Capitolo 7

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Il suo telefono squillo e quell'incrocio di sguardi si sciolse all'istante, proprio come si scioglie la neve sotto un raggio di sole improvviso.

"Scusami devo rispondere"

Mi disse strizzando gli occhi come pentito di essersi avvicinato a me in quel modo così confidenziale.

"No tranquillo rispondi"

Mi girai e mi appoggiai di nuovo al lavabo, ma stavolta stringevo il bordo con più forza e nervosismo, e lo strinsi così forte con il palmo della mano che il contatto con il freddo della ceramica bianca mi provocò quasi dolore alle ossa magre.
Solo in quell'istante mi accorsi che il battito aveva accelerato senza che me accorgessi e stava gradualmente tornando calmo.
Solo in quell'istante mi accorsi di essermi fatta travolgere troppo.

Era stato tutto così rapido che non mi ero resa conto di stare con le spalle fra le sue braccia, di essere cullata da lui, dal suo abbraccio inaspettato e non mi ero accorta di essermi incastrata nei suoi occhi, che seppur scuri li vidi belli.

Ero così rotta e combattuta dentro che quell'improvvisa pace, quell'improvviso senso di protezione mi aveva scioccata, mi aveva travolta insieme a quel nuovo e confortevole profumo.

Muschio! Ecco cos'era!

Cosa mi stava succedendo?
Cosa avevo provato in quell'istante?

Erano queste le domande che mi giravano vorticosamente nella testa mandandomi in subbuglio i pensieri e non riuscivo a rispondere.
Mi ero lasciata toccare e accarezzare da un tizio di cui conoscevo solo il nome e il cui aspetto e la cui presenza mi intimorivano pesantemente, ma mi incuriosivano anche nel modo più assurdo ed incomprensibile per me. Per me che non provavo più interesse per nulla, per me che ormai mi ero costruita una barriera intorno, un indistruttibile corazza di ferro.
Per me che avevo dimenticato il sapore di un'altra emozione che non fosse dolore e sfinimento morale.

Eppure mi pareva di conoscerlo, di avere già impresso i suoi tratti e ciò mi spaventava ulteriormente, perché mi ricordava colui che più detestavo, colui che mi aveva inflitto il peggiore dei mali esistenti sulla terra, ma in lui però ci vedevo come un senso di pace.

Io non lo conoscevo neppure, ma avevo la sensazione che lo avrei conosciuto meglio al più presto, e non so se quella sensazione mi piaceva o mi spaventava.

"Tesoro!? Amore? Ci sei?"

Ripeteva preoccupato al telefono e quella parole, non so perché, ma mi delusero, mi spiazzarono ed io mi sentii sciocca e stupida per essermi posta delle domande su un qualcosa che in realtà non era niente, su un qualcosa a cui io troppo precocemente stavo dando un'immeritata importanza.

"Paige ti ha abbracciata perché gli hai fatto pena"

Ripeteva una voce nella mia testa.

"Paige sei sciocca! Non hai mai avuto occhio per i ragazzi... ti sono sempre piaciuti gli stronzi.
Smettila e mettiti bene in testa che sarai più felice da sola "

Ripeteva il mio IO. Il mio IO più devastato, ferito e diffidente.
Il mio IO più pessimista e forse in parte aveva ragione.
Si mi erano sempre piaciuti gli stronzi, forse perché avrei voluto essere anche io stronza per una volta.
Almeno per un giorno avrei voluto provare la brezza del vento che scompigliava i capelli, almeno per una volta volevo essere ribelle, volevo trasgredire le regole e non dar sempre retta alla mia famiglia e quello stronzo, quel Lui di cui deficentemente mi innamorai era lo stronzo con la S più maiuscola che avessi mai visto in quei miei ingenui diciotto anni.
Bello, dannato, quello che sapeva come attirare l'attenzione su se stesso, e soprattutto sapeva come ottenere le cose, e se non le otteneva con le buone non si faceva di certo problemi ad ottenerle con le cattive.
Per una volta volevo smettere di starmene sempre sulle mie.
Per una volta volevo sentirmi onnipotente e ne pagai caramente il conto, più di quanto avessi mangiato.

Eh si! Con l'occhio che avevo io, avrei potuto guadagnare milioni di dollari se avessero inventato un mestiere che riguardasse la caccia agli stronzi patentati.

"PRONTO! DOVE SEI?"

Larry urlava e sembrava avesse un nodo in gola.
Sembrava volesse piangere. Era preoccupato.
Agganciò la chiamata e si strofinò con fare nervoso il viso, per poi far scivolare le dita fra il ciuffo scuro e arruffato.

"È tutto ok?"

"No! La mia ragazza mi ha chiamato ma non mi risponde... è... è strano!"

Doveva amarla molto visto il suo tono tremolante mentre parlava.
Era assurdo ma fu questa la prima cosa che pensai.

"Paige sei pazza!? Ti dice che è preoccupato per la sua ragazza e tu ti metti a pensare se la ama poco o tanto!?
Paige svegliati e riprendi a ragionare.
Che ti prende cazzo!"

Per la prima volta ero perfettamente d'accordo con il mio IO.
Che mi prendeva?
Non era un problema mio se amava qualcuno no!?

"No Paige... non è un problema tuo!"

Rispose subito il mio IO e in fondo lo detestai per quella risposta.
Avrei preferito che mi dicesse:" non c'è niente di male", ma nulla da fare. Il mio IO era insopportabile e troppo devastato per lasciarmi vivere libera e spensierata senza nessuna paura, senza nessun ricordo.

"Non ti preoccupare... vedrai che risponde, forse non c'è campo"

Gli dissi ed odiavo dover tranquillizzare gli altri, odiavo sentirmi in dovere di calmare qualcuno. Odiavo farlo perché detestavo quando gli altri lo facevano con me, ma non sapevo che dire quindi mi ritrovai in bocca le parole che secondo me erano le più stupide e insensate.

In fondo anche questo faceva parte della vita: spesso diventi proprio la persona che non vorresti e che hai giudicato e ti ritrovi a dire ciò che non pensi.

"Si... speriamo che tu abbia ragione"

Mi rispose per poi andare via ed io mi sentii delusa.

Delusa! Ma delusa da cosa?
Non lo sapevo nemmeno io.

Mi ero lasciata abbracciare, avevo involontatariamente lasciato che le sue mani domassero i miei tormenti.
Io non sapevo come, ma lui a differenza di tanti psicologi e della mia famiglia ci era riuscito.
Era assurdo ma a me
quell' abbraccio era piaciuto e ne avrei preso volentieri un'altro per sentirmi di nuovo svuotata dai miei pensieri.

Ma perché sentivo quelle cose?

Forse perché io non avevo permesso più a nessuno di sfiorarmi, forse perché le cose inaspettate sono quelle che ci sorprendono di più, o forse perché a me sembrava di conoscerlo già.

Questi erano solo dei forse, ma la cosa sicura era una e soltanto una: in me stava succedendo qualcosa di strano che nemmeno barricandomi con le sbarre più dure intorno sarei riuscita a restarne immune.
No! Sentivo che qualcosa avrebbe prima o poi spezzato i miei argini e sarei ritornata debole, o forse non era debolezza, ma sarei stata solo schiava di un sentimento che non conoscevo ancora.

Lavorai tutta la sera cercando di dimenticare e di cancellare quello che era successo in bagno, perché in fondo non era successo nulla.
Era solo un innoquo abbraccio dato perché stavo piangendo.

Gli occhi mi caddero su Larry che continuava a imprecare contro il telefono da ormai più di un'ora e ad un tratto mi ricordai di Stephy.
Le preoccupazioni ritornarono nella mia mente più forti di un temporale irruente.
Risentii il cuore pesante, lo stomaco si contorse e il dovere di fare qualcosa per lei mi fulminò scuotendomi bruscamente tutti pensieri.
La richiamai ma il cellulare era sempre spento ed io ero seriamente in ansia.

In testa mi rimbombavano le sue parole.

"No lui non lo deve sapere!"

"Perché lui non capisce che ne ho bisogno, che mi serve e me lo impedirebbe"

Quelle frasi avevano il sapore della disperizione e il gusto amaro, come se chi le assoporasse si sentisse senza scampo, senza via d'uscita, arresa di fronte a quella maledetta polverina.
Quelle frasi mi risuonavano come un'avvertimento, una richiesta d'aiuto inespressa e continuarono ad assillarmi fino all'orario di chiusura ed io mi sentivo in parte complice delle sue assurde e disperate azioni.

Cosa le era successo?
Perché avevo una brutta sensazione?

Save me (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora