Capitolo 11

1.4K 46 42
                                    

«Ok... fa' piano. Non muoverti troppo bruscamente, rendilo sempre partecipe di tutto quello che fai» mormorò lentamente Michele, mentre legava Killer a due venti nel box doccia.

Aprii l'acqua sotto gli occhi attenti del baio e quindi puntai il tubo sulle sue zampe, pronta ad ogni eventuale reazione.

Di fronte a un suo sbuffo, seguito da niente più che un lieve tentennamento, mi lasciai sfuggire un sospiro di sollievo e solo in quel momento mi accorsi di quanto fossi stata in tensione. Sorrisi soddisfatta, accarezzandogli con affetto il collo possente senza che lui battesse ciglio.

«Hai visto?» fece Michele, sorridendo. 

Mentre lui lo teneva tranquillo, io iniziai a sciacquargli per bene le zampe, ma finii per fare una doccia completa sia a lui, che a me. Notando che neanche il mio istruttore era riuscito a sfuggire al getto della canna dell'acqua, scoppiai a ridere fragorosamente. 

Killer si agitò per quel suono improvviso e, nella fretta di tranquillizzarlo, lasciai cadere a terra il tubo tra gli schizzi. Inutile aggiungere che nessuno uscì indenne da quella pioggia indesiderata.

Lasciammo la doccia fradici ma felici e, prima di rimetterlo in box, decisi di far pascolare Killer alla longhina, in attesa che si asciugasse almeno un po'. 

Mi sedetti sulla chiazza d'erba di fronte al Club House e lasciai che il baio brucasse sotto i tiepidi raggi estivi. Così spaparanzata, rivolsi uno sguardo al cielo, socchiudendo gli occhi di fronte alla sgradevole sensazione del sole sul viso.

Honey se n'era andata già da quasi una settimana. Ne sentivo la mancanza ogni singolo giorno, ma avevo capito che non c'era motivo di piangersi addosso: stavolta ero forte, rinvigorita, sicura di essere sulla strada giusta. Oltretutto i video e le foto di Honey che la sua proprietaria spediva regolarmente a Michele mi aiutavano a sentirmi un po' meno sola. 

Come nel periodo prima dell'arrivo della palomina, avevo ripreso a girovagare un po' tra i cavalli del maneggio: un giorno uno, un giorno un altro. Non avevo la forza di affezionarmici granché, nonostante poi li conoscessi da tempo e non avessimo mai brillato in complicità. Dopo la partenza improvvisa di Honey, mi ero resa conto che affezionarmici era un rischio e avevo preferito buttarmi a capofitto nel lavoro con Killer, che tra l'altro non stava andando poi così male. 

Quella mattina avevamo lavorato nel campo ostacoli, sotto la guida di Michele: lo avevo liberato dalla longia e lo avevo osservato correre all'impazzata da un lato all'altro del campo, in un improvviso attimo di frenesia. Quando aveva finalmente deciso di calmarsi, il mio istruttore mi aveva detto di avvicinarmi: come mi aveva visto venire nella sua direzione si era subito allontanato al galoppo, ma pian piano ero riuscita a riavvicinarlo con il fischio che aveva imparato ad associare allo stop durante il lavoro alla corda, una delle poche cose che ero riuscita a insegnargli. 

In realtà non avevo capito fino in fondo il ragionamento di Michele, il perché dovessi inseguire il mio cavallo sotto il sole, mentre lui mi prendeva bonariamente in giro dicendomi di aumentare il passo. Dopo, però, l'istruttore mi aveva spiegato come la pensava: da quando era arrivato, si era reso conto che a Killer non piaceva essere controllato, cosa che aveva dovuto subire da sempre, nel mondo dal quale proveniva. Se con lui dovevamo ripartire da zero, allora voleva lavorare nel modo opposto in cui era sempre stato addestrato, cioè senza alcuna costrizione. 

Era un ragionamento contorto e non eravamo affatto sicuri che avrebbe funzionato, ma ormai ci eravamo abituati all'idea che con Killer niente andasse dato per scontato.

Dopo qualche altro piacevole minuto, in cui entrambi ci asciugammo un po' sotto i raggi del sole, che si facevano più intensi man mano che ci avvicinavamo al mezzogiorno, riportai Killer nel suo box. Speravo di poterlo portare in paddock, nel pomeriggio, visto l'effetto calmante che aveva su di lui. 

My dream come trueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora