20 - Il terzo principio della dinamica

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Thomas si era steso di nuovo sul divano e cercava di assimilare tutte quelle informazioni. Chiuse gli occhi per pensare finché non udì una musichetta dalla cucina. Sbuffò. Era mai possibile che per Lea esistessero solo la camera e la cucina? Mangiava e dormiva. Più che altro mangiava e non per bisogno, un Agente riuscirebbe a stare settimane senza mangiare, ma per gola pura.

"Che cosa sai facendo?" le urlò ancora steso sul divano.

"Guardo una serie TV."

"Una che?"

Lea scosse la testa e portò lo schermo in sala. Guardò divertita Thomas e poi si mise a sedere lanciandosi sopra le sue gambe.

"Ahhh! Lea!" brontolò lui, poi guardò lo schermo "che è?"

"Una roba investigativa, lui è tipo un genio, mi piace come deduce. Mi piace anche come attore." la ragazza fermò l'immagine su quell'uomo dagli occhi ghiaccio e gli zigomi pronunciati.

"Manda da capo, ma noi non dovremmo lavorare?"

"E' mezzogiorno e mezza, per le due questa puntata è finita, poi lavoriamo."

"E il pranzo?" chiese Thomas. Lea gli passò un pacco di biscotti.

Thomas fece un verso di insofferenza. "Ma si riproducono da soli? Tra poco esco io per quanti pacchi di biscotti ci sono!"

"Zitto e mangia." lo redarguì Lea già incantata da quella puntata piena di misteri, uomini e deduzioni improbabili.

"E' tipo un superuomo anche lui?" chiese ad un tratto Thomas.

"Uh? Sherlock? No, no, è solo molto intelligente- molto molto intendo. E' tutta logica, per questo mi piace."

Per tutto il resto della puntata Lea commentò ad alta voce ogni cosa, dagli zigomi di lui ('Perfetto!'), al cappotto ('ne voglio uno!'), a John Watson ('è proprio un cucciolo d'uomo!'), fino addirittura a Moriarty ('il mio psicopatico preferito...').

Finita la puntata - e i biscotti - i due ragazzi si alzarono, Lea si scrollò le briciole di dosso e Thomas si passò una mano distrattamente tra i capelli. Era piacevole sentirli disordinati, anche se era una cosa strana da pensare per lui.

"E' ora di applicare il terzo principio della dinamica!" esclamò Lea facendo sobbalzare il ragazzo.

"A ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Bene. A cosa ci serve?" Thomas guardò i calcoli sul tavolo.

"No Tommy! Non dico nei calcoli, nella realtà. Alexander sarà andato a fare danni da qualche parte e noi lo seguiamo. Ha cercato di uccidermi e ora tocca a me." mentre pronunciava quelle parole il cuore di Lea cadeva in un buco nero di dolore, eppure sapeva di doverlo fare. Non era più Alec, non era più Alexander. Era solo un criminale pericoloso e lei l'unica che poteva fermarlo.

"Non sappiamo dove si trova." notò Thomas.

La ragazza lo guardò divertita, si inserì il tracciatore nell'occhio e disse: "Dicembre 1801, Bath. Oh, così saluto anche una mia cara amica!"

Thomas strabuzzò gli occhi alla parola amica ma si concentrò sul resto del problema.

"L'hai tracciato. Ti sei fatta quasi uccidere per traciarlo. Come sapevi che ti avrei salvata?"

"Non lo sapevo" Lea scrollò le spalle e lo guardò sorridendo leggermente.

"Perché vuoi farti uccidere?"

"E' il nostro lavoro."

"No. Lea. E' un pericolo del nostro lavoro ma nel tuo caso sembra lo scopo finale!"

Il fabbricante di dèiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora