2° Capitolo

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Corsi più in fretta che potevo, dovevo allontanarmi da quel ragazzo. Mi ritrovai fuori dalla stazione, nella più vicina fermata di un bus. Sentivo il respiro affannoso e il panico assalirmi. Tremavo, mi guardai intorno, disorientata, quel posto era così confusionario, rumori assordanti mi circondovano. Dovevo arrivare nello studio veterinario al più presto.

Il Dottor Payne era stato comprensivo e per mia fortuna aveva deciso di non licenziarmi. Iniziai subito quel mio primo giorno da segretaria.

All'inizio mi sentivo del tutto disorientata, non sapevo dove mettere mano e le urla di quei cani e gatti e quel loro odore del tutto nauseante mi stava dando alla testa. Avevo bisogno di aiuto eppure non chiesi una mano a nessuno. Dopo un pò mi si avvicinò un'altra segretaria , credo che il suo nome fosse Julie.

"Ehi, ciao, sei la nuova arrivata, giusto?"

Mi guardò dritta negli occhi e mi fece un sorriso, letteralmente a trentadue denti. Era davvero bella, con capelli castani e occhi azzurri. Era una combinazione al quanto incosueta,infatti, immediatamente sospettai la possibilità di una tintura. Mi tese la mano incitandomi a stringerla. Era così sicura di se, la invidiavo terribilmente. Ero un pò impaurita, ma mi feci coraggio, le strinsi la mano rispondendo alla sua domanda.

"Piacere, io sono Julie e tu devi essere Diana, giusto?"

Immediatamente mi domandai come conoscesse il mio nome, ma subito dopo mi ricordai della targhetta appesa al mio camice, datami dal dottore. Accennai un "si" con la testa.

Restammo un paio di secondi in silenzio, forse si aspettava una mia domanda, curiosità ma io non avevo nulla da chiederle e così si allontanò da me, ritornando alla sua scrivania.

"Julie,ciao, mio zio è nell'ambulatorio?"

"Ehi, ciao Liam, si si, sta facendo una visita  al gatto della Signora Smith."

"Di nuovo? Questa sarà la quinta nel giro di due settimane."

"Si, infatti, ma quel gatto è terribilmente malato  e tu lo sai bene come è quella signora, vuole sempre il meglio per i suoi dodici gatti."

All'improvviso entrò nello studio un ragazzo con in mano un casco. Non appena ci mise piede parlò a Julie, in un modo davvero sfacciato, evidentemente si conoscevano e anche molto bene. Prese a parlarle e da quello che ascoltai, il suo nome era Liam, il nipote del veterinario. Io mi nascosi dietro alla mia scrivania, intenta nel computer. Non vedevo le loro facce ma ascoltavo. Okay, quello si chiama origliare, ma d'altronde stavano parlando a voce alta e chiunque avrebbe potuto ascoltarli.

"E tu chi sei?"

Quel ragazzo alzò la voce, permettendomi di capire che si riferisse a me. Feci finta di non aver sentito e continuai a lavorare vicino al computer.

"Quella è Diana, una nuova segretaria."

Julie all'improvviso abbassò la voce, sussurrando qualcosa all'orecchio di Liam. Non avrei voluto sbagliarmi ma ero sicura che le avesse detto qualcosa come "questa è fuori di testa", dato che un secondo dopo, presero a ridere.

Ecco come sembravo agli occhi degli altri "una fuori di testa". Una persona da rinchiudere, una persona che non avrebbe combinato nulla di buono. Tutti mi guardavano sempre in modo strano e mai nessuno si era avvicinato a me più del dovuto. Mai avuto amici, mai avuto qualcuno che mi capisse. Forse davvero ero una da rinchiudere e passare il resto della propria vita in un ospedale psichiatrico.

"Liam che ci fai qui?" Era il veterinario, appena uscito dall'ambulatorio.

"Sono venuto a farti una visita."

"Mhm...okay, vieni nel mio ufficio."

Dirigendosi in quella stanza, Liam gettò un sguardo verso di me. Io ricambiai quello sguardo per un secondo per poi abbassare la testa. Non avevo nemmeno il coraggio di guardare una persona in faccia..

Quella sera tornai a casa, piuttosto stanca. Diedi un veloce saluto ai miei genitori per poi dirigermi in camera. Mi gettai sul letto ed osservai il soffitto. Pensai e pensai a tutto quello che era successo in quel mio primo giorno di lavoro. I miei pensieri, però, si fermarono su quel ragazzo dagli occhi color oceano che mi aveva soccorsa quella mattina sul treno. Ero stata così brusca nei suoi confronti e me ne vergognavo terribilmente. Presi il mio cuscino mettendolo in faccia in cerca di calmare la mia disperazione.

Erano le 8:00 precise, il treno era stato puntuale ed io mi trovavo già seduta in uno dei vagoni. Mi guardai intorno . Non potevo crederci, era lì il ragazzo dagli occhi color oceano. Volevo sprofondare. E se mi avesse visto e avrebbe deciso di venirmi incontro? No, io non ero pronta. Puntai sull'istinto e mi alzai cercando di trovare un posto in un altro vagone. La sfortuna, quel giorno era dalla mia parte. Inciampai nella valigia di qualcuno facendo un baccano enorme. Tutti i passeggeri si voltarono incluso lui. Involontariamente il mio viso si girò verso di lui, che mi riconobbe e decise di alzare una mano in segno di saluto. Immediatamente, presi a correre e fra me e me dissi: "Ti prego fa che non si alzi, Ti prego fa  che non mi raggiunga."

He was magneticWhere stories live. Discover now