09 - Ovvero la faccenda inizia a complicarsi

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Thomas si sedette accanto a Lea scoprendo piacevolmente che quei divanetti erano comodi. Si mise ancora ad osservare la sua Italia come non l'aveva mai vista, viva e caotica. Gli piaceva osservare, un conto era farsi dare le informazioni attraverso i fascicoli, quelli erano semplicemente dati freddi e calcolati, mentre tutto intorno a lui esprimeva calore, vita e voglia di fare qualcosa. Era una generazione che non voleva essere dimenticata. Lea gli passò la sigaretta e lui guardò stranito e dubbioso quel piccolo cilindro fumante.

"Come..?"

Inaspettatamente Lea rise. Era tutta le sera che rideva, forse per dimenticare il passato che la stava rincorrendo in ogni dettaglio, dalla televisione che mandava in onda la partita dentro il bar ai posacenere sui tavolini, dalla strada tutta curve e salite alle macchine parcheggiate male dalle quali uscivano giovani vestiti per farsi notare. Si obbligò a concentrarsi su Thomas.

"Ti faccio vedere... ecco prendi un tiro, aspiri..." fece un repiro profondo "e butti fuori." soffio via il fumo con forza, soffoncando un risolino. "di solito al primo tiro tossiscono tutti ma... ehi sei un Agente!"

Thomas prese in mano la sigaretta e se la portò alla bocca, il gesto gli venne praticamente naturale e sorrise verso di lei.

"Solo una domanda... perché lo fanno? Non è nulla di che..." chiese a Lea, che gli rivolse un sorriso un po' malinconico e riprese a fumare.

"Non lo senti? Quando butti via il fumo è come se con esso uscissero fuori anche i tuoi pensieri. Li mandi via da te, fuori da te. E' rilassante... non so spiegarlo meglio è una cosa che devi sentire..."

Non aveva mai saputo spiegare perché avesse iniziato con il fumo, per lei non era dannoso e nemmeno una dipendenza, il suo organismo era immune alle dipendenze. Era stata anni senza toccare una sigaretta eppure quando andava nell'Italia del ventunesimo secolo era quasi un bisogno mentale, non fisico. Alzò lo sguardo e vide il gruppo di prima. La ragazza le assomigliava molto, o almeno assomigliava a quello che sarebbe stata lei se le avessero lasciato la giovinezza invece di farla crescere forzatamente.

"Tommy, guarda quelli che mi hai indicato prima. Un tempo mi divertivo a interferire, ormai sono anni che non lo faccio più, anche se..."

Lo facevano lei e Alexander. Piccoli scherzi, interferenze minuscole, aiuti a persone per cui simpatizzavano a pelle... si divertivano. Aveva l'istinto di far accadere qualcosa, magari di far inciapare lei su di lui o viceversa, o usare le sue capacità psicovisive per guardare dentro la testa di quel ragazzetto con gli zigomi pronunciati e lo sguardo indecifrabile.

"Non dovresti." le rispose Thomas.

Lea sospirò. Alexander avrebbe voluto farlo, ma Thomas non era Alexander. Alexander era uguale a lei, Thomas era il suo contrario.

"Scusa coscienza..." sbuffò Lea. Il ragazzo sorrise.

"Solo che mi sembra inutile ora come ora. Non li vedi? Saranno felici ma non ancora, la cosa è troppo acerba, sono all'inizio e lui è leggermente... tonto?" non riusciva a trovare le parole. "cioè non lo capirebbe."

Lea si girò di scatto verso Thomas. Non aveva mai sentito un Agente fare questi discorsi.

"No, non lo vedo, ma tu come... come fai a vederlo?" gli rispose.

Thomas alzò le spalle. Era sempre stata la sua capacità capire le persone, non gli era mai servito entrargli nella mente.

"E' palese. I gesti di lei, quelli di lui, il tono con cui si parlano, gli atteggiamenti... non lo so! Per me è palese."

Lea rimase a pensare. Da quando gli era stato affidato si era chiesta cosa lo rendesse così speciale da farlo affidare a lei. Era brillante naturalmente, sveglio e capace, ma l'avrebbero potuto affidare a una Geniet qualsiasi. Ora iniziava a capire. Aveva qualcosa in più, aveva la capacità di capire le persone in un modo così profondo e spaventosamente preciso che sarebbe stato pericoloso non controllarlo. Per questo lo avevano affidato a lei che era una macchina senza cuore, almeno secondo quelli che la conoscevano da dopo quella Giornata. Lea non parlava mai di cosa accadde in quelle ore e se proprio doveva farlo non aveva nemmeno la forza di nominare la data, la chiamava soltanto la Giornata e dal tono della voce potevi capire che quella G era maiuscola.

La ragazza ripensò a quel pomeriggio e le balenò in mente l'abbraccio di Thomas. Lui l'aveva capita, aveva capito subito che non era la maschera fredda di acidità e sarcasmo, per questo era andato a ricercare il fascicolo. La cosa più terribile è che nessuno gliel'aveva detto di questa sua particolarità, avevano cercato di nasconderlo e poi l'avevano dato a lei con la speranza che lo facesse smettere; semplicemente non potevano, era scritto nel suo DNA probabilmente, era questo che lo rendeva pericoloso. Lea ebbe l'ennesimo moto di disgusto per l'Agenzia. Dovevano essere inquadrati come dicevano loro e non pensare troppo a emozioni e sentimenti ma solo a calcoli e logica. A lei la tenevano perché era la migliore ma Thomas, Thomas era un pericolo e doveva essere cambiato. La sua vendetta sarebbe iniziata da lì, da far capire a quel ragazzo le potenzialità e a fargliele sviluppare al meglio.

"Sei pericoloso..." gli disse infatti, guadagnandosi una sua occhiata interrogativa. "Quello che tu fai, capire le persone così, c'è un motivo se sono rimasta interdetta. Nessuno lo può fare di noi Agenti, e nessun essere umano lo fa a questi livelli. Ma ne parleremo bene a casa."

"Davvero? E quale era la tua idea?" le chiese, ricordandosi di una cosa che lei le aveva detto prima di uscire. Davvero era speciale? Per questo lo avevano affidato a lei? Perché non gliel'avevano detto prima? Tutte queste domande affollavano la sua testa ma si trattenne, se Lea voleva parlarne a casa c'era un motivo.

"Oh. Dobbiamo fare un'effrazione all'Agenzia. Ho bisogno che sviluppi un programma per disattivare le difese di tutto l'edificio, interno e esterno, ogni singolo cavo non deve funzionare nemmeno nella stanza numero 42."

"Perché? In fondo l'Agenzia è casa... e comunque è praticamente impossibile disattivare le difese nella stanza 42! Non si può entrare se non si conosce la domanda e nessuno conosce la domanda perché probabilmente non esiste nemmeno!"

Lea lo guardò seria.

"L'Agenzia è casa si. Il luogo e basta però. Qualcuno ai piani alti ha deciso che qualcosa è troppo scomodo e oscuro perché gli Agenti lo sappiano. Qualcuno ha deciso che noi non possiamo sapere perché siamo nati così e perché dobbiamo obbedienza a loro. Nessuno vuole farci sapere perché i nostri occhi sono così." lo sguardo di Lea era duro. C'era qualcosa che non tornava, domande alle quali nessuno sapeva la risposta, argomenti intoccabili. E tutto portava a quella stanza. Quando Alexander era diventato Crirale quella stanza era stata aperta e qualcosa avevano fatto li dentro. Lea sapeva solo che c'erano fascicoli di carta, perché si era nascosta e li aveva visti entrare. L'unica cosa che aveva visto però era stata tanta carta e tante altre porte.

"Gli occhi... perché siamo così... pensi che sia qualcosa di brutto."

"LO è sicuramente e tu sei sicuramente pericoloso per loro. Perché sennò nasconderti questa tua capacità?" La mente di Lea stava lavorando a una velocità impressionante, scandagliando tutte le possibili risposte e le possibili domande eppure non riusciva a trovarla. "perché non volerti far scoprire una capacità così umana? Oh. È ovvio, è così ovvio! Gli Agenti non ragionano come gli uomini, ma a capo dell'Agenzia ci sono esseri umani e solo loro hanno accesso a quelle informazioni. E' qualcosa nella tua testa che ti potrebbe rendere capace di capire la domanda o qualcosa che non vogliono farci sapere. Solo chi pensa in maniera umana può accedere a quelle informazioni... oh se sei pericoloso Tommy, se sei pericoloso! Come ho fatto a non pensarci prima?"

"Quindi che facciamo?" Thomas stava iniziando a capire da quelle poche frasi che l'Agenzia era molto più oscura e torbida di quello che si immaginava e che qualcuno aveva paura di quello che avrebbero potuto scoprire gli Agenti.

"Lavora a quel tuo programmino, prima viene la missione, non possiamo abbandonarla. Se si disgrega il continuum non sarà importante sapere perché siamo così, saremo morti."



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