11° Capitolo

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Forse quel bacio sarebbe dovuto esserci il giorno del nostro primo incontro o forse non sarebbe mai dovuto accadere. Il destino, tuttavia, aveva deciso che accaddesse, il destino aveva deciso il luogo, la circostanza e il momento. Gesti involtari e impulsivi erano stati i nostri. Nessuna imposizione, nessuna volontà. L'eterno era il mio pensiero fisso in quel momento. Non importava se l'ambiente era malsano e sudicio, ero con Louis e questo basta. Si staccò improvvisamente dalle mie labbra lasciandomi in una stato di confusione. 

"Come sempre, sono troppo impulsivo."

Girò il volto dall'altra parte, cercando di evitare in tutti i modi il mio sguardo. La situazione era caduta nell'imbarazzo, desideravo dire qualcosa di sensato, qualche commento, ma l'unica cosa che riuscii a dire fu: "Sono stanca, mi riporti a casa?"

Il viaggio verso casa mia fu silenzioso, tremendamente silenzioso.

Parcheggiò nel vialetto e mi salutò con un semplice: "Ciao Diana, ci vediamo domani nel treno. Solito posto, solita ora."

Quelle sue parole mi sembrarono troppo spontanee, simili a quelle di due semplici conoscenti e sapevamo entrambi che non era più così da un pò. Mi aspettavo un bacio, pretendevo un bacio. Restai immobile per alcuni secondi aspettando qualche gesto. Tutto ciò che ottenni furono le sue labbra poggiate sulla mia fronte. Mi sentii stranamente stupida, tutto qui.

Quella notte dire che non dormii neanche un pò mi sembra abbastanza scontato. Troppe, davvero troppe cose erano accadute il giorno precedente. 

Avevo un solo pensiero fisso: Louis.

Louis, era un mistero. Mi desiderava, ma non mi desiderava. Voleva aiutarmi, ma non voleva aiutarmi. Voleva essere vicino al padre, ma non voleva essere vicino al padre.  Era, insomma, un controsenso umano. 

Mi svegliai con un mal di testa tremendo e sbarrai gli occhi quando mi tornò in mente l'unica cosa veramente importante in tutta quella situazione: il mio lavoro.

Tornare a lavorare in quel posto, con Julie? Pazzia, non lo avrei fatto per nulla a mondo. Addio studio veterinario, addio Julie. Ero giovane, un pò strana e imbranata ma avevo ottimi requisiti, non avrei dovuto avere troppi problemi a trovare un nuovo posto. Mi decisi, così, a chiamare il veterinario dicendogli che mi licenziavo per problemi vari.

Libera, ero libera.

Esposi questa decisione alla mia famiglia che non la prese per niente bene. Del loro parere di certo non me importava, io avevo bisogna di qualcosa adatta a me e al mio problema.

Quella mattina l'aria era più fredda del solito e indossando una leggera sciarpa decisi di andare a fare una passeggiata. 

Le strade della mia città erano da sempre molto affollate, un andirivieni di automobili e persone ricche di frenesia e stress. Quel tipo di stress che entra nelle vene e diventa veleno rendendoci tutti rabbiosi e aggressivi. Cittadini come tutti gli altri dopotutto, con i propri problemi e le proprie felicità. 

Molte volte quando si cammina ci si distrae, si pensa a tutt'altro. Forse perchè camminare è un'attività abituale che non richiede poi tanta concentrazione. In quell'occasione capitò una cosa del genere ad una signora di fronte al mio cammino. 

Inciampò su un piccolo rialzo del marciapiede facendo cadere la sua borsa della spesa. Educatamente mi avvicinai e la aiutai.

"Grazie mille, sono una sbadata."

Alzò il suo volto e ci guardammo per qualche secondo. 

Aveva tratti di una persona che conoscevo, tratti di una persona del mio passato. Era Alice.

He was magneticWhere stories live. Discover now