Capitolo 11

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Rimasi senza parole da spiaccicare, senza risposte, confusa da quella situazione e dai suoi occhi, che mi penetravano a fondo in attesa di un qualcosa.
Sentivo la testa pesante e piccoli colpi picchiettarmi insistenti e martellanti sulle tempie.
Lo fissai mentre l'acqua bagnava i suoi capelli e i suoi vestiti.
Tutti i piccoli dettagli, si fecero prepotentemente spazio nella mia testa, presero importanza anche se oggettivamente non ne avevano.
ll suo cappotto grigio che impregnato d'acqua si colorava di nero. Le palpebre che sbattevano ripetutamente per scacciare via l'acqua, i respiri densi e freddi che sbottavano dalle narici in un'omogenea nuvola bianca.
Il ciuffo scuro ricadeva ormai floscio e ondulato sulla fronte, mentre sgocciolava imperterrito sul suo viso pallido.
Il pacchetto marroncino e rosso delle sigarette accartocciato, che fuoriusciva della tasca sinistra dei jeans scuri e aderenti.
Era zuppo e accoglieva la pioggia inerme senza ripararsi, come se di lei non gli importasse niente, come lei se non esistesse.
Le sue lacrime si confondevano con essa, mimetizzandosi, ma il loro rumore, quello straziante lamento per soffocarle, per trattenerle in gola spaccandoti lo stomaco in due, era diverso. Molto diverso.
Il loro suono opprimente e assillante che ti stringeva il respiro, lo conoscevo fin troppo bene.
Era la musica che ascoltavo di notte prima di dormire.
Era la musica che inondava il mio cuscino di amarezza e disprezzo.

Era strano per me vedere un uomo piangere. Era la prima volta.

"Perché dici che è colpa tua?"

Domandò ancora dopo quel silenzio, che non era silenzio.
Stavo solo ascoltando il filo disconnesso dei miei pensieri, con il sottofondo delle grosse goccie che si scontravano bruscamente e senza scampo con l'asfalto.

Non sapevo che pensare, non sapevo che rispondere.
Ero di nuovo in trance, in bilico tra il gridare e il mettere a tacere ogni possibile parola.

"Perché?"

Mi gridò contro afferrandomi i polsi e l'ombrello mi scivolò di mano per quel prepotente contatto.
Il rumore che generò cadendo a terra mi fece socchiudere d'istinto la palpebre, e lo schizzo che ne seguì l'urto col terreno, catturò la mia attenzione sull'oggetto ormai con un ferretto spezzato.

"Ti prego... Rispondimi"

E mi scrollò le braccia costringendomi nei suoi occhi.
Mi persi nella profondità dei suoi iridi, cercando di decifrare i suoi atteggiamenti.
Le sue dita mi stringevano alla base dei due palmi, e le punte delle nostre scarpe si toccavano.

Pretendeva una risposta da me, ma la pretendeva supplicandomi, ed io mi sentivo sottomessa a quella distanza, a quella richiesta disperata, ma era troppo dura rispondere.

Cosa avrei dovuto rispondergli?
Si è colpa mia perché io sapevo che lei si drogava e non ho fatto nulla!?
No! Non era così semplice.
Avevo troppa pena e troppo schifo per me stessa, per poterlo ammettere.

In quel momento avrebbe anche potuto darmi uno schiaffo, ed io non avrei urlato, non mi sarei opposta, anzi, lo avrei accettato, lo avrei preso volentieri perché sentivo di meritarlo.
Ma sapevo che non avrebbe mai osato, non l'avrebbe fatto perché non era il tipo, era troppo buono, glielo leggevo negli occhi.
E quel gesto era solo il frutto di un istinto di rabbia, un impulso di dover difendere chi amava da chi diceva di avere una colpa nei suoi confronti.

"Io....Io non... Non lo so"

Sussurrai mentre la pioggia bagnava entrambi e sentivo i miei indumenti attaccarsi alla pelle.
I nostri volti erano a due millimetri di distanza, e le sue dita affusolate cingevano ancora i miei polsi.
Sotto lo scroscio freddo dell'acqua, sentivo la sua pelle riscaldare la mia, e il cuore aveva preso a battere più forte, tanto da sentirlo in gola. Più forte del normale per me, e non seppi decifrarne il motivo.
Stavo catalogando le mie sensazioni e i miei stati d'animo, ma non riuscivo ad inserire il batticuore nella sezione spavento o qualcos'altro.
Mi sentivo impotente a quello che stava succedendo.
I miei occhi erano incastrati ai suoi e contemporaneamente erano dispersi in mille punti interrogativi. Avevo perso la bussola dell'orientamento.
Mi stavo di nuovo perdendo in me stessa.

Save me (#Wattys2016)Where stories live. Discover now