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Mi svegliai di colpo, come da un incubo.

Le coperte erano a terra, gli scuri della finestra appena socchiusi, non la smettevano di aprirsi in continuazione per il vento e la luce dei lampioni entrava ad intermittenza nella stanza creando un macabro profilo ai miei mobili. Ricordo di aver aperto e richiuso gli occhi più volte per essere sicura di trovarmi lì in quel momento. Avevo la fronte sudata e il cuore batteva all'unisono con i forti pensieri nella mia testa.

Fissai la sveglia per un istante, che puntava sulle quattro e trenta. Mi aspettava un'altra notte in bianco probabilmente.

Ogni volta che provavo a richiudere gli occhi ripercorrevo i passi di quella sera, rivedevo gli alberi avvolti dalla nebbia, le luci offuscate dal buio e ricordavo distintamente dei passi che mi raggiungevano lentamente, successivamente con un mio grido che scompariva nel gelo. Mi fermavo sempre a quei piccoli dettagli, nonostante io provassi con forza a spingermi oltre, arrivavo sempre e solo a quello. Era come un incubo, da cui spesso mi risvegliavo e da cui tornavo quando faceva buio, come una terribile e fastidiosa routine che non riuscivo più a fermare o a cambiare.

Il telefono squillò all'improvviso e un fascio di luce spuntò verso l'alto. Mi sporsi verso il comodino, mentre mi abbassai la canotta. Sentivo il freddo colpirmi in quell'istante con un brivido lungo la schiena. La stanza era avvolta nel più tetro dei silenzi, mentre fuori impazzava una tempesta.

C'era un messaggio di testo che compariva sulla schermata del telefono, proveniva da un numero sconosciuto, un numero che non avevo mai visto prima... "Che facciamo? Lo apriamo?" Pensai fra me e me mentre staccavo la spina della carica batterie e riprendevo in mano il cellulare ormai più che carico.

"Sei graziosa. Spero proprio di Rivederti " ecco quello che avevo appena letto, più e più volte, per capire se era stata la mia immaginazione o se stavo davvero leggendo quelle parole alle quattro di notte.

Il cuore mi balzò in gola e scattai in piedi sul momento, come se qualcuno mi tirasse su con tutta la forza.

"Chi era? Cosa voleva? Ha solamente sbagliato numero?" Erano solo alcune delle domande che mi balenavano nel cervello in quel momento, mentre cercavo di riprendere con una mano, le coperte ancora buttate a terra e provavo a coprirmi, sperando di restare, una volta sotto quelle ruvide lenzuola, più al sicuro possibile da ogni incubo che stavo affrontando.

"Era l'uomo che mi aveva violentata? Tornato da me per spiarmi" " Oppure l'uomo che avevo visto poco tempo prima in quel bar?".

L'ansia mi stava uccidendo. Dovevo rispondere, volevo farlo, ormai non trovavo più paura in niente e nessuno.

Scesi giù in cucina, stavo per cadere dall'ultimo scalino e balzai in un colpo in salotto. Avevo bisogno di un bel caffè forte e poi avrei risposto con calma.

"Chi poteva scrivermi ad un'ora così strana? Le persone normali dormono alle quattro di notte no?" Be' io ero sveglia dopotutto e probabilmente se quel messaggio non fosse mai arrivato sarei comunque rimasta in piedi senza dormire.

Continuai a pensare a quel messaggio e per un attimo decisi di non fare niente, di non rispondere e lasciar perdere, ma la curiosità vinse su tutto. Poteva essere l'uomo di quel fottuto sabato sera, poteva essere lui e a quel punto avrei davvero fatto qualcosa per fermarlo.

Presi una tazzina pulita e versai un po' di caffè, mi misi a sedere sul tavolo senza fare il minimo rumore, i miei dormivano ancora.

"Chi diavolo sei?" scrissi alla velocità della luce mentre le dita mi tremavano e le prime luci dell'alba penetravano attraverso le persiane del salone, illuminando poco a poco l'interno della stanza.

Passavano i minuti, le ore e ancora niente...

La giornata per me era iniziata già da un po', mentre mamma e papà scendevano giù in cucina ancora assonnati. Mia madre mi aveva subito chiesto cosa ci facessi in piedi a quell'ora, mentre mio padre mi salutò con un bacio sulla fronte.

Ricordo di averli salutati alla svelta e di essere salita in camera senza dire altro, presi la borsa nascosta sotto al letto, misi dentro alcuni cambi per qualche giorno ed uscì di casa dal retro senza salutare nessuno.

La fretta è una brutta consigliera mi dicevano spesso, ma a volte è l'unica soluzione per scoprire le cose più in fretta.

Presi la macchina ed uscii dal vialetto mentre mi lasciavo alle spalle la desolazione di quella strada, ancora avvolta nella prima nebbia di quella fredda giornata d'inverno.


Prigioniera di una Bugia || #Wattys2016Where stories live. Discover now