Capitolo 12

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"Aspetta! Lascia che ti accompagni"

"No grazie! Vado da sola!"

E un altro tuono squarciò il rumore dell'acqua, che irrequieta e impetuosa cadeva su di noi.

Dieci minuti dopo, ero nel suo pick-up grigio, bloccati in una piccola carreggiata ad attendere che il livello dell'acqua scendesse, liberando le fognature e permettendoci di rientrare ognuno a casa propria.
I vetri erano appannati e faticavamo a guardare oltre i finestrini.
Riuscivamo a malapena a scorgere in lontananza le luci accese e sfuocate degli altri fanali, e le sagome sbiadite e confuse di alcuni uomini, intenti a spingere dietro i cofani le loro auto impantanate.
C'era la tempesta lì fuori.

Fuori ma anche dentro di me.

Alcuni alberi avevano sradicato.
La corrente era andata via, per poi ritornare dopo alcuni minuti e si potevano notare alcuni oggetti che galleggiavano lungo la strada, andando a sbattere in ogni dove.
Le goccie d'acqua si sovrapponevano l'una all'altra senza sosta, accavallandosi e divenendo un'unica cosa, proprio come il turbine di stati d'animo, che si aggregavano in un mix micidiale per la mia testa.
Raffiche di vento si scontravano fra l'oro e un altro triste ricordo mi sfiorava la mente.
Un fulmine acceso nel cielo e riuscivo a vedere un'altra crepa sul mio IO.
Un tuono e un mio grido soffocato mi perforò l'udito immaginariamente.

Era snervante il ticchettio insistente e fitto della pioggia contro il tetto del pick-up, e i tuoni li odiavo a morte.
Cosa aveva da urlare quel cielo?
Con chi ce l'aveva? Forse con me?

I vestiti bagnati che sgocciolavano sui sedili, i brividi che freddi, mi percorrevano la curva della schiena. I denti che tremavano fra loro ed io che mi rannicchiavo il più vicino possibile alla stufa per riscaldarmi.
Osservavo di sbieco Larry, che invece, assorto nei suoi pensieri e fradicio quanto me, si accendeva una sigaretta.
I lineamenti definiti del volto, il filtro stretto fra le labbra morbide e piene, il corpo bloccato in quest'auto, ma lo sguardo cupo e assente, disperso chissà dove, in quale strada, in quale via, in quale parola, in che situazione e in quale compagnia.
Forse quella di Stephy.
Forse quando erano felici insieme, anche se ne dubitavo, perché lei non mi aveva mai parlato di lui.
Le narici che si allargavano emettendo fumo, piccoli sospiri involontari lo abbandonavano e in mano si rigirava nervosamente un accendino, giocherellando con la piccola rotella in acciaio.

"Non dovresti fumare ora. I vetri si appannerranno di più"

Mi guardò come se avessi detto qualcosa di inopportuno.
Come se avessi interrotto qualcosa di importante che gli frullava nella mente.
Girò di scatto la rotella e la fiamma si accese.
La sollevò portandola più vicina al volto, la fissò riflettendo la luce rossa nei suoi occhi lucidi e soffiò.

"Questa era sua. L'avevo presa di nascosto perché mi piaceva questo drago"

Mi disse mostrandomi il disegno cinese sull'accendino e descrivendone il contorno con il pollice.

Ecco! Il senso di colpa mi tranciò, scagliandosi impulsivo su di me. Schiacciata da quel tono nostalgico.
Deglutii in un amaro boccone quelle parole, che mi perforarono il cuore.
Un altro buco, un altro foro, un altro vuoto profondo e denso, così denso da poterne testare l'omogeneità di quell'acida sensazione.
Il peso si fece più incombente di prima. Il nodo alla gola si strinse, aumentando la presa sul mio respiro, e sentivo quelle dispettose lacrime pungermi fastidiose negli occhi già gonfi.

"Senti, io vado in quel bar a prendere qualcosa di caldo per riscaldarci" mi disse espirando il fumo in una grossa nuvola.

"Ti bagnerai" gli risposi con un tono che opprimeva il pianto.

Save me (#Wattys2016)Where stories live. Discover now