43.

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"L'amore perdona tutto, tranne una cosa.
Quella di non essere amato."
-Cit.

Il freddo del giorno precedente era come evaporato, lasciando il posto ad un venticello fresco che aveva lasciato il cielo spoglio di tutte le nuvole. Eppure nel posto più soleggiato del castello, più precisamente nella torre di Grifondoro, c'era un certo rosso con un naso del medesimo colore dei suoi capelli, che si era preso una bella influenza.
Ginny faceva avanti e indietro nella camera del fratello, come se fosse impossessata. E forse lo era.
Non si dovrebbe contraddire una ragazza che ha passato tutta la notte sveglia a vegliare sul fratello, che pareva affetto da una malattia mortale, e soprattutto se questa aveva suggerito più volte di accompagnarlo all'infermeria, ovviamente senza successo.
«Devi farti vedere da Madama Chips!» ruggì la rossa, dopo che Ron aveva avuto una serie di starnuti talmente forti che i quadri nella stanza se ne erano andati, indignati sul fatto di essere stati svegliati a quell'ora del mattino.
«No!» rispose Ron, con un tono che sarebbe dovuto sembrare impassibile. «Ti ho detto che non voglio! L'ultima volta Madama Chips mi ha rimpinzato di pozioni schifose e mi ha vietato di mangiare per due giorni! Io.Non.Ci. ETCIÙH. Vado.»
Ginny esasperata gli puntò contro la bacchetta. «O alzi le chiappe da quel letto e ti vai a far visitare di tua spontanea volontà, oppure lo farai sotto imperio. E sappiamo entrambi quanto tu sia incapace a contrastarlo.»
«Non oseresti.» sibilò Ron.
«Vuoi mettermi alla prova, Ronald?»
La risposta evidentemente fu no, perché senza aggiungere altro, Ron si alzò dal letto e avvolgendosi una coperta addosso, si diresse verso l'uscita della stanza. Ginny soddisfatta lo seguì in silenzio.
Erano arrivati già nei pressi dell'infermeria quando Ginny si decise a parlare, e forse, conoscendo Ron, avrebbe fatto meglio a stare zitta.
«Ti manca?» aveva chiesto in tono triste e disinvolto, come se la domanda gli fosse uscita senza che se ne rendesse conto.
«Se mi manca, Ginny?» Ron diventò paonazzo. «Si, mi manca. Mi manca più di qualsiasi altra cosa al mondo. E adesso l'ho persa. Per colpa di Malfoy.»
Sferrò un calcio al muro, riuscendo soltanto a peggiorare la situazione.
«Era la nostra migliore amica...» sospirò Ginny, scostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Credo... Credo che dovremmo fare qualcosa, Ron.»
«ETICIÙHHHHHH.»
Ginny represse l'impulso di ammazzarlo e disse: «Già, dovremmo proprio fare qualcosa.»
E in quella frase Ron colse uno strano doppio senso.

«Non credevo saresti venuta.»
«Potrei dire lo stesso di te.»
Queste furono le uniche parole che si rivolsero Draco e Hermione, per poi restare in silenzio ad osservare il lago. Erano arrabbiati l'uno con l'altra, ma nessuno dei due era riuscito a non presentarsi all'appuntamento. Entrambi sapevano di dover parlare, ma le parole parevano come inchiodate nella  loro testa.
«Non ti ho vista a pranzo.» osservò il ragazzo, dopo qualche minuto.
«Non avevo fame.»
Silenzio.
Poi una risata.
Una risata bassa, roca e amara.
«Mi spieghi cosa hai da ridere, Granger?»
«Cosa ho da ridere?! Io non ci posso credere! Tu non hai il diritto di arrabbiarti con me! Tu.. Tu...»
Ma lui non rispose, si limitò a prenderla per i fianchi, caricarsela in braccio, e premere con forza violenta le sue labbra sulle sue.
Contro ogni logica Hermione rispose al bacio, passando un braccio intorno al collo del ragazzo dove col la mano si aggrappò ai suoi capelli, tirandoli, mentre l'altra si infilava sotto il pesante mantello e i vari strati di tessuti pesanti, percorrendo ogni centimetro della sua pelle calda.
«Tanto lo sai che su quel muro innalzato dall'orgoglio prima o poi ci faremo l'amore.»
Hermione si bloccò di colpo, e con un gesto secco scese dal corpo del ragazzo, guardandolo stupefatta. Draco non aveva mai riferito il loro rapporto con una  parola che somigliasse anche lontanamente ad Amore.
«Che cosa hai detto?!!» domandò Hermione, incredula. «Tu...Io credevo che...insomma noi..»
Draco arrossì lievemente, una cosa impercettibile a tutti, persino ad Hermione, che continuava a fissarlo con gli occhi fuori dalle orbite.
«Ehm.. Io l'ho sentito dire da Blaise a una delle sue tante conquiste un po' di tempo fa..» spiegò Draco, cercando di rimanere con un tono neutro e indifferente. «Non so come mi sia venuto in mente...»
Hermione annuì, anche se non poté non rimare ferita da quella piccola confessione.
Poi d'un tratto, Draco sbottò: «Granger tu mi vuoi lasciare?»
La ragazza per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. Chi era quel ragazzo? Dov'era il Draco Malfoy che evitava l'argomento relazione come un tabù?
Forse Draco fraintese la sua espressione di stupore in volto, con una di paura di essere stata scoperta, perché stringendo i pugni si alzò.
«Bene.» disse. «Tanto lo sapevo che prima o poi saresti tornata da quello schifoso di Potter e quel pezzente di....»
E in quel momento Hermione lo schiaffeggiò. Gli occhi lucidi dalla rabbia.
«Non ti permetto di parlare così dei miei amici. Sono stata chiara?!» strillò esasperata e prima che lui potesse controbattere, aggiunse: «E no, Draco, non avevo e non ho intenzione di lasciarti. Non mi è mai passato per la testa questo pensiero. E me dispiace che tu abbia frainteso il mio stupore nel sentirtelo dire con l'intenzione di lasciarti! Cavolo! Perché deve essere tutto così difficile con te?!»
Draco tacque. La mano ancora ferma sul punto in cui lei l'aveva colpito. Tra poco ci avrebbe fatto un album di foto: "I pugni e gli schiaffi di Hermione Granger."
«Se è troppo per te, stare con uno come me, penso che dovresti farla finita.» fece lui, impassibile.
Hermione si risedette a terra. Era come insegnare qualcosa a un bambino, solo che un bambino dopo la seconda volta capisce.
Come potevano comunicare se lei gli indicava la luna e lui le guardava il dito?
«Ho detto questo, Draco?! Perché non capisci!? Io ti amo. Sono innamorata di te e tu credi che io voglia lasciarti! Ma cosa hai al posto del cervello?!»
Hermione continuò il suo discorso con una marea di insulti e parole poco gentili, ma ormai Draco non la stava più ascoltando. I suoi pensieri si erano fermati quando quelle due parole che tanto aveva temuto e desiderato erano uscite dalle labbra che tanto adorava baciare.
Ti amo.
Lui la amava?
Che domande.
Certo che la amava.
Ma allora perché dalla sua bocca non usciva alcun suono?
Perché non riusciva più a muoversi di un solo passo?
Perché pareva si fosse bloccato il tempo nel momento esatto in cui avrebbe dovuto rispondere "Ti amo anch'io."?
Hermione ormai aveva smesso di parlare e attendeva un gesto, una risposta, una qualsiasi cosa da parte sua, che, non fraintendetemi, arrivò. Arrivò ma non come l'avevano immaginato entrambi. No.
I muscoli della bocca si misero in moto e dissero due parole.
Le parole sbagliate.
«Devo andare.»
«Devi...andare?» fece Hermione, delusa.
Ma l'altro già aveva abbandonato il lago e si stava dirigendo a grandi passi verso il castello.

Ginny stava facendo i suoi compiti in biblioteca, sedendo al posto di solito occupato dalla sua amica. Non aveva potuto fare a meno di notare che Hermione ormai non veniva in quel luogo così regolarmente e spesso come faceva una volta, ma dopotutto non poteva biasimarla.
Erano passate quasi due ore da quando Ginny era arrivata, eppure la pila di compiti che la professoressa Sinistra le aveva assegnato quella mattina, giaceva ancora intatta alla sua destra. Possibile che non riuscisse a concentrarsi nemmeno in biblioteca?
Ogni cosa pareva più interessante dei cinque rotoli di pergamena che avrebbe dovuto consegnare il pomeriggio successivo: il tavolo, il pavimento, il soffitto, quel bellissimo ragazzo che stava per entrare...
Quel bellissimo ragazzo che stava per entrare?
Per Godric! Da quando aveva iniziato a definire Zabini, un bellissimo ragazzo???
Forse da quando avete iniziato a vedervi quasi ogni pomeriggio.
Ginny zittì mentalmente la sua coscienza e cercò di ignorare il moro.
Sai benissimo che non otterrai nulla fingendo di studiare. Va a parlare con lui! Non vedi che ti sta guardando?
La rossa scosse la testa. Non poteva dare retta a quella vocina nella sua testa, dove resistere.
Aprì il libro di Storia della Magia e si immerse nella lettura, anche se la vocina adesso aveva incominciato a cantare a squarciagola una canzone su quanto fosse bello Blaise.
«Ti prego, taci.» sussurrò tra se e se Ginny, sperando che Geltrude, era il nome con cui aveva battezzato la vocina, si desse una calmata.
Il fatto che tu riesca a sentirmi, non significa che io stia parlando, cara.
«No, non è vero! Voglio che tu stia zitta!» ruggì Ginny, sbattendo le mani sul tavolo e facendo rovesciare la boccetta d'inchiostro. «Guarda che mi hai fatto fare!»
Io non ti ho fatto fare proprio un bel niente, sei tu che sei una schizofrenica delirate che non sa controllare gli impulsi di rabbia.
«Io non sono una Schizofrenica Delirante!» protestò la rossa a voce talmente alta che molti studenti, compreso Blaise, si girarono a guardarla.
Beh, anche se non lo fossi, adesso tutti qui credono che tu sia pazza.
«Io non sono pazza, sei tu che mi stai facendo impazzire!»
«Devo prenderlo come un insulto?»
La voce divertita di Blaise giunse all'orecchio della ragazza, che alzò il volto fino ad incontrare due occhi color caffè che la guardavano con curiosità.
«Oh, ciao, Zabini. Non ti avevo sentito arrivare.» salutò Ginny, ringraziando mentalmente Merlino per aver fatto sparire Geltrude. «E so che sembrerà strano ma non stavo parlando con te.»
«Oh, cara, questo l'avevo capito. La cosa che mi è ignota è con chi stessi parlando.»
Ginny arrossì, sentendosi come una ragazzina trovata a nascondere i giocattoli della sorella. «Nessuno.»
Ehy! Io non sono 'nessuno'. Bada a come parli mocciosetta.
«Merlino, è tornata.» imprecò nuovamente Ginny, spiaccicando la faccia sul tavolo.
Blaise la guardava basito. «Tesoro, chi è tornata?»
«Quella maledetta voce nella mi testa che ti definisce un ragazzo bellissimo!» gridò la rossa esasperata, beccandosi una sgridata dal sostituto della bibliotecaria che già incominciava a guardarla male.
Guarda che sei tu, a definirlo un ragazzo bellissimo. Io ti ho solo ricordato che vi vedete quasi ogni pomeriggio che tu sei completamente pazza di lui.
«Ehm» Blaise si era accomodato al suo fianco e tamburellava incessantemente le dita sul tavolo di legno. «Devo prenderlo come un complimento oppure devo credere che tu disgusti il fatto di trovarmi attraente?» fece un lungo respiro. «Non che sia una novità che una donna mi trovi attraente.»
Ginny fece uno strano verso, metà risata metà mugugno. «Non nego che tu sia un bel ragazzo, Zabini, ma dopo che la mia storia con Harry è finita... Non credo di essere pronta per...»
«Ehy, rossa, frena. Non mi era nemmeno passato per la testa.»
Si corresse, «Beh, in effetti si, ci avevo fatto un pensierino, ma era per lo più... Io, te e un letto, non so se hai capito cosa intendo..»
Ginny rise. «Ho capito benissimo, Zabini. Ma dovrai fare molto più di qualche battuta per riuscire a portarmi a letto con te.»
«La prendo come una sfida, Weasley.»
E si sa, quando un Zabini accetta una sfida, o vince lui, o perdono gli altri. E in quel momento tutto ciò che voleva era vincere.
Le schioccò un bacio a stampo sulle labbra e si dileguò così in fretta che lei non poté fare o dire nulla, solo rimanere con gli occhi spalancati, una mano che si sfiorava la bocca, dove poco prima quella di Zabini vi era stata premuta, e Geltrude che ballava il tip tap e cantava a squarciagola dalla gioia

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