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Stavo tornando a casa, disperata.

Non era stata una buona idea rubare la sua auto, ma scappare era la mia unica priorità. Le emozioni si stavano concentrando dentro di me, bloccata in quella prigione di continue bugie.

Ero convinta, giuro, ero convinta che fosse un uomo buono, ero convinta volesse proteggermi, invece...era lui, il mio stesso stupratore. Chissà cosa avrebbe potuto fare in seguito se non l'avessi scoperto.

Continuavo a piangere, mentre la strada mi sembrava infinita, come un tunnel impressionante da cui non sarei  mai riuscita ad uscire.

Non mi importava di ciò che sarebbe successo a lui, non mi importava se a casa avrei trovato Nick insieme a mia Madre, continuamente in lotta con me, ero certa che mi avrebbero aiutata. Ero anche io "della famiglia " dopotutto.

Svoltai in fondo alla statale, passando per una piccola stradina di campagna concentrata in quattro case e alcuni edifici abbandonati, passai oltre il boschetto e girai a destra per imboccare la via di casa mia. Lasciai l'auto poco più indietro, scesi e portando con me la lettera che avevo sottratto ad Alex da casa sua, mi avvicinai alla mia porta.

La macchina di mia madre non c'era. "Dove diavolo è andata?" pensai in quell'istante, sperando di trovare almeno Nick.

Le luci del salotto erano spente, tranne quella della cucina. Entrai in casa chiamando qualcuno, sperando in una rapida risposta.

Le lacrime continuavano a scendere, inesorabilmente, mentre cercavo di riprendere il controllo di me stessa da quella maledetta situazione.

Diedi un'occhiata al cellulare, c'erano due messaggi di Amy: "Dove sei finita?" "Tutto bene?". L'avrei chiamata non appena fossi salita in camera.

- Nick?? Sei a casa? - Girai per casa chiamando il suo nome.

Lo trovai poco dopo in camera di mia madre, stava riposando.

Dormiva dalla parte di mio padre e un brivido improvviso mi scese lungo la schiena, ricordando la sera in cui lo trovai immerso nei calmanti sotto le coperte, con gli occhi sbarrati. Non riuscivo a spiegarmi il motivo di quel gesto, nemmeno una lettera, un messaggio, niente. Se ne è andato così, senza dire una parola a nessuno. Avevo bisogno di schiarirmi le idee, ma prima avevo bisogno di Nick. Non avrei mai pensato di poter dire in tutta la mia vita una frase del genere.

Lo svegliai malamente, strattonando la sua spalla sinistra più e più volte, gridando:

- Nick. Svegliati ti prego! -

Girò la testa ancora addormentato, si strofinò gli occhi e dopo avermi vista si alzò, poggiando i gomiti sul materasso e alzando la schiena per guardarmi meglio sotto la penombra.

- Che succede? - chiese - Mi hai spaventato! -

- Alzati, ti prego. Ti devo parlare! -

- Perché stai piangendo? -

Iniziai a spiegargli tutto, dal principio...

Da quella notte, in cui mi violentò, dai messaggi sconosciuti, dall'incontro al bar, dall'appuntamento, che casualmente mi aveva dato dopo avermi seguita fino al supermercato, la cena, meravigliosa che mi aveva fatto trovare in quella stazione abbandonata e tutta una serie di altre cose, fino a quella sera, quando a casa sua trovai alcune mie foto e lì capii tutto quanto.

- Gli hai rubato la macchina? - chiese lui divertito, senza probabilmente aver dato ascolto a tutta la storia.

- Si, cazzo. Devo chiamare la polizia. È stato lui capisci?

Prigioniera di una Bugia || #Wattys2016Waar verhalen tot leven komen. Ontdek het nu