Di colpo un'idea mi sfiorò la mente. Un'idea folle, ma così attraente che non riuscii a resisterle e non potei fare altro che metterla in atto. Afferrai con la mano i crini radi vicino al garrese, abbassai le ginocchia per prendere la spinta e mi issai su. Era stata una bazzecola, realizzai, quando di colpo mi ritrovai sulla sua groppa. Eppure mi ricordavo di avere avuto così tante difficoltà la prima volta, tanto che Michele aveva dovuto aiutarmi...

Il garrese non troppo pronunciato, il tronco muscoloso ed i fianchi allargati rendevano Killer una vera comodità a pelo. Con un certo stupore, realizzai che mi pareva di trovarmi in poltrona e dovetti fare appello a tutta la mia forza di volontà per non spaparanzarmi sulla sua schiena ma assumere un assetto vagamente decente.

Con i talloni bassi ed il coccige leggermente sollevato per non fargli male alla schiena, lo esortai ad avanzare con uno schiocco di lingua. E Killer partì senza farselo ripetere due volte. Montarlo a pelo era semplicemente meraviglioso, ma dopo quell'assaggio volevo di più, molto di più. Così lo spronai ancora e il baio partì al trotto e poi al galoppo senza che ci fosse bisogno di chiederglielo. Mi aggrappai forte alla sua criniera, il vento che mi soffiava tra i capelli, un senso di libertà profonda e primitiva che mi fecero istintivamente chiudere gli occhi, sollevare le mani al cielo e gridare con quanto fiato avevo in corpo, mentre Killer continuava a galoppare, falcata dopo falcata.

Quando aprii gli occhi, mi accorsi che al margine del mio campo visivo c'era una sagoma in movimento. Si trovava oltre il bordo del campo, nello stesso punto in cui Benedetta aveva assistito alla nostra prima lezione, realizzai in un soffio. Sapevo che non avrei dovuto distogliere lo sguardo, che non mi sarei dovuta distrarre da ciò che stavo facendo, ma fu più forte di me. Mi voltai di scatto in quella direzione, temendo di trovarvi la ragazza.

Ma stavolta non c'era Benedetta. C'era Tramontana, che ci veniva dietro al piccolo trotto, gli occhi fissi su di noi, come se cercasse di non perderci di vista.

Che ci faceva lì? Che fosse fuggita? Rimasi paralizzata a fissare la cavallina, la testa voltata in quella direzione, ma un'improvvisa girata di Killer mi riportò alla realtà, così bruscamente da farmi perdere l'equilibrio.

Caddi da un lato e di colpo mi ritrovai aggrappata al fianco del baio con le unghie e con i denti, il corpo che scivolava sempre più in basso ad ogni falcata.

«Killer, fermati!» urlai, il panico che mi faceva tremare la voce, ma lui pareva sordo ad ogni comando. 

Ricordai che era sempre stato così: farlo partire era semplice, ma fermarlo era tutto un altro paio di maniche...

My dream come trueWhere stories live. Discover now