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Passarono diverse settimane da quel sabato, il dolore era passato e con esso anche il più insignificante ricordo che portavo con me.

Uscivo di casa più serena, senza quel batticuore che i primi giorni mi rendevano nervosa, le docce che facevo non avevano più il sapore della paura di aprire la tenda e trovarmi quell'uomo di fronte, quando il telefono squillava non facevo più le corse per rispondere, sperando chissà, in qualcuno dall'altra parte che mi avrebbe detto "Abbiamo trovato il colpevole", era tutto svanito o quasi, certo, il ricordo non passerà mai, ma pensavo che se in qualche modo riuscivo a nascondere tutto ciò che mi era capitato in un piccolo cassetto della mia memoria, magari presto o tardi me ne sarei dimenticata quasi del tutto.

Quella mattina decisi di uscire, da sola, volevo consegnare alcuni curriculum e prendermi una cioccolata calda nel mio bar preferito.

Ci andavo spesso, circa tre o quattro volte alla settimana, mi sedevo nel mio tavolino all'angolo e scrutavo le persone che entravano, passavo ore a guardare gente prendere caffè al volo prima di correre a lavorare, amiche di tè che spettegolavano, madri che portavo i figli a scegliere la loro torta di compleanno e uomini d'affari presi dai loro cellulari, con in mano qualche giornale di politica. Era interessante guardare le vite frenetiche degli altri mentre io passavo la mia senza uno scopo apparente.

Il freddo si faceva sentire, l'inverno era alle porte ormai e non bastavano più jeans lunghi e magliette di cotone. Mi incamminai verso l'entrata, appoggiai la mano alla porta e feci per spingerla in avanti ed entrai velocemente. Il locale era cambiato, ricordavo l'ultima volta che ci avevo messo piede diversi mesi prima e Luke, il proprietario, che ormai mi vedeva come la sua cliente abituale mi disse che da lì a breve avrebbe cambiato un po' le cose, qualche piccola modifica al suo locale ormai in decadenza, ma decisamente accogliente.

-Voglio rinnovare tutto questo vecchiume, ormai sono vent'anni che ho quei colori alle pareti e iniziano a stancarmi. - Così mi aveva risposto quando gli avevo chiesto come andavano gli affari un po'di tempo prima. Era un uomo benestante, era risaputo. Aveva diversi locali sparsi per la zona, ristoranti, bar ed una bellissima biblioteca in centro, anch'essa chiusa per lavori. Non gli mancava proprio nulla, eppure passata le sue lunghe giornate in quel bar, quando avrebbe potuto benissimo assumere qualcuno che se ne occupasse, ma a lui piaceva stare lì, gli piaceva il contatto con le persone, poter evadere dalla sua vita frenetica e passare ore in quel posto e dimenticare tutto per un po', concentrandosi sul lavoro e sui clienti che tanto adorava.

Puntai il mio solito tavolo, quello non era cambiato, c'era sempre quella vecchia carta da parati floreale ed alcune candele bianche sul tavolo, che davano al locale quell'aria vintage che io amavo alla follia. Ero personalmente innamorata di quel posto, di quell'angolo e mi era mancato potermici sedere in stata pace, senza essere disturbata, se non da Luke per qualche chiacchiera di tanto in tanto.

C'era un giornale sopra al tavolo, ricordo di avergli dato uno sguardo veloce e poi di averlo appoggiato nel ripiano delle riviste dietro di me. Non so cosa speravo di trovare, un articolo su di me probabilmente, ma era chiaramente impossibile, visto che non avevo detto niente a nessuno. Un articolo su di lui? Ancora più improbabile, visto che nemmeno io avevo idea di chi fosse e nessun altro oltre a me e a lui sapevamo che cosa era accaduto, forse quell'uomo ne sapeva anche più di me. Dovevo smetterla di farmi paranoie, dovevo smetterla di pensarci e concentrarmi per andare avanti, serenamente.

Aveva iniziato a piovere dopo qualche minuto e Luke ancora non mi aveva notata, così mi alzai e mi avvicinai al bancone.

-Cosa deve fare una bella ragazza per essere servita? - Chiesi scherzosamente a Luke, girato di schiena.

Prigioniera di una Bugia || #Wattys2016Where stories live. Discover now