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Avevo il viso pieno di lividi, del sangue che usciva dalle labbra e le mani legate strette dietro la schiena.
Ero prigioniera dei miei stessi aguzzini, la mia "famiglia". Quella famiglia che mi aveva cresciuta, quella donna, che ora sedeva davanti a me, impassibile mentre impugnava una pistola messa alla mano destra, abbassata sulle gambe, che ho creduto per ventisette anni fosse mia madre, sangue del mio sangue, invece non è niente, non è mai stata niente per me.
Mi ha cresciuta con disprezzo ed ora avevo chiare tutte le volte che era riuscita nel suo intento di rendermi la vita un inferno. L'ultima volta con Alex, tentando di corromperlo e convincerlo a lasciarmi una volta innamorata di lui, ma non ha ceduto, anche se non lo perdonerò mai per quello che ha fatto. Come potrei più fidarmi di una persona che ha finto interesse per me dall'inizio, quando proprio dal principio era d'accordo con Allison per farmela sotto il naso.
Persino le lacrime che scendevano in quel momento mi sembravano delle bugie, fra la stanchezza dei miei occhi e il dolore che sentivo.
Lacrime che colavano a filo e si facevano strada fra i solchi della mia pelle.
Ripensai anche a mio Padre in quei minuti, minuti interminabili, fra la vita e la morte.
" Aveva avuto una relazione? " " Aveva tradito Allison e avuto una figlia con un altra?"... Aveva fatto bene, pensai in quegli attimi.
Mia madre, la mia vera madre probabilmente sarebbe stata cento volte meglio di lei.
Ricordavo... Le avevo appena tolto la vita, non sapendo che cercava soltanto di proteggermi e aiutarmi, mentre io mi rifugiavo dietro le facce di persone che davvero mi volevano morta.
Ero sotto shock, quasi non ragionavo con lucidità, si, può sembrare strano detto da me in questo momento, ma avrei voluto mi uccidesse, ponesse fine alla mia vita, una vita che chiaramente non mi apparteneva.
Lei era una donna astuta, non si sarebbe mai macchiata di un crimine, era abituata a girare intorno ai pericoli e progettarli da lontano in modo da uscirne sempre pulita in qualche modo.
Anche ora, in quel momento, mentre mi fissava stava pensando a quale fosse il destino che lei mi voleva riservarmi
Ricordo perfettamente che mio Zio le diede un bacio, vidi il rapporto malato che avevano e la complicità che li univa. Erano schifosamente odiosi in quel momento.
Non riuscivo nemmeno a pensare a niente, il mio cervello era leggero capisci? Leggero.
Come se tutto non avesse senso, come se dentro di me stessi impazzendo piano piano, e non riuscivo a reagire a quella che era la verità.
Probabilmente il quel momento stavo per svenire, o vomitare, mentre il mio stomaco si dilaniava.
Forse ero in un sogno, cullata da pazzia e dolore, forse era tutto vero e stavo per affrontare la morte o forse, o forse non lo so.
Allison si alzò in piedi di scatto, posò la pistola accanto a lei, dietro un mobile in legno poi si avvicinò e accarezzandomi il viso disse:
- Cara piccola Maya. Non pensavi potessi arrivare a questo vero?-
Non risposi, ero imbavagliata, ma fissai il suo sguardo e avevo paura.
- Sai, ho pensato tanto a questo momento e credimi, me lo immaginavo diverso. Insomma... Tu che uccidi quella donna, tu che hai ucciso tuo padre e che probabilmente avresti ucciso anche noi se non ti avessimo consegnato alla polizia, giusto?-
Non voleva uccidermi, voleva incastrarmi e farmi passare per una pazza assassina.
L'avevo detto che quella donna era piuttosto astuta.
- Nic, che dici? Ce ne possiamo andare no?. Hai ancora quei passaporti? -
- Certo sorellina mia. Lasciamo questa stronza qui, chiamiamo la polizia e ce ne andiamo! - disse Nic indaffarato a mettere alcune cose frettolosamente dentro una borsa da viaggio.
- Potrebbe dire tutto, non è stupida! - Esclamò Allison.
- No... Non dirà nulla, o meglio, dirà tante cose, ma chi le crederà? - rispose lui fiero del suo lavoro ingegnoso.
- Liberala! - Gridò Allison, prese la pistola e dopo che Nic mi slegò dalla morsa delle corde io caddi a terra, stremata, senza fiato, senza voglia di reagire o gridare.
- Puliscila e mettila nelle sue mani. Potrà dire tutte le cose che vorrà, ma le sue impronte negheranno tutto - Ordinò Nic.
Osservavo quella donna mentre con un panno pulito strofinava la pistola, la posava sulle mie mani e mi costrinse a stringerla forte.
Ormai erano le mie impronta a dire la " Verità " su quell'arma, su quel corpo che non era stato rimosso da lì. Loro sarebbero fuggiti e quando la polizia li avrebbe chiamati avevano pronta una scusa ben costruita ed io sarei finita in carcere per anni e anni. Ecco quello che mi aspettava, molto peggio della morte.
Dentro di me gridavo, mi dimenavo, ma all'esterno ero vulnerabile, fragile come un pezzetto di vetro caduto a terra.
- Non mi hai lasciato scelta Maya. Ti sei messa in mezzo ed ora ne paghi le conseguenze. Alex probabilmente ora sarà fuggito e le tue amiche nemmeno ti cercheranno. Sei sola, come è giusto che sia. Tuo padre mi ha tradita e ti ha avuto con una puttana, come potevo non fare niente, me lo dici? - Mi accarezzava i capelli e mi parlava dolcemente, mentre elargiva le sue ultime parole prima di scappare via.
Riuscì a parlare a dirle un ultima cosa...
- Io non me ne starò in silenzio, sappilo. Uscirò da questa cosa e tu non potrai impedirmelo. Sei una donna spietata, senza un briciolo di compassione verso di me! Ma come hai potuto farmi tutto questo? - Le chiesi disperata.
- Tuo padre mi ha portata a questo, quella donna li a terra mi ha portata a fare tutto questo. Io volevo soltanto vivere una storia d'amore serena e il tuo caro paparino mi ha distrutta. Credo sia il minimo reagire così - Parlava con occhi strani, quasi posseduti, non sembrava lei, o meglio non era la donna che credevo. Mi aveva cresciuta per anni dopotutto e ti chiedi come mai una persona arrivi ad un punto simile di non ritorno. Non potevo credere a quello che stava accadendo, io stessa ne ero sconvolta.
Volevo Alex li con me, anche se lo odiavo a morte, volevo qualcuno di caro per aiutarmi, invece ero davvero sola, sola contro me stessa.
Avevo davanti a me anche l'uomo che mi aveva violentata, quello zio misterioso e faticosamente amabile. Mi aveva stuprata e volevo gridarlo al mondo cazzo.
Sarebbero rimasti impuniti ed io condannata a chissà quale pena. Non poteva finire così...




Presente.

- Fini così? -

- Se ne andarono e mi lasciarono lì, presero anche la macchina di Alex ed uscirono dalla mia vita e da quella casa per sempre. Ero distrutta e impaurita, davanti a me il corpo di Diana ormai imbrattato di sangue, con gli occhi rivolti al cielo, fissi e immobili-

- Quando la polizia ti trovò eri al piano di sopra, imbottita di farmaci e prossima alla morte. Eri in uno stato pietoso, ma di Diana non c'era traccia, la casa era pulita. Avevano ricevuto una chiamata anonima in cui dicevano loro che una donna voleva uccidersi. Quando entrarono a casa tua, trovarono solo la pistola con le tue impronta, ma niente corpo, niente omicidio. Tu sei qui perché hai bisogno di cure Maya. Niente di più.
- Saranno tornati! Saranno tornati a prenderlo. Non lo so, io ti ho detto tutta la verità. Devi credermi! Sono anni che sono chiusa qui dentro e sto impazzendo. Devi fare qualcosa, ti prego -
- Io ti sto già aiutando, ma tu non migliori le cose Maya. Capisci che tutto quello che mi hai raccontato è frutto della tua fantasia? -
Maya era distesa su un letto, un letto bianco, davanti a lei C'era Alma, una psicologa del centro Psichiatrico del Virginia Ospital.
La donna si alzò lentamente, mentre Maya continuava a dimenarsi, ad urlare.
- Mi hanno incastrata! Lo capisci? Non sono pazza. Ho fatto incubi che persino nelle notti più buie sembravano realtà, incubi che si ammucchiavano uno dopo l'altro, notte dopo notte trascinandomi nell'agonia più totale. Avevo paura di riaprire gli occhi, svegliarmi e trovarmi accanto alla paura "
- Lo so, tranquilla... -
La psicologa era lì da ore ormai e dopo aver ascoltato tutta la storia di Maya capì che era impossibile aiutarla. Era impossibile farle tornare la ragione. Capì che dovevano aumentare la dose di medicinali che già le in abbondanza le prescrivevano, dopo il suo secondo tentato suicidio qualche settimana prima.
- Ora prova a riposare, abbiamo parlato tanto oggi, più tardi vengo a trovarti -
- Fammi uscire di qui o mi uccido- Disse Maya mentre si girava dall'altro lato e le lacrime le uscivano dal viso, i capelli sporchi e quel corpo ormai scheletrico la rendeva un'anima sola e bisognosa di cure.
Alma prese la cartellina ai bordi del letto, il suo ricevitore aveva suonato in quell'istante, strinse quel pezzo di plastica sotto braccio, si avvicinò a Maya premendo un tasto vicino alle manopole di dosaggio dei tranquillanti e gliene mandò un altro girò in vena per farla calmare poi aprì la porta della stanza ed uscì chiudendola senza far rumore.

- È arrivata - Disse un infermiera che aveva raggiungo la psicologa in fondo al corridoio, fecero la strada insieme, mentre si lasciavano alle spalle le grida dei malati, le loro urla disperate, lasciati in balia di loro stessi, nelle loro stanze bianche.
Le luci del corridoio si spensero non appena le due donne varcarono l'uscita del reparto psichiatrico.
Alma si avvicinò ad una donna girata di schiena, non troppo alta e ben vestita, con i capelli raccolti e una collana di perle stretta al collo.
- La signora... Allison Adams ? - Chiese, mentre la donna si girò lentamente, portando un viso serio guardando la psicologa porgergli la mano.

- Si, sono io. Come sta mia figlia? -

Prigioniera di una Bugia || #Wattys2016Where stories live. Discover now