9° Capitolo

1.4K 76 7
                                    

"Stringi la mia mano."
Louis mi tese la sua mano. Ero intimorita e mi vergognavo terribilmente di lui.
Data la mia esitazione, subito puntualizzò.
"Mia madre mi ha sempre detto che stringere la mano alle persone infonde sicurezza e sono sicuro che a te ne serve un bel pò."
Mi mostrò un sorriso e tese ancora di più la sua mano. 
Il suo viso ai miei occhi sembrava così sincero come lo erano state le sue parole e pertanto, anche se ancora un pò titubante, avvicinai la mia mano alla sua. Quel tocco provocò alla mia schiena una leggera scossa e il mio cuore perse qualche battito.
"Bene, ora andiamo nel posto speciale di cui ti ho parlato."
Ci avvicinammo ad una macchina in discrete condizioni. Uno specchietto laterale era mantenuto al resto da una grande quantità di nastro adesivo. Quell'aspetto mi lasciava un pò perplessa, ma il solo stare nelle vicinanze di Louis mi faceva sentire meglio.
"So che questa macchina non è il massimo, ma è tutto ciò che ho potuto permettermi con i miei risparmi."
Disse un pò imbarazzato, mettendo una mano dietro la testa. 
"Non preoccuparti." Pronunciai con un filo di voce.

Viaggiammo a bordo di quell'auto per circa dieci minuti per poi fermarci davanti ad un ospedale. Rimasi senza parole quando ci ritrovammo di fronte a quel posto. Come poteva definire un ospedale "un posto speciale"? Quando una persona pronuncia la parola "ospedale" pensa a dolore, sofferenza, tristezza e purtroppo anche alla morte. Non riuscivo a collegare a quel edificio sentimenti di gioia, spensieratezza o ilarità.
"Ora possiamo scendere." 
Mi disse, rivolgendo il suo sguardo verso di me e abbozzando una risata compiaciuta quando capì che ero al quanto disorienta.
Entrammo e subito l'infermiere all'entrata salutò calorosamente Louis. Evidentemente quella non era la prima volta in cui lui metteva piede in quel edificio e neanche una seconda o una terza. Vi aveva fatto visita, sicuramente, più e più volte e cercavo di pensare ad un motivo valido.
Salimmo un paio di piani per poi ritrovarci ad uno diverso dai precedenti. 
I muri non erano soltanto dipinti di bianco ma su di essi vi erano disegni raffiguranti animali intenti a svolgere attività tipiche degli essere umani. C'era, ad esempio, una giraffa con un camice da dottore, un ippopotamo con la gonna e gli occhiali da vista e tanti altri. 
L'odore era diverso. Non era più viziato e spiacevole ma gradevole e profumato.Nell'aria l'odore dei fiori si univa a quello del borotalco. Nonostante si provava ugualmente uno stato di tristezza tutto ciò sembrava rendere l'animo più leggero. Capii che era l'area dedicata ai bambini. 

"Siamo arrivati. Dietro questa porta c'è il posto speciale di cui ti ho parlato." E con un sorriso sulle labbra aprì quella stanza. 
Tutti i bambini appena videro Louis urlarono il suo nome e chi poteva corse verso di lui ad abbracciarlo affettuosamente.
Notai sul suo volto una felicità diversa dal solito. Sincera, spontanea e fiera. Non potei fare altro che sorridere anch'io a quella visione.
"Allora bambini, vi sono mancato?"
Tutti in coro urlarono un si.
"Oggi ho portato con me una mia amica; il suo nome è Diana. Vi avverto, è un pò timida."
Si girò verso di me e mi fece un gesto, in segno di avvicinarmi.
Stare al centro dell'attenzione non mi era mai piaciuto. Troppi occhi che ti osservano, troppe menti che cercano di farsi un'idea su di te.
Feci un piccolo passo in avanti e con le mani strette fra loro, pronunciai un "ciao". Tutti i bambini mi sorrisero e ricambiarono il mio saluto.

"Bene bambini, sapete fra un paio di giorni cos'è?"
"Si!" Esclamarono.
Che cos'era dopo un paio di giorni? Sicuramente nessuna festa nazionale, forse il compleanno di qualcuno di loro o dello stesso Louis.
"E' il 15 Aprile, il giorno del ritorno."
Una bambina dai lunghi capelli biondi e gli occhi nero carbone, seduta su un letto, pronunciò quelle parole alzando un braccio per farsi notare. "Bravissima Agatha!" Disse il ragazzo dagli occhi color oceano.
"E ciò significa?"
"Nuovi regali per tutti noi!"
"Esattamente! Mettiamoci in cerchio e uno ad uno mi dite i regali che desiderate."
Immediatamente i bambini ubbidirono e più felici che mai si sedettero sul pavimento.

Le scelte dei regali erano piuttosti simili. Le femmine chiedavano barbie mentre i maschi macchinine o robot. 
Louis appuntò tutto, senza obbiettare su nessuno dei giocattoli richiesti. Un domanda mi sorse piuttosto spontanea. Dove avrebbe trovato i soldi per fare tutti quei doni? Un ragazzo che ha a stento i soldi per fare il pieno di benzina di certo non avrebbe avuto denaro sufficiente per acquistare più di una dozzina di balocchi, ma il suo volto non era per niente preoccupato anzi era pieno di allegria e soddisfazione. Il rispecchio dei sentimenti di Louis lo si vedeva in quei bambini. Mi resi conto in quel momento più che mai, che lui non era un ragazzo qualsiasi, era speciale, unico, assolutamente fuori dal comune. Non riuscivo a credere al fatto che ovunque si ritrovasse era in grado di portare soltanto contentezza e consolazioni.
Lo osservai in volto diverse volte, sollecitando il mio cuore alla visione del suo sorriso celestiale. Giocava con i bambini con una tranquillità impareggiabile ed era sempre pronto ad accontentare tutti.
Decisi di avvicinarmi a lui e di giocare, parlare anch'io con quei frugoletti.
Stranamente mi sentivo più o meno a mio agio e cercai di essere il più sciolta possibile, ottenendo un discreto successo.
Quel giorno che era iniziato nel peggiore dei modi era diventato il giorno della svolta, il giorno in cui sentivo una speranza concreta nel mio cuore.

Dopo diverse ore fummo costretti a lasciarli, promettendo che saremmo tornati presto.
Non appena mettemmo piede fuori da quella porta, Louis sentezziò.
"So che ti sei divertita."
"Si, è stata una bella esperienza."
"E questa è solo una di tante altre."
Non pronunciai una parola, semplicemente gli sorrisi.

"Cos'è il giorno del ritorno?"
Eravamo in macchina e immediatamente pronunciai quella domanda che mi incuriosiva davvero troppo. Non ero mai stata un asso in storia e speravo di non avere fatto la figura dell'ignorante con quell'interrogativo.
"Niente di particolare, una festa inventata di me."
"Per qualche motivo?"
"Niente che avresti il piacere di ascoltare."
Il suo tono era passato da entusiasto a malinconico e questo bastò a farmi capire che preferiva non parlare di quell'argomento. Abbassai lo sguardo sulle mie gambe, in preda alla vergogna. Sapevo di averlo ferito, di aver toccato un tasto dolente.
All'improvviso, il cellulare di Louis squillò.
"Chi potrebbe essere a quest'ora?"
Disse, mentre osservava il display.
"No, ti prego, di nuovo no."
Furono le sue ultime parole prima di intraprendere una conversazione fatta di panico e urla.
"Diana, è accaduto un inconveniente, devo prima andare a risolvere una cosa e poi ti riaccompagno subito a casa, non è un problema, vero?"
L'agitazione della sua voce portò il mio cuore a battere a mille e risposi con un veloce "no, no."

L'automobile sfrecciò in quelle strade, suonando il clacson in continuazione. Mi chiedevo cosa poteva essere successo da avere scatenato una simile reazione.

Ci ritrovammo in un stretta via, resa ancora più stretta dalle centinaia di persone che vi erano. Mi feci spazio nella folla e vidi un uomo che teneva stretto un altro puntandogli una bottiglia di vetro rotta al collo.
"Ho bisogno di soldi! Ho bisogno di soldi!"
Urlava istericamente mentre teneva sempre più stretta la sua vittima.
Poggiai una mano sulla spalla di Louis.
"Chi è quell'uomo?"
"Mio padre."
Immediatamente si avvicinò in avanti, scostando tutte le persone che circondavano i due uomini.
Mi lasciò da sola, in preda al panico più totale e gli occhi sbarrati.

He was magneticWhere stories live. Discover now