32.

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"Chi dice che non vale la pena lottare per un amore che si pensa non possa durare a lungo, spesso dimentica che anche la vita è relativamente breve e volgerà a termine, ma non per questo non la si vive il più possibile."
-Cit.

Ok...
Niente di cui preoccuparsi, no?
Era solo una banale lettera, per un banale incontro pomeridiano, con il banale amico-stretto/ragazzo/non-so-come-chiamarlo della tua banale migliore amica con cui hai fatto da poco una banale rissa.
Giusto? Banale.
Tutte questo gironzolava nella testa di Hermione, mentre con il foglio ancora in mano, che era chiaramente scritto con la calligrafia di Ginny, fissava il vuoto in cerca di una spiegazione logica a "quell'appuntamento".
Draco invece, da grande serpeverde qual era, se ne stava accucciato vicino al comodino di Blaise, a cercare di trovare un giusto modo per farlo esplodere quando quest'ultimo ci avesse appoggiato sopra uno dei suoi pregiatissimi e costosissimi profumi.
«Malfoy. Non sei d'aiuto.» Hermione era parecchio innervosita dalla totale non-collaborazione che il suo NonSoCosa dimostrava verso di lei.
Draco, a sentire il suo cognome alzò immediatamente la testa, e per un millesimo di secondo ad Hermione sembrò di veder passare nelle sue iridi azzurre, un lampo di tristezza, ma come appena detto, fu solo un attimo perché il suo volto torno privo di espressione e le sembrò come se quel muro che aveva faticato a togliere si stesse ricostruendo, più forte di prima.
«Granger, non serve a niente che ti scervelli così. Non ci andrò.» le disse infatti sprezzante. Era incredibile come, qualche minuto prima, in ogni sua parola c'era quel non so che di dolcezza e invece in quel momento... Puff. Più niente.
«Oh, caro il mio furetto, non serve che me lo dici tu. Te lo avrei impedito io stessa.» rispose orgogliosa, con quella fierezza mista a superiorità e orgoglio tipica dei grifondoro. «Infatti» continuò facendosi comparire sul viso un sorriso vittorioso «Ci andrò io.»
Draco cadde come dalle nuvole e si dimenticò pure di come lei l'aveva chiamato col suo cognome, che da tempo era arrivato a detestare, per poi prenderla per le spalle e fissarla dritto negli occhi.
«Tu non andrai da nessuna parte. Chiaro?» dichiarò lui, ma Hermione nemmeno l'ascoltò che gli diede una spinta per scrollarselo di dosso. Se c'era una cosa che odiava era che qualcuno le desse degli ordini, o che soprattutto le si impedisse di fare qualcosa, e se Draco, lunatico com'era, aveva intenzione di tenerla chiusa lì dentro, aveva trovato la ragazza sbagliata.
«Io faccio quello che mi pare, chiaro?» scandì lentamente lei. Braccia incrociate al petto e testa alta in segno di sfida.
Grifondoro.
Draco, pur non conoscendola così a fondo come i suoi amici, aveva previsto quella risposta.
Quando mai Hermione Granger non fa qualcosa perché qualcuno glielo impedisce.
«Non costringermi a schiantarti, Granger.» la minacciò puntandole un dito contro, e solo in quel momento si rese conto che la sua amatissima bacchetta di biancospino sfoggiava nella mano della ragazza che, con un tono vittorioso, lo prese in giro: «E con quale bacchetta avresti intenzione di farlo?»
«Hermione..» Draco prese un lungo respiro «Ascolta, non so come siamo arrivati a questo punto per una stupida lettera, ma perché non facciamo finta di niente, la ignoriamo e ci sdraiamo un po sul letto?» aprì le braccia a segno di invito a stringersi a lui, ma Hermione, con un sorriso dispiaciuto in volto, scosse la testa.
«Senti.. Non so perché ti stia ostinando a cercare di non mandarmi da Ginny, ma ti avverto che io ci andrò, che tu lo voglia o no.» gli spiegò nel modo più gentile possibile «È mia amica... Non mi farebbe mai del male. Non c'è alcun pericolo.»
Draco tacque. Sapeva che non c'era pericolo per lei a mandarla a questo incontro, ma c'era un pericolo per lui.
Se Ginny e Hermione avrebbero fatto pace, lui l'avrebbe persa ed era troppo egoista per accertarlo.
«Resta.» la supplicò. «Ti prego..»
Si era ridotto davvero in basso, è vero, ma non poteva permettere che lei se ne andasse. Non poteva e basta. Non l'avrebbe retto.
Hermione si avvicinò a Draco, illudendolo per un secondo che avesse preferito lui a quella... a quella piattola, ma quando lei gli accarezzò il volto e poi si allontanò piano, gli sembrò di sentire il suo cuore fermarsi.
«Tornerò presto.» gli assicurò.
Però Draco si era fatto indietro e scuoteva la testa, ridendo. Una risata che in realtà non aveva nulla di gioioso, anzi era tirata e nervosa; uno sfogo.
«No, non è vero. Non lo farai.» quasi gridò contro di lei.
«Ma che cavolo vai blaterando?»
Draco si fece improvvisamente serio.
«Hermione se uscirai da quella porta, ti avverto, questa sarà l'ultima volta che vi entrerai.» la minacciò stringendo i pugni per contenere la rabbia.
Hermione lo guardò negli occhi, riconoscendo di nuovo quel vecchio Draco che aveva tanto odiato negli anni passati, quello freddo, quello insensibile e maligno, non più la persona che aveva incominciato ad... Amare.
Lentamente abbassò lo sguardo e gli diede le spalle, dirigendosi verso la porta in legno che segnava la fine della sua storia con Draco.
Già, perché come aveva detto un giorno Silente, prima o poi sarebbe venuto il momento di scegliere tra ciò che è giusto e ciò che è facile, ed Hermione aveva scelto.
Con compostezza allungò una mano verso la maniglia.
«Hermione.» la voce tremolante del ragazzo la fece vacillare un po'. «Se varcherai quella soglia, metterai fine a quello che c'è tra noi.»
Senza voltarsi indietro, Hermione rispose: «Quando sarò uscita da qui, ricorda che non sono stata io a rovinare tutto, ma tu. Tu mi hai obbligata a scegliere. E io ho scelto. Mi dispiace, Draco.» e uscì, chiudendosi la porta alle spalle.
Draco rimase a fissare quell'oggetto di legno che aveva posto fine a una delle cose più belle che avesse mai provato. Ecco perché aveva paura di amare: per non rimanerci così male quando la favola finisce.
In un attimo di rabbia accecante, prese l'oggetto più vicino che aveva e lo scagliò contro il comodino di Blaise, che come si era accertato che facesse poco prima, scoppiò in mille pezzi, andando in frantumi come aveva fatto il suo cuore qualche secondo fa.

Erano ormai Passati 5 minuti buoni da quando Ginny se ne stava sulla torre di astronomia ad aspettare l'arrivo del furetto. Aveva il cuore che batteva frenetico, come se sapesse che da lui, da quell'incontro e dall'umore di Malfoy sarebbe dipesa la sua amicizia con Hermione. Era orribile sentirsi così; sapere di essere sull'orlo di un precipizio e la persona che hai odiato per undici anni è l'unica che ha il potere di darti la mano che ti serve per risalire o la spinta per farti precipitare giù. 
Si portò una mano al petto come a cercare di calmare quel battito frenetico senza ovviamente riuscire in quell'intento, quando davanti a lei, facendole prendere un colpo, apparse Malfoy.
«Furetto!? Ma come diavolo...» imprecò per poi rendersi conto che si era smaterializzato. «Lo sai che è vietato ad Hogwarts?» lo sgridò prendendo le sembianze di Molly Weasley: mani su i fianchi, testa piegata e sguardo minaccioso.
«Rossa, non ho tempo da perdere con te. Dimmi cosa vuoi e facciamola finita.»
Ecco, lo sapevo. Pensò tra se e se Ginny. Per qualche strana ragione è arrabbiato, non mi aiuterà mai.
«Ascolta... Io.. Cioè... Hermione.. Hermione mi ha detto di te e lei.. Di.. Hai capito, no?» Ginny increspò le parole, diventando pian piano del colore dei suoi capelli.
«Si. Me l'ha detto.» rispose lui come se quell'argomento non lo toccasse minimamente «Quindi?».
«Temo di aver reagito male.. Anzi, ne sono certa. Ho fatto una cosa che non dovevo fare e... lei ancora non ne è a conoscenza, ma ho paura che se lo scoprisse... la nostra amicizia finirebbe per sempre.» gli spiegò nel modo più chiaro possibile, anche se non era chiaro nemmeno a lei.
«Non vedo perché dovrebbe essere un mio problema.» Draco finse il maggior disinteresse possibile anche se moriva dalla voglia di saperne di più e di farla pagare alla rossa per qualsiasi cosa avesse fatto alla sua Hermione, ma nonostante ciò si rincuorò nel sapere che comunque sapeva ancora mentire.
Ginny lo ignorò. «Malferret, tu sai quando Hermione voglia bene ad Harry e quanto il loro legame sia.. Unico.»
«Senti rossa, se sei qui per ricordarmi di quanto sia bello il legame della Granger e San Potter senza di me, ti assicuro che non mi interessa.» la interruppe, avvicinandosi dalla torre per godere di quel meraviglioso panorama.
«Ho detto a Harry e Ron che Hermione è andata a letto con te.» disse tutto d'un fiato la ragazza, facendo voltare di scatto Draco verso di lei, gli occhi azzurri sgranati e impregnati di rabbia.
Ma una specie di verso strozzato li fece voltare entrambi verso un'angolo ombroso da cui ne uscì la figura di Hermione con le guance bagnate di lacrime.
Ginny appena si rese conto della presenza dell'amica iniziò a sua volta a singhiozzare scuotendo la testa ripetutamente, come se fosse solo un brutto sogno da cui risvegliarsi.
«Tu!» gridò Hermione puntandole un dito contro. «Credevo fossi mia amica!!»
Draco era sbiancato, si reggeva con tutta la sua forza alle sbarre ferro su cui vi era appoggiato poco prima. Avrebbe voluto fare qualcosa, andarle incontro, abbracciarla, consolarla, farla sfogare su di lui, ma non si mosse. Rimase lì immobile a fissarla.
«Come hai potuto!.. Harry?! HARRY?!? Ginevra Weasley, ti avverto che se hai rovinato la mia amicizia con lui, io ti farò patire le pene dell'inferno!»
Senza aggiungere altro, Hermione si avviò verso le scale, senza dimenticarsi di urtare Draco mentre scendeva.
Appena la ragazza fu sparita giù per le scale, Ginny si sentì cedere le ginocchia e cadde sul pavimento di piatta fredda, in preda a lacrime, spasmi e singhiozzi.
Quando alzò la testa verso di Draco, gli sembrò di non averla mai vista in quelle condizioni.
«Ti prego, ti prego, ti prego parlare. Fai qualcosa. Ti scongiuro! Non posso perderla! A te... A te darà ascolto! Per favore Draco, è la mia migliore amica, falla ragionare, fai qualcosa, qualsiasi cosa, ma aiutami.»
Draco le porse una mano per aiutarla ad alzarsi, ma rimase impassibile mentre da quegli occhi, che non aveva mai visto testi, uscivano più lacrime di quante fosse normale vedere.
«Mi dispiace, Ginevra.» fu tutto ciò che disse, poi le diede le spalle e si diede alla fuga, dopotutto era l'unica cosa in cui era veramente bravo.

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