DICIANNOVE

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Piccole gocce di pioggia iniziavano a battere piano sulla finestra della camera di Luke, creando un rumore per niente insopportabile. Gocce che, però, non erano niente in confronto alle tante lacrime che aveva pianto Luke nella notte passata.
Da quando si era rintanato nella sua stanza, aveva affondato il viso nel cuscino e non aveva più messo piede giù di sotto. I ragazzi erano saliti più di una volta per vedere come stava, e gli avevano lasciato persino la cena su un vassoio fuori dalla porta, con un bigliettino che lo aveva fatto sorridere un po'.
Si era addormentato finalmente verso le quattro di notte, sfinito, ma alle sei in punto del mattino si era risvegliato. Aveva pensato che non doveva più piangere per quel ragazzo che purtroppo gli piaceva. Lui era fatto così, era sensibile; suo fratello Jack, per fare un esempio, se fosse stato arrabbiato, avrebbe urlato, imprecato e mandato a quel paese chiunque gli sarebbe capitato a tiro, ma lui no. Lui, invece, si sarebbe chiuso nella sua camera, e se la situazione sarebbe stata veramente grave o importante, allora avrebbe anche pianto.
Ma questa volta aveva bisogno di sfogarsi, di parlare con qualcuno.
Si erano fatte ormai le 9.00 di domenica mattina. Lisa doveva essere già uscita di casa per andare alla consueta messa domenicale, mentre Calum ed Ashton dovevano essere ancora sotto alle coperte e ci sarebbero rimasti almeno fino alle 10.30, come facevano di solito tutti i weekend.
Perfetto, perché Luke doveva parlare con Lorenza, e doveva farlo in tranquillità.
Quando scese al piano di sotto, la trovò in salotto, seduta a gambe incrociate sul divano. Indossava uno dei suoi soliti pigiami di Primark, questa volta a forma di pecora, e stava guardando un vecchio episodio di Hannah Montana su Disney Channel. Rideva ad ogni battuta pronunciata da Miley Cyrus.
Ad un certo punto la bionda si accorse della presenza di Luke sulla soglia.
<Lukey, ciao! Che bello vederti in piedi!> esclamò, e si affrettò a mettere in pausa la puntata che stava andando in onda in televisione.
<Hannah Montana?> le chiese l'australiano.
<Già. Non mi stancherò mai di guardare quel telefilm. C'è tutta la mia infanzia lì dentro.>
Lui annuì. <Vabbé, non ti disturbo, allora.>
<No, no, tranquillo, lo so a memoria questo episodio.> La ragazza ridacchiò e questa volta spense del tutto la televisione, facendo poi cenno al suo amico di sedersi sul divano.
Luke si accomodò accanto a lei, titubando però ancora leggermente. <Lorenza, io posso parlare con te, vero?> le chiese, per sicurezza.
<Certo, Lukey. Per qualsiasi cosa io ci sono.> Gli rivolse uno sei suoi soliti sorrisi, che trasparivano fiducia, e poi si sedette meglio sul divano in modo da vedere bene il suo coinquilino in faccia. <Vai, spara tutto.>
Ecco un aspetto positivo che c'era nel confidarsi con Lorenza: molto persone chiedevano "come é andata?", oppure "é successo qualcosa?" o "tutto bene?" prima di capire che qualcosa non andava, ma lei no. Lei andava direttamente al sodo, perché sapeva già se era successo qualcosa. Forse era l'intuito femminile, chi lo sapeva, però lei riusciva sempre a capire quello che passava nella testa di una persona prima ancora che quella aprisse bocca.
Così Luke le raccontò tutto, dall'arrivo in casa di Michael a quando era corso via, senza tralasciare alcun particolare. Lorenza lo ascoltò attentamente, in silenzio, senza interromperlo, proprio come aveva fatto venerdì notte.
<Che bastardo!> esclamò poi la ragazza quando lui finì di parlare. <Sono senza parole, non me la sarei mai aspettata da lui. Non lo conosco molto, ma non credevo che potesse arrivare a tanto.>
Luke fece un sorrisetto amareggiato. <Nemmeno io. Sono stato uno stupido a prendermi una cotta per lui.>
A quelle parole l'italiana allungò prontamente una mano verso quella del suo amico, incitandolo così a guardarla dritta negli occhi. <Ehi, Lukey, non fare quella faccia. Suppongo che tu abbia già pianto abbastanza lacrime questa notte, e credo che bastino. Non meriti di soffrire tanto per colpa di Michael.>
<Tranquilla, ci sono abituato> disse lui facendo spallucce.
In questo modo attirò la curiosità di Lorenza, che lo guardò confusa.
<É da quando ho iniziato le superiori che vengo preso in giro dai miei coetanei> le spiegò. <Per cosa, poi? Perché sono più timido di loro, perché vado bene a scuola, perché non vado alle feste e mi ubriaco, perché non so andare su una tavola da surf come loro, persino perché ho i capelli pettinati così. Ma, accidenti, Lorenza, ti sembro che io faccia così schifo se sono così?>
<No, Lukey, assolutamente no> gli rispose lei, in tutta sincerità. <Quelle sono solo alcune delle tue caratteristiche, e sono bellissime, perché ti rendono unico. Tutti noi siamo unici ed irripetibili, e anche se ci sforziamo di assomigliare ad altri saremo sempre diversi da loro, perché non siamo fatti con lo stampino.>
<E allora perché certe persone si comportano così?>
<Perché sono ignoranti, superficiali, stupidi ed infantili, e non riescono a vedere al di là di come uno appare. Oppure lo fanno apposta, per divertirsi un po', perché pensano di essere simpatici.> Fece una pausa. <Quando avevo tredici anni ed andavo alle scuole medie i miei compagni di classe maschi mi dicevano spesso: "che bella che sei, Lorenza", "sei proprio figa, Lorenza", "sei la più bella della scuola", e via dicendo. Ma non lo dicevano per farmi un complimento, lo dicevano solo perché secondo loro non ero carina come altre mie compagne e balle varie.>
<Erano solo dei ragazzini in pieno inizio dell'adolescenza> cercò di obiettare Luke.
Lorenza, però, non sembrava essere proprio così d'accordo. <Due anni fa, seconda superiore> continuò la ragazza. <Non avevo ancora cambiato sezione, Elena era ancora in classe con me, e noi due eravamo amiche con Alessandro e Monica. Se ti ricordi, avevo già detto che la mia vecchia classe era formata da un gruppetto di ragazze un po' frivole, che noi chiamavamo "oche", e per lo più capeggiato dalla ragazza più insopportabile della classe, ma c'erano anche altre compagne che invece si salvano. Abbastanza verso l'inizio dell'anno, le "oche" avevano preso pesantemente in giro Alessandro per un fatto che gli era successo e che ancora mi chiedo come loro abbiano fatto a scoprirlo, visto che noi che eravamo più sue amiche non ci eravamo fatte sfuggire niente di bocca. Fatto sta che Lena si infuriò così tanto e si scontrò con la loro leader. Per almeno una settimana quest'ultima non evitò di lanciare frecciatine e provocazioni alla mia migliore amica, fino a quando Elena non le ha chiesto scusa e quel che era successo era successo. Basta, capitolo chiuso.>
<E poi?>
<Poi, da lì é iniziato tutto il resto. Quelle oche ogni santo giorno - e, credimi, ogni dannato giorno -, guardavano nella nostra direzione, o comunque alludevano ai miei amici e a me, ed esclamavano: "che puzza che c'è in questa classe", "certa classe dovrebbe proprio lavarsi", "porca troia, ma che puzza! Eppure non ci sono nemmeno tutto quelli che la fanno". Tutto questo solo perché eravamo più timidi e riservati di loro, perché magari ce ne stavamo un po' in disparte, perché non andavamo in discoteca, non eravamo popolari, e io per di più prendevo un sacco di voti alti.
<Tutto d'un tratto eravamo diventati invisibili per il resto della classe, quattro poveri sfigati, insomma. Pensa che io e Monica facevamo un corso pomeridiano di potenziamento di inglese, e insieme a noi c'erano anche tre ragazze del famoso gruppetto. Quando arrivarono le settimane prima dell'esame, noi dovevamo dire ai prof che un giorno saremmo state assenti dalle lezioni per quel motivo, e alla domanda "in quante siete a farlo?", quelle tre stronze avevano sempre la prontezza di rispondere: "siamo in tre". Perché noi due non esistevamo per loro, non contavamo, si ricordavano di noi solo per chiedere un suggerimento nella verifiche o per copiare un compito. E io che non riuscivo a farmi valere, che non riuscivo a dire: "no, in realtà siamo in cinque a fare quell'esame", e sputtanarle così di fronte a tutti una buona volta. Mi promettevo che prima o poi avrei imparato la lezione e ce l'avrei fatta.> Prese un attimo fiato, con gli occhi che iniziavano ad essere leggermente lucidi. <Avevo iniziato ad alzarmi controvoglia per andare a scuola, perché avrei dovuto trascorrere sei ore insieme a quelle orribili persone. Temevo che l'anno successivo avrei incontrato delle persone simili, quando avrei dovuto cambiare classe. Intanto la stronzissima voce di quelle oche era giunta anche fino alle orecchie delle compagne che noi chiamavamo "innocue". Del resto come si faceva ad evitare, stando nella stessa classe?>
<Perché? Cos'altro é successo?> le chiese Luke, ansioso. Stava già provando un sacco di dispiacere per lei per quello che gli stava raccontando. Non avrebbe mai immaginato che una ragazza così estroversa e solare come Lorenza nascondesse invece un passato non troppo lontano in cui aveva vissuto degli atti, seppur non così tanto gravi, di bullismo.
<Dopo le vacanze estive, ormai in terza superiore, sarei dovuta venire qui a Canterbury in settimana studio. Prima della fine della scuola bisognava fare le sistemazioni nelle famiglie inglesi, in gruppi da due o tre persone per famiglia. Elena, Monica ed Alessandro non sarebbero venuti, così io avevo dato alla prof che organizzava il viaggio i nomi di altre quattro compagne con cui sarei potuta stare in casa per una settimana, ma su quattro solo una era d'accordo a stare con me. Le altre non la presero bene, dissero che avrebbero dovuto abituarsi all'idea, come se io non avessi dovuto farlo a mio volta, e volevano mandarmi in stanza con una delle "oche", perché lei era rimasta senza compagna.
<Ero arrivata al punto di rinunciare al viaggio talmente mi sentivo esclusa da tutti, però poi ci ho pensato un'intera estate. Alla fine capì che non vedevo nessuna ragione per cui avrei dovuto rinunciare a quel viaggio. Era qualcosa che volevo veramente, e chi ero io per mettere da parte i miei sogni solo perché a qualcuno non andava bene la mia presenza? Ero, e sono il quella che decide ciò che é giusto per me. Avevo già rinunciato a frequentare una scuola più prestigiosa per colpa del giudizio dei miei professori della medie e per una mia compagna dalla faccia come il sedere con cui non volevo più ritrovarmi in classe, ma non avrei rinunciato anche questa volta.>
Luke annuì, comprensivo. <Dopo questo, ti sono successi altri episodi simili?>
<Bé, sì> rispose lei! dopo aver sospirato. <L'anno scorso, terza superiore. Avevo cambiato classe, per quel caos delle classi che era successo e che ti ho già accennato quando ti ho raccontato di Elena e Denise. Lena non era più in classe con me, quindi. All'inizio mi trovavo abbastanza bene, e ancora tutt'ora con alcune compagne più simili a me, che mi scrivono persino ogni tanto adesso che sono qui in Inghilterra. Ma il resto delle mie compagne, dopo un po' di tempo e dopo aver visto come sono, hanno iniziato a rivelarsi per quelle che sono veramente, ovvero delle false opportuniste, che vengono a cercarti solo per chiederti un compito o un suggerimento nella verifica o anche una spiegazione di una lezione perché, povere tesorine, non capiscono mai, ma che poi ti parlano alle spalle, e ti criticano per come sei vestito, per come sono pettinati i tuoi capelli o per i voti che prendi a scuola, ed hanno iniziato a prendermi in giro.
<Ogni giorno sentivo chiamare il mio nome dalle loro stupide voci almeno dieci volte come minimo, solo per il gusto di rompermi le balle e vedere se la "stupida" si sarebbe girata, con i professori che ovviamente si fingevano tutti sordi e non sentivano mai. Hai idea di quanto possa essere snervante sentirti chiamare tutti i santi giorni per scherzo, quasi come una sorta di bullismo, e se lo fai presente a qualcuno questi ti dicono che loro in classe non ne vedono alcun segno? Bé, lo é, e molto, anche.
<Ma non solo. Ne ho subite di tutte i generi: mi hanno svuotato la cartella per dispetto un sacco di volte, spargendo i libri e i quaderni per tutta la classe e gettando le penne dell'astuccio nel cestino dell'immondizia, mi hanno tirato dei libri addosso, una volta anche in testa, hanno cercato di spingermi giù dalle scale almeno un paio di volte... Dicevano che nell'aspetto assomigliavo alla prof di spagnolo e avevano iniziato anche a chiamarmi "la figlia della prof" , ma il peggio é stato quando ho scoperto che praticamente tutto il mio piano sapeva di questo soprannome. Non potevo nemmeno camminare in santa pace in corridoio durante l'intervallo perché mi sentivo troppe risatine e troppi commenti addosso.
Non sai che sollievo é stato per me allontanarmi per un po' dalla mia solita vita, da quella scuola e da quella gente, e venire qui.>
Alcune piccole lacrime sfuggirono dagli occhi scuri di Lorenza. Mentre raccontava si riusciva a capire che lei aveva sofferto per quello che quei ragazzi credevano essere un divertimento.
Luke provò un certo dispiacere e una certa tristezza per la sua amica. Non si meritava tutto ciò, era semplicemente una brava ragazza, diligente e determinata nei suoi obiettivi.
Si sporse verso di lei in modo da accarezzarle calorosamente un braccio. <Posso capirti, Lore. Veramente. In tutti i miei diciassette anni di vita che ho vissuto a Sidney, non ho mai avuto un amico, o una persona che si potesse considerare tale. Da quando ho messo piede al liceo, la maggior parte dei ragazzi mi hanno subito etichettato come "sfigato", "secchione", "perdente", eccetera. Tutte le persone che incontravo dopo poco tempo mi snobbavano, mi prendevano in giro, mi escludevano. Tutti, nessuno escluso, e io non sapevo cosa fare. Mi chiedevo perché ce l'avessero tutti con me, perché proprio io? Cosa avevo di così sbagliato? Avevo forse scritto sulla fronte "prendetemi in giro, tanto sono uno sfigato?"
<L'anno scorso, però, verso l'inizio della scuola, avevo conosciuto un ragazzo appena arrivato nella mia scuola. Non conosceva nessuno, ed era timido e solitari, proprio come me. Eravamo molto simili, avevamo molti aspetti in comune per poter essere amici. Quella fu l'unica volta in cui pensai di aver incontrato un amico vero, ma mi sbagliavo. Mi sbaglio sempre io, purtroppo. Proprio quando pensavo di potermi fidare quasi ciecamente di lui, lui mi ha... Lui si é...>
Si bloccò. In quell'attimo rivide davanti a sé i suoi compagni di scuola, con le loro risate da stupidi mentre lo guardavano divertiti. Rivide il ragazzo che lui aveva chiamato "amico" accanto ai bulli della scuola, che lo osservava fingendosi uno di loro mentre il suo voltò tradiva un'espressione dispiaciuta nei suoi confronti. Rivide il volto preoccupato dei suoi genitori quando lo raggiunsero in presidenza, rivide se stesso mentre chiedeva a Liz e ad Andrew di finire l'anno da privatista e li convinceva a farlo partire per l'Inghilterra per realizzare un suo sogno ma anche per togliersi così dalla sua solita vita.
Fu assalito da un lieve improvviso attacco di panico. Iniziò a sudare, si sentì mancare l'aria e le parole gli morirono in bocca.
<Luke! Luke, porca zozza, no!> Lorenza corse ad acchiappare una rivista e la usò come ventaglio per fare aria al suo amico. <Tranquillo, Lukey. Respira. Fai dei bei respiri profondi.>
Lui fece come gli aveva consigliato la ragazza, e si riprese con una certa velocità.
<Scusami, Lore. Non mi era mai più successa una cosa del genere da quella volta> si scusò poi.
<Non devi scusarti, può succedere. Vuoi un bicchiere d'acqua?>
<No. No, grazie, non serve.>
<Tranquillo, non andare avanti a raccontarmi cosa é successo. Me lo dirai un'altra volta, se ti sentirai di farlo.>
Luke annuì. <Grazie. Questo però riesco a dirtelo: lui alla fine ha tradito la nostra amicizia, se posso chiamare così il rapporto che avevamo, e ha preferito stare dalla parte dei ragazzi più popolari, umiliandomi di fronte a tutta la scuola.>
<Un'altro esempio di faccia da posteriore, come Monica, quella che pensavo fosse mia amica. Anche lei, quando abbiamo cambiato classe, si é dimostrata essere una falsa e ha preferito farsi amiche le mie compagne più popolari. É sempre più comodo mettersi dalla parte del più forte; sei rispettato, ottieni attenzioni da molte persone in senso positivo, e ti senti importante. Ma credimi, Lukey, stare con quelli che si credono superiori a chi é diverso da loro, sono soltanto persone fragili e alla ricerca di attenzioni, che non hanno le palle di decidere e agire di testa loro. É molto più coraggioso essere come sei, con i tuoi pregi, i tuoi difetti, i tuoi ideali, e quindi anche diverso dalla massa, che essere come loro, ovvero solo un povero gregge di capre.>
<Davvero Monica ti ha rivoltato le spalle per stare con quelle lì? Dopo tutto quello che avevate vissuto insieme?> le chiese Luke.
Lorenza annuì. <Ma non mi importa più di tanto di averla persa, un'amica falsa come lei preferisco perderla che tenermela. Mi dispiace più che altro per lei, perché a volte per ricevere attenzioni, da una parte si finisce con il frequentare persone che molto difficilmente diventeranno delle vere amiche, ma dall'altra si perdono così quelli che in realtà sarebbero stati veramente dei veri amici. Ma ognuno fa le sue scelte, e prende le proprie facciate.>
A quel punto rimasero un attimo in silenzio, Luke ad osservare l'espressione pensierosa di Lorenza, e Lorenza a fissare il tappeto persa in chissà quali pensieri e ragionamenti.
Poi, l'italiana ritornò in sé, e guardò bene negli occhi il ragazzo di fronte a lei. <Non so se tu hai mai letto "Il buio oltre la siepe". Io sì, e leggendolo ho imparato un paio di cose. Una é racchiusa in questo pezzo del libro: la piccola Scout, ad un certo punto, chiede al padre se lui sia veramente un negrofilo, e lui le risponde: "certo che lo sono. Faccio del mio meglio per essere amico di tutti, e ti assicuro che a volte é difficile. Bimba mia, non é mai una vergogna sentirsi buttare addosso una parolaccia. Dimostra soltanto quanto sia meschina la persona che te la dice.">
Accidenti, ricordava esattamente le parole che aveva usato l'autrice. Lui aveva letto ormai un sacco di volte "Cime Tempestose" e "Orgoglio e Pregiudizio", e c'era eccome un gran numero di frasi ed episodi che lo avevano più colpito ed emozionato e che sarebbe sicuramente riuscito a ritrovare con molta facilità avendo tra le mani il libro, ma sinceramente non ricordava alla perfezione le parole esatte con cui erano scritte quelle frasi.
<Io le ho interpretate come delle parole di conforto e di incoraggiamento per ciò che avevo vissuto e sofferto> continuò la ragazza. <Se qualcuno ti prende pesantemente in giro, Luke, o, peggio ancora, ti bullizza, non avere paura di parlarne con qualcuno. Io l'ho fatto con i miei genitori, e loro hanno cercato in tutti i modi possibili di aiutarmi. E poi non devi sentirti una brutta persona solo perché degli stupidi ti umiliano di fronte a tutta la scuola o se un ragazzo che conosci da solo un mese ti chiama frocio, perché sono loro le brutte persone, ignoranti, che non riescono a capire quello che stanno facendo. Non lo dimenticare mai questo, Luke. Mai.>
Luke notò che a Lorenza pulsava lievemente una vena sulla tempia quando era seria, e che non lo aveva chiamato Lukey. Quelli erano solo dettagli, però. Notò che dietro a quella ragazza piccolina con quell'aria un po' da maschiaccio e ribelle si nascondeva una brava ragazza, intelligente, con sani principi, sicuramente i suoi genitori saranno stati orgogliosi di lei e una specie di piccola filosofa, ma anche una ragazza con segreti, non solo quelli che gli aveva già svelato, e, chi lo sapeva, paure e sogni. Era una ragazza tutta da scoprire.
L'australiano le rivolse uno dei suoi sorrisi più sinceri, infinitamente grato.
Lei ricambiò, ma dopo pochi secondi l'australiano la vide sorridere sotto i baffi.
<E ora perché ridi?> le domandò, incuriositosi.
<Rido perché, sinceramente, penso che le ragazze australiane abbiano almeno una dozzina di fette di prosciutto sopra agli occhi, per non vedere che sei un bel ragazzo.>
Luke, ovviamente, la guardò come se avesse appena finito di contare una balla colossale.<Cosa fai? Mi prendi in giro anche tu, ora?>
<Niente affatto, ti sto dicendo la verità. Magari non saprai cavalcare le onde dell'oceano su una tavola da surf, però sei gentile, dolce, sei veramente adorabile quando arrossisci, hai un bel po' di neuroni in testa, e questo é raro nei maschi, soprattutto alla nostra età, e poi hai due occhi azzurri così incantevoli e un sorriso contagioso quando decidi di mostrarlo al mondo intorno a te. Credimi, non lo sto dicendo solo perché sono tua amica.>
Lui non sembrò ancora del tutto convinto, anche se, sotto sotto, arrossì lievemente a quelle parole.
<Non ti ho più chiesto come é andato il tuo primo viaggio a Canterbury, però> le fece notare poi, per togliersi da quell'argomento imbarazzante per lui.
Lorenza schiuse le labbra in uno dei suoi soliti sorrisi. <Benissimo, altrimenti non sarei qui ora. Le mie compagne, alla fine, avevano accettato la cosa, si sono comportate molto gentilmente, e io mi sono trovata benissimo. Il più delle volte quello che ti aspetti si rivela essere l'esatto contrario.>
L'australiano ricambiò il suo sorriso. <Meno male, sono felice. Anche perché se no tu non saresti partita per il viaggio studio, non ti saresti innamorata di questa cittadina, non saresti ritornata qui l'anno dopo é io non ti avrei conosciuto.>
<Eh già! Cosa faresti ora senza di me, vero, Lukey?> ridacchiò la bionda, fingendo una certa modestia.
Luke rise insieme a lei. <A parte gli scherzi, non saprei veramente cosa farei senza di te. Non avrei mai pensato che avessimo così tante cose in comune, e poi sei sempre disponibile ad ascoltarmi se voglio sfogarmi per qualcosa che mi é successo o a darmi un consiglio, e non mi attacchi subito giudicandomi. Sei la migliore amica che avrei sempre desiderato di avere al mio fianco. Posso chiamarti migliore amica, però?>
Lei ridacchiò. <Certo, Lukey! Sono lusingata che tu mi voglia considerare come la tua migliore amica. Spero di non deluderti in nessun modo.>
<So che non lo farai.>
<Oh, Lukey!> Lorenza a momenti stava per commuoversi. <Vieni qui, ci vuole un abbraccio, migliore amico> lo incitò poi, spalancando le braccia.
Luke la strinse forte, e lei ricambiò il gesto. Riusciva benissimo a respirare il suo profumo. Era dolciastro, e sapeva di geranio e rosa, perfettamente adatto per una ragazza, mischiato un po' a tracce di deodorante alla frutta. Gli parve così familiare, rassicurante.
Poi, pensò che era veramente indescrivibile la sensazione di chiamare qualcuno "amico", ma lo era ancora di più sentirsi chiamare lui stesso amico, migliore amico.
In quel momento si sentì un rumore di chiavi infilate nella serratura, e un aprire e chiudersi della porta d'ingresso. Subito dopo Lisa passò davanti al salotto.
<Ciao, ragazzi> li salutò, accorgendosi della loro presenza nella stanza. <Ho dimenticato sulla credenza i soldi per le offerte per i poveri. Sono corsa subito a casa per prenderli.>
Scomparve in cucina, e due secondi dopo si riaffacciò sulla soglia del salotto. <Luke, dimmi: come sono andate le ripetizioni con Michael?> chiese curiosa al diciassettenne. <Ieri sera non ho avuto modo di chiedertelo perché non ti sentivi tanto bene.>
"Già, non mi sentivo tanto bene... Però non era del tutto una frottola." Luke esitò un istante, indeciso se raccontarle un'altra bugia o dirle la verità.
Fortuna che Lorenza arrivò prontamente in suo aiuto. <É andato tutto alla grande. Lukey mi stava giusto raccontando di come Michael gli ha spiegato Platone. Così chiaro, facile e senza troppi giri di parole: un perfetto professore. E ora il nostro australiano stava per dirmi tutto, ma proprio tutto, su ciò che aveva appreso così perfettamente sul filosofo greco. Penso che mi rinfrescherò un po' la memoria.> Finita la sua recitazione, l'italiana si voltò velocemente verso il suo coinquilino e gli strizzò l'occhio in segno d'intesa con altrettanta velocità, prima di voltarsi nuovamente verso la donna.
Luke le sorrise e le sussurrò un "grazie" a fior di labbra.
Da quel giorno sapeva ormai con certezza che avrebbe sempre potuto fidarsi ciecamente e contare su Lorenza Rossi.
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SPAZIO AUTRICE
Ciao, people! Come state? Spero bene. Io insomma, diciamo che potrebbe andarmi meglio.
Scusatemi, scusatemi, scusatemi, e scusatemi se ci ho messo così tanto per aggiornare, ma sono sommersa di verifiche ed interrogazioni ultimamente, non so nemmeno io come ho fatto a trovare un briciolo di tempo per aggiornare oggi... Infatti non dedicherò molto tempo al mio spazio oggi perché devo subito correre a studiare inglese madrelingua per domani. 😭😭 Probabilmente il capitolo non vi piacerà molto, e rileggendolo non mi convince nemmeno a me appieno per come l'ho scritto, però volevo includerlo, perché in questo modo volevo trasmettere un messaggio in cui io credo: "sii te stesso, sempre. Se gli altri ti accettano, bene, se non ti accettano e ti deridono per quello che sei, pazienza. Non potrai piacere a tutti, però non vedo perché dover cambiare se stessi solo per piacere a quattro stupidi. Essere diversi é molto meglio di essere tutti uguali." Il resto di quello che penso io é scritto nel capitolo.
Ora vi lascio, devo scappare, veramente. Chissà cosa succederà nel prossimo capitolo. Michael vedrà i suoi amici e spaccherà il muso a Tom? E poi, riuscirà a parlare con Luke o no?
Grazie infinite a tutti voi che votate e commentate sempre la mia storia. Se questo capitolo pietoso vi é piaciuto, mi farebbe molto ma molto piacere se lasciaste votini e commentaste con qualche commentino carino, perché oggi non sono molto su di morale. 😞😢
Ah, per finire: dedico il capitolo a __saraisapenguin__ , perché mi ha fatto sorridere e sentire contenta e lusingata quando mi ha detto di aver immaginato durante l'ora di storia a scuola cosa succedeva nei prossimi capitoli. 😘
Ciao, people! Spero a molto presto! ❤️
P.s: se non lo avete ancora fatto, e se vi va, seguitemi su instagram. Sono @RunawayMarty. Ricambio, obviously. 😁✌️

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