6° Capitolo

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Sentivo i piedi sfiorare il terreno mentre correvo verso la stazione. Perchè si era comportato così violentemente nei miei confronti? Era tutta colpa dell'alcool ne ero sicura..o almeno quello era il motivo che cercavo come scusa a quei suoi gesti così inconsueti. Per fortuna arrivai giusto in tempo per l'arrivo dell'ultimo treno verso Londra.

Mi svegliai la mattina dopo con un'aria alquanto intontita e disorientata. La sera precedente erano successe davvero troppe cose e le ore di sonno non erano bastate per assorbirle tutte. 

"Allora, come è andata ieri sera?" 

Ero in cucina, sul punto di fare la mia solita colazione. Biscotti e latte fresco. Mia mamma alzò lo sguardo dalla sua fetta biscottata ricoperta di marmellata, per rivolgermi un domanda.

"Poteva andare meglio."

Le rivolsi un sorrisetto, per farle capire che preferivo non parlarne. In silenzio continuammo il nostro pasto.

Come ogni mattina ero seduta sul treno e ascoltavo la musica. Le note della canzone "Somewhere Only We Know" mi rimbombavano nella testa, permettendomi di godermi quei minuti di relax prima dell'infernale lavoro allo studio. Non che non piacesse, ma come tutti gli impieghi aveva dei lati tremendamente negativi. Il primo era sicuramente l'odore di quel posto. I cani e i gatti lasciavano una scia di puzza insopportabile che era capace di restare appiccicata sui vestiti per un'intera giornata e poi il continuo via vai di gente, mi metteva piuttosto a disagio. Parlare con loro e dargli delle spiegazioni, non mi piaceva tanto.  Tuttavia, non dovevo lamentarmi, era un lavoro che mi permettava di guadagnarmi qualcosa di sostanzioso, senza troppi sforzi a livello fisico. 

Quella mattina, Louis, non era al suo solito posto nel treno. Provai a girarmi intorno alla ricerca di lui e perchè no, a cercare di incrociare i suoi meravigliosi occhi. Nonostante fossero passare delle ore dalle sue parole, la mia pella era ancora persorsa da tantissimi e piccoli brividi. Non brividi di freddo o paura, ma brividi di felicità e speranza. Erano solo e semplici parole, alla fine, non dovevo dargli tanto peso, ma la mia mente aveva già iniziato a fantasticare ad un futuro, dove io ero la vincitrice e il mio disturbo il perdente. Provai un senso di vuoto, quando non lo vidi da nessuna parte e uno ancora più grande quando il treno era arrivato a destinazione. La vista dei suoi occhi e del suo sorriso mi erano stati negati quella mattina.


"Ciao Diana, come è andata ieri sera con Liam?"

Julie, appariva sgargiante e piena di vita, dietro la sua scrivania e non appena mi vide attraversare la porta dello studio balzò in piedi. Mi sorprese quel suo comportamento, ma di certo non avevo propria voglia di parlarle, tantomeno parlarle di quello che era successo ieri. Mi limitai semplicemente a pronunciarle un "buongiorno" e ad avvicinarmi silenziosamente alla mia postazione.

Forse con quel comportamento l'avevo offesa, poichè non mi rivolse la parola per le successive cinque ore di lavoro. Silenziosa e immersa nelle sue carte. Il suo sguardo si alzò solo qualche volta per vedere l'ora segnata dall'orologio appeso ad una parete. Mi sentivo tremendamente in colpa. Lei aveva mostrato interesse verso di me ed io l'avevo trattata come una nullità, ma c'era qualcosa in lei che mi intimoriva, non capivo bene cosa. Forse, il fatto che era l'opposto di me: bella, sicura di sè. L'aria in quello studio era diventata davvero tesa. Io non era un tipa che amava "scigliore il ghiaccio", anzi non lo facevo quasi mai, ma in quella occasione sentivo il dovere di fare qualcosa.

Ero sul punto di pronunciare una parola, dopo averci pensato per ben un quarto d'ora, quando dall'ingresso, entrò Liam. 

He was magneticDove le storie prendono vita. Scoprilo ora