5° Capitolo

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Entrammo nel locale, sempre con quella sua mano sul mio fianco. 

Un posto davvero accogliente, ampio e spazioso. Bellissime tovaglie bianche con dei ricami rossi alle estremità ricoprivano i numerosi tavoli posizionati al centro e lampadari cubici sovrastavano le nostre teste. Ci avvicinammo ad uno di questi e silenziosamente ci sedemmo. Fummo l'uno di fronte all'altro e questa posizione non fece altro che peggiorare il mio disagio. 

"Allora Diana, che ci facevi sotto quel palazzo, tutta sola?"
Mi chiese Louis, dopo aver chiamato un cameriere con uno schiocco di dita, sempre con quel meraviglioso sorriso sulle labbra. Abbassai la testa sulle ginocchia. Non ero pronta a parlargli, mi sentivo ancora troppo debole, capace di scoppiare a piangere da un minuto all'altro. 
Louis, notò il mio disagio e decise di far finta di non avermi mai posto quella domanda. Prese il menù tra le mani ed iniziò a sfogliarne le pagine. Alzai il mio viso e mi guardai attorno. Quel locale per fortuna non era molto affollato, c'erano solo piccoli gruppi di amici e coppiette che cenavano felici. Le mie mani tremavano ancora e la sensazione di freddo e umido lasciata dalla pioggia sul mio corpo ancora non era svanita. Purtroppo, il riscaldamento non era molto forte ed io non potei far altro che stringermi ancora di più nella giacca prestatami da Louis. 

"Il riscaldamento qui, non è dei migliori in effetti..."
Aveva notato il mio atteggiamento e si guardò intorno, richiamando l'attenzione di uno dei camerieri. 
"Mi scusi, può alzare il riscaldamento? La signorina, non sta molto bene e ha bisogno di un pò di calore in più"
"Certo, non si preoccupi."

Lo fissai per un attimo, il mio cuore iniziò a battere all'impazzata e i miei occhi assunsero un'espressione di stupore.

"Grazie..di nuovo."
Il suo sguardo si risollevò dal menù e mi sorrise.
"Non devi ringraziarmi, di certo non potevo lasciarti sotto la pioggia prima e poi ora ho alzato il riscaldamento per me, quella di te, era solo una scusa per poter convincere il cameriere."
Prese un cucchiaio e si specchiò al suo interno. Quel gesto mi fece scappare una piccola risata e misi una mano davanti la bocca per nasconderla. 
"Scherzavo, comunque."
"Credo di averlo capito."
Gli sorrisi, incrociando le mani sul tavolo. Vidi i suoi occhi illuminarsi e guardarmi in un modo unico, un modo in cui mai nessuno  prima aveva osato guardarmi. Quel gesto mi fece arrossire ed essere così felice, allo stesso tempo.
"Allora, cosa vogliamo prendere?"
Aprii in fretta il mio menù e gli diedi un'occhiata veloce.
"Io prendo un brodo caldo."
"Ok, perfetto, io un piatto di pasta."
Aspettammo il cameriere e gli dicemmo le noste ordinazioni.

Mangiai il mio brodo con calma. Era davvero squisito e per il mio corpo freddo era ottimo. Appena finii, posai il cucchiaio al suo interno e mi pulii la bocca con il fazzoletto affianco al piatto.
"Ero andata ad una festa.."
Louis alzò lo sguardo dal piatto e mi osservò.
"Ma non è andata nei migliori dei modi."
Dissi, abbassando immediatamente il mio sguardo.
"Le feste non sono sempre e solo divertimenti, sai? Può capitare, tranquilla."
Immediatamente poggiò una mano sulla mia. Mi immobillizai ed osservai quella sua azione. Notò quel pizzico di stento in me e la ritrasse immediatamente, continuando a mangiare.

Avrei voluto dirgli tutta la mia vita a quel ragazzo, ma qualcosa nel profondo mi bloccava e mi privava di quel coraggio che mi bastava per farlo. Ero sicura che mi avrebbe ascoltata, che non mi avrebbe giudicata e chissà, forse mi avrebbe aiutata. 

"Sai una volta, quando ero piccolo ruppi il vaso preferito di mia mamma, importato dalla Grecia..non puoi immaginare quante schiaffi mi diede. Ma credimi, io non mi lamento del dolore, più che altro per le risate che mi feci. Dovevi vedere la sua faccia, appena vide quel vaso in mille pezzi."
Scoppiò a ridere ed io lo segui con qualle risatina isterica, ma non dissi nemmeno una parola.
"Cos'è che ti blocca Diana? Fidati, a me potresti dirlo, io non giudico le persone per niente."
"Ho una storia un pò complicata, ecco. So che tu hai fatto molto per me, alla fine non sono altro che una sconosciuta qualunque, eppure non mi sento in grado di parlarti. Non offenderti, mi comporto così con chiunque."
Strinsi le mie mani fra di loro ed iniziai ad avere gli occhi lucidi. Louis, guardò avanti e non disse una parola, mentre insieme ci avviammo verso la stazione.

Entrambi dovevamo prendere il treno ma per destinazioni diverse.

"Diana, purtroppo, sono un tipo piuttosto insistente. Ti darò tutto il tempo che ti serve, ma ti prometto che un giorno ti libererò da questa tua gabbia invisibile e non avrei mai più paura di niente ,chiaro?"
All'improvviso mi prese le braccia e mi puntò davanti a se, costringendomi a guardarlo dritto negli occhi. Profondi come l'oceano, calmi ma allo stesso tempo pieni di mistero. Rabbrividi a quel gesto e non potei far altro che muovere la mia testa su e giù, nervosamente, come un cenno di "si".

"Treno diretto verso Cranfield in arrivo sul binario cinque."

Il treno di Louis arrivò.
"Ora ti devo salutare."
Mi lasciò, con una velocità inimmaginabile, un bacio sulla guancia per poi correre verso il binario.
"E non scordarti ciò che ti ho detto! È una promessa!"
Urlò da lontano, facendosi una croce sul cuore. Lo salutai con una mano, vedendolo allontanarsi.

Ormai la stazione era quasi completamente deserta. Mi sedetti su una panchina e aspettai ansiosamente l'arrivo del treno.

Dopo cinque minuti il mio cellulare iniziò a squillare. Era il veterinario.

"Pronto?"
"Ciao Diana, sono il dottor Payne, mi serve il tuo aiuto. Devi andare a prendere la lettera che è nel cassetto della mia scrivania e imbucarla immediatamente.
"Dottore, ma.."
"Ti prego Diana, è davvero urgente, mi ricorderò di avere un favore verso di te."
La voce del dottore era davvero disperata.
"Va bene, ci vado subito."

Correndo come una disperata mi diressi verso lo studio.

Ormai erano le tre. Le strade erano buie e silenziose ed iniziai ad avere paura. Aprii velocemente la porta dello studio e mi avviai verso l'ufficio. Apri il cassetto e presi la lettera. Per fortuna, proprio vicino allo stazione c'era una cassetta per la posta ed io non dovevo fare altro che inserirla al suo interno. Mi avviai fuori e chiusi a chiave lo studio.
"Diana.."
In preda al panico totale feci cadere le chiavi dalle mie mani e in seguito mi voltai. Era Liam. Sussultai di colpo.
"Come cazzo ti è venuto in mente di scappare dalla festa, così all'improvviso?"
Si avvicinò minaccioso a me, indietreggiai, sbattendo contro la porta alle mie spalle.
"Tu non puoi immaginare la figura di merda che ho fatto con i miei amici. Gli avevo detto che avrei portata una ragazza bellissima, ma al mio fianco non hanno visto nessuno."
Mi intrappolò fra lui e la porta dietro di me. Il suo alito puzzava di alcool, era ubriaco. 
"Scusa, non mi sono sentita bene."
"Sai cosa me ne faccio delle tue scuse." 
Diresse un pugno diretto verso il muro, facendo salire il mio cuore in gola.
"Ma forse, un cosa per farti perdonare c'è."
Poggiò una mano sul mio viso e mi accarezzò, facendola scendere, in seguito, fino alla coscia.
"Lasciami Liam!"
Gli urlai. In quel momento le urla erano la mia sola speranza.
"Non ci penso proprio."
In un attimo le sue labbra erano sulle mie ed iniziò a baciarmi con foga. Strinsi le mani lungo i miei fianchi in pugni e gliene indirizzai uno, dritto sulla guancia destra. Questo bastò a farlo allontanare da me e permettermi di scappare.
"Brutta stronza, torna qua!"
Urlò, con una voce piena di dolore.
La quantità di adrenalina presente nelle mie vene era unica. Per la prima volta, mi ero sentita indistruttibile. Che la promessa di Louis fosse già iniziata?

He was magneticWhere stories live. Discover now