31 - La fisica di una buca di potenziale

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Stava facendo le valigie. Se ne sarebbe tornato all'Agenzia, non avrebbe resistito un giorno di più in quella casa. La camera di Lea era ancora disordinata come lei l'aveva lasciata e Thomas non aveva avuto il coraggio di entrarci. Sarebbe rimasto tutto lì, tutto tranne la scimitarra e il pugnale. Quel pugnale ovviamente, quello che ora aveva tatuato lungo tutta la schiena.

Erano passate sei settimane, era ora di andare via. Ripensò di nuovo a lei, lei che trasformava tutto i  numeri mentre lui trasformava tutto in sentimenti. Il giorno dopo ci sarebbe stato il funerale, nonostante Headstrich fosse ancora contrariata. Appena la notizia della morte di Neumalea era trapelata, tutti avevano chiesto a gran voce il riconoscimento. Tutti gli Agenti ci sarebbero stati, tutti i Professori, gli Archivisti, gli Storici, persino gli studenti della Scuola. Tutti a salutare la leggenda, l'eroina.

"Agente Thomas chiede..." iniziò a dire all'auricolare ma fu interrotto dal suono del campanello. Si interruppe. Chi mai poteva essere? Nessuno citofonava mai. Andò ad aprire e davanti a lui si stagliò una ragazza vestita come nei film di Tim Burton. Aveva i capelli ricci malamente acconciati che le ricadevano fino a metà schiena, un corsetto di plastica sopra una maglia rosa antico e l'inizio di una crinolina sopra dei pantaloni a righe. A completare il quadro c'era il rossetto nero e il trucco rosso, come se avesse invertito i colori di qualsiasi cosa.

"Posta" urlò.

"Ci sento eh! Ma tu non sei il postino..."

La ragazza sorrise enigmatica rivelando un dente d'oro e piroettò su dei tacchi rossi a punta.

"Proprio per questo devi prendere il pacco" gli porse una scatola imballata male, facendo tintinnare tra loro i pesanti bracciali che aveva al polso. "O non sei tu Raffaele?"

Quella domanda colpì Thomas in pieno come un macigno. Raffaele. Tre persone al mondo conoscevano il suo vero nome. Due si erano dimenticate di lui, di quel figlio che gli avevano strappato via; la terza era morta.

"Io sono Thomas." rispose e fece per chiudere la porta, ma la ragazza glielo impedì ridacchiando.

"Oh, aveva detto che avresti fatto così. Lei  lo aveva detto. Bene. Presto che è tardi!" la ragazza piroettò di nuovo su se stessa, affidò il pacco a Thomas, gli fece l'occhiolino e gli sbattè la porta in faccia.

Lei lo aveva detto.

Lei.

Lei chi?

Lui continuava a fissare quel pacco chiuso mentre la sua testa esplodeva. Raffaele. Quel nome, quel dannato nome italiano che lo aveva reso il ragazzo della profezia, quel nome che non sapeva nessuno all'Agenzia, tranne lei. Una ragazza pazza che gli lasciava un pacco, i funerali il giorno dopo e poi Lea. Dopo sei settimane era ancora tutto come il primo giorno, il dolore era lo stesso.

Aprì lentamente la scatola e tirò fuori un libro, Alice nel Paese delle Meraviglie. Chi mai avrebbe potuto inviargli il romanzo della pazzia attraverso una pazza? Sicuramente qualcuno che conosceva bene la letteratura del Ventesimo secolo. Stava quasi per scartarlo annoiato quando si accorse di un foglietto messo come segnalibro. Lo aprì. C'era una frase sottolineata, delle coordinate spazio tempo impossibili e un appunto vicino alla frase.

Thomas scaraventò con rabbia il libro dall'altra parte della stanza mentre quella frase continuava a risuonargli in testa con la stessa voce della pazza che gli aveva consegnato il pacco.

Presto che è tarsi, presto che è tardi. Presto che è tardi.

Continuava a martellargli in testa, finché la voce della ragazza non diventò quella di Lea.

Il fabbricante di dèiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora