08 - Il primo segreto

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Ogni muscolo di Lea si irrigidì quando vide gli occhi freddi di Thomas trapassarla.
"È un Crirale. Perché hai legami con uno come lui?" lo sguardo che il ragazzo le rivolse era ghiaccio puro, la bocca storta in una smorfia quasi di disgusto. Non riusciva a credere che proprio lei avesse legami dubbi.
"Come fai ad avere quello?" la ragazza indicò inorridita il fascicolo.
"Alexander, Crirale. Visto l'ultima volta indovina dove? Perugia." lesse Thomas alzando gli occhi verso di lei. "Come l'ho avuto? Sono il migliore Lea, come te."
Lea sospirò. Non poteva dirgli tutta la verità.
"Era un Agente prima. Ora è un criminale. Non c'è nient'altro da sapere. Era mio amico e io l'ho lasciato andare. Che altro hai letto?"
Non che le interessasse veramente, sembrava che quel giorno il passato dovesse tornare a ferirla e non riusciva a pensare ad altro.
"Tutto." fu la lapidaria risposta di lui. Aveva letto la sua prima missione, le sue capacità in addestramento, l'assurdità di quello che le avevano fatto fare. "Avevi dieci anni."
"C'è sempre una prima volta." Lea aveva lo sguardo basso e distrutto, non si era nemmeno arrabbiata perché Thomas aveva in mano i suoi fascicoli. L'avevano sempre usata e lei obbedì a non perché si sottomettesse ma perché capiva che era necessario fare certe cose. Si girò e andò verso la camera, si sedette sul letto e iniziò a fissare il vuoto. Alexander. La seguiva ovunque, era un coltello perennemente conficcato sul fianco, un ricordo che le martellava la testa fino a farla impazzire. Lui era stato il suo errore, la sue debolezza e lo era ancora. Eccola lì, l'invincibile Neumalea che non riusciva ad affrontare il passato. Si soffermò a pensare a Thomas. Era riuscito a hackerare il luogo informatico più blindato di tutte le epoche e lo aveva fatto in dieci minuti. Se fosse riuscito a disattivare gli allarmi e l'elettronica forse... c'era un posto ancora più sicuro perché nulla era presente sulla rete, erano fascicoli scritti a mano. Lì c'era tutta la verità. Un'idea iniziò a prendere forma nella sua testa.
Thomas si sentiva in colpa, non avrebbe mai pensato che la forte leggenda in verità fosse spezzata dentro. Non gli aveva detto tutta la verità ma non era importante. Per lei era doloroso ricordare e Thomas non riusciva ad essere arrabbiato con lei per essere stata amica di Crirale. Aveva pensato ad un tradimento e ora scopriva che non era lei ad avere tradito, bensì lui. Doveva tenerci molto per stare così male anche solo sentendolo nominare. Prese il suo fascicolo quasi per farsi perdonare e glielo portò in camera. Non si aspettava di trovarla con lo sguardo fisso al muro e gli occhi decisi.

"Lea..." sussurrò "mi dispiace. Io... questo è il mio fascicolo. Puoi guardarlo se vuoi. Oh, come suona infantile." 

Poi fece un gesto che lo stupì, si avvicinò a lei e la abbracciò. Lea gli rivolse iun sorriso tirato.

"Va bene Tommy. Tranquillo, avrei dovuto spiegartelo prima, siamo compagni di missione e ti ho voluto io." poi gli fece l'occhiolino "certo che leggerò il fascicolo, Mr Simmetria. E ho anche un'idea."

Thomas le sorrise di rimando e si mise seduto vicino a lei.

"Dimmi tutto Geniet" la canzonò-

"Non chiamarmi Geniet!" Lea gli fece la linguaccia. Thomas riusciva a tirarla su di morale con una sola frase, anche se lo conosceva si e no da tre giorni.

"Non hai quattro anni!" rispose lui alla boccaccia, soffocando le risate.

"Per quell'idea parliamo domani" Lea cambiò discorso "Questa sera ti portò in un posto... ci andavo sempre prima.* gli disse guardandolo con fare eloquente.
" Sicura? "
"Certo! È un bar, nulla di che ma ci passavo belle serate, c'è sempre gente interessante."
Poi gli indicò la porta. "Mi devo cambiare e dovresti farlo anche tu." gli disse mentre lo squadrava dalla testa ai piedi. Lo spinse via e gli chiuse la porta in faccia. Si posizionò davanti all'armadio e analizzò tutti i vestiti. Si rimise l'illusione ma lasciò il tatuaggio in vista, scelse un outfit total black e contornò gli occhi.di un pesante trucco nero. Da quello che aveva capito era questa l'immagine che doveva dare a quell'epoca. Uscì dalla camera facendo ticchettare il tacco degli stivaletti.
Quando Thomas la vide si fermò un attimo come incapace di proferire parola. Era tutto un contrasto. I capelli, neri questa volta e gli occhi ghiaccio; il viso pallido sul quale risaltava il rossetto; le braccia scoperte e la canottiera nera.
"Wow" sussurrò.
"Riprenditi ragazzino" ridacchiò lei "e non metterti l'illusione. Sei troppo perfettino per abitare nelle case popolari, sembrerà che tu sei tinto apposta." continuò osservando disperata l'ennesima camcia. "Ti sta d'incanto non fraintendermi, ma non sembri un cattivo ragazzo."
Thomas arrossì. Uscirono di casa e Lea si accese una sigaretta.
"Non era una sostanza dannosa?" chiese Thomas.
"Non per il nostro organismo. Siamo un po' diversi dagli altri."
Arrivarono al bar e non poche persone si girarono verso quella coppia strana e poco raccomandabile. L'attenzione di Thomas di catturata da un gruppo di ragazzi e una ragazza che parlavano animatamente. Non sapeva perché ma gli interessavano.
La ragazza stava fumando, la bocca storta in un sorriso non limpido e gli occhi che facevano finta di ridere mentre parlava con un ragazzo carino che aveva la sua stessa espressione dipinta sul viso. Gli altri sembravano cercar di aiutare i due a parlare, poi probabilmente qualcuno fece una battuta, scoppiarono tutti a ridere.
"Guarda quel gruppo." sussurrò Thomas a Lea "guarda lei. Mi ricorda te."
"Ma lei è innamorata!" protestò Lea squadrando quella ragazza da cima a fondo. I capelli rossi tinti, un cappotto e un forte rossetto. Era come se ci stesse provando con quel ragazzo e allo stesso tempo cercasse di proteggersi da lui.
"Si ma guarda l'espressione. È orgogliosa." rispose lui, poi la sentirono fare una battuta di amaro sarcasmo. "E acida."
Lea sorrise. "Si lo è."
Era un difetto di tutti gli Agenti, osservare e cercare di capire la quotidianità.
La ragazza si girò verso di loro e ebbe un'idea.
È doveroso far sapere che avrebbe voluto fare la scrittrice e appena vide Thomas e Lea nella sua mente prese forma un racconto che parlava di spazio e di tempo. Per ironia della sorte il racconto era la Storia che si stava diramando sotto di loro. Sarebbe stato interessante andare a scoprire anche come sarebbe andata a finire con quel ragazzo che dava l'impressione di essere un po' sociopatico come lei e facciamo tutti il tifo per quella ragazza perché anche lei si meritava un lieto fine. Questa però non è la storia della ragazza. Torniamo quindi a Lea che intanto si era presa una birra e si era seduta sui divanetti. Sorrise e invitò Thomas accanto a lei.
"Questa Tommy, è l'Italia del ventunesimo."
Il caos regnava sovrano ma nessuno sembrava preoccuparsene, anzi era come se tutti volessero essere utili a produrre tutto quel rumore. Lui e Lea non davano l'impressione di essere bravi ragazzi ma nessuno sembrava preoccuparsene.
"È... strano." disse lui. "Sono così... non lo so, è un caos unico eppure non gli interessa. Vivono la serata come se fosse l'ultima ma come se superassero di vivere in eterno. È una contraddizione."
Lea sorrise, tutti gli uomini erano una contraddizione.


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