Litigi

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Le cinque ore di scuola erano passate troppo lentamente. Era stata davvero una giornata noiosa e pesante. Finalmente era finita e insieme a Steve mi stavo dirigendo verso l'uscita della scuola. Camminavamo l'uno affianco all'altro ed una volta varcato il portone lui improvvisamente si bloccò.
- Cosa succede? -, chiesi subito.
Fissava un punto, non troppo lontano, dritto davanti a noi. Seguii il suo sguardo e quando vidii chi c'era per un istante, che sembrò eterno, tutto si gelò. I colori erano intorno a me divennero troppo intensi, i suoni troppo distanti. Mi sembrava di essere stata trasportata su un altro pianeta, dove c'eravamo solo io e lui.
Bellissimo.
Se ne stava appoggiato al suo bolide blu. I nostri sguardi si incrociarono. Oh, i suoi grandi occhi azzurri.
Il piercing si sollevò. Mi stava sorridendo.
- Non ci credo! -, dissi al mio amico e avanzai in direzione di Scott, ma feci solo qualche passo perchè Steve mi bloccò prendendomi il braccio.
- Dove vai? Lo conosci? -, mi chiese in modo brusco.
- È Scott - spiegai.
- Lui... Che cosa? -, chiese esterrefatto -Sta lontana da lui.-, tuonò.
- Cosa? -, protesta infastidita.
- Sta alla larga da quel tizio! - Il suo tono si indurì ancora.
- Ma perché? - Non riuscivo davvero a capire.
- Ascoltami e basta. Fine della storia.
- Dammi una buona motivazione! -, dissi con la voce forse un po' troppo alta. Attirai qualche sguardo su di noi.
- Jessica, lui non...
- Cosa? -, insistetti - Lo conosci?
- No, ma tu devi ascoltarmi!
- Ma che ti prende, Stefano? - lo chiamavo per nome solo quand'ero arrabbiata.
Mi si piazzò davanti e mi penetrò con i suoi occhi scuri come se con il suo sguardo riuscisse a farmi cambiare idea.
Sfidai quegli occhi con i miei - Adesso spostati -, ordinai infine con tono deciso.
Visto l'impedimento di Steve, fu Scott ad avanzare nella mia direzione. - Ci sono problemi? -, chiese avvicinandosi.
- Sì - rispose Steve voltandosi di scatto per affrontarlo - Tu sei il problema. - ringhiò pungolando gli il petto con il dito indice.
Scott rimase impassibile, con un espressione indecifrabile sul volto.
- Stefano! - lo rimproverai.
- Ora vattene - gli disse Steve a denti stretti.
- Che io sappia tu non sei il suo ragazzo, di conseguenza non vedo proprio quale sia il problema. Chiedi a lei se vuole che me ne vada -, rispose Scott con il suo tono fermo e sicuro indicando me con un cenno del capo.
- Vi conoscete? - intervenni io stupita dalla situazione paradossale. Lo avevo già chiesto a Steve, lui aveva detto di no, ma tutto dava a pensare il contrario.
- Andiamo via Jess -, mi ordinò il mio amico.
- No, se non mi dai un buon motivo -, dissi con tono sostenuto.
- Fidati e basta.
Incrociai le braccia come a dire << non mi muovo di qui se non mi dai una buona ragione per farlo >>.
- Ti va un giro? - mi disse a quel punto Scott strizzandomi l'occhio ed ignorando il mio amico che si frapponeva tra noi.
Guardai Steve dritto negli occhi con aria di sfida mentre rispondevo alla domanda: - Volentieri.
Steve sospirò e quasi mi supplicò: - Jess, per favore...
- Dove andiamo di bello, Scott? -, dissi mentre aggiravo Steve e mi incamminavo verso il bolide blu.
I due ragazzi mi seguirono. Scott con un sorrisetto di vittoria e Steve con l'aria di un padre preoccupato.
- Fai attenzione -, mi disse Steve con un'insensata preoccupazione nel tono di voce, mentre infilavo il casco e montano in sella dietro a Scott.

Dopo nemmeno due minuti che sfrecciavamo a tutta velocità per le strade del centro, mi ero già pentita della mia decisione. Scott era bello da far mancare il fiato, ma quando stavo con lui non mi sentivo al sicuro e forse avrei dovuto fidarmi del sesto senso di Steve.
Si fermò sotto un palazzo antico ristrutturato come condominio in pieno centro.
Salimmo fino all'ultimo piano.
- Prima le signorine -, disse aprendomi la porta.
- Grazie -, mormorai sorridendo imbarazzata.
La casa si apriva con un'ampia entrata, alla destra si trovava la porta della cucina, di fronte quella che conduceva alla sala e alla sinistra rimaneva il corridoio che proseguiva fino alla zona notte. La casa era strutturata in modo antico, i soffitti erano alti, ma l'arredamento era totalmente moderno.
- Tua madre è in casa? -, chiesi sperando che la risposta fosse positiva.
- No, siamo soli - Le sue labbra si increspano in quel sorrisetto furbo.
<< Fantastico! >> pensai. Ma cosa mi era saltato in mente? Poteva essere un pervertito. Poteva rinchiudermi in quella maledetta casa. In più una domanda continuava martellarmi in testa: perché Steve era così preoccupato?
Dovevo cercare di calmarmi.
- Accomodati, fai come se fossi a casa tua.
- Okay. Grazie
- Vado a prendere qualcosa da bere. Se vuoi aspettami in sala.
Mi diressi verso in salotto e mi sedetti sul divano di pelle. Davanti a me c'era un tavolino di vetro, sul quale erano appoggiati i telecomandi della televisione che si trovava sopra un mobile, accostato alla parete di fronte.
Era una stanza ben arredata: le pareti bianche immacolate, il divano dello stesso colore e persino il mobile della TV. L'unica cosa che spezzava il candore di tutta la stanza era un quadro d'arte moderna. Una di quelle tele bianche con qualche spruzzo di colore rosso e blu. Il clima era freddo. Nessun soprammobile. Nessuna foto. Nessun ricordo.
Scott entrò nella stanza con due bottiglie di birra. Le appoggiò sul tavolino.
- Io non bevo alcol. -, dissi con tono glaciale.
Rimase spiazzato, ma dopo un momento di esitazione riassunse la sua solita aria decisa. - D'accordo, signorina. Gradisce un bicchiere d'acqua?
- Sì. Grazie.
Scott sparì di nuovo in cucina. Tornò dopo neanche un minuto.
Lo ringraziai mentre mi porgeva il bicchiere.
- Perché ti comporti così?
- Così come? -, chiesi sforzandomi di avere un'aria disinvolta.
- Sembri a disagio.
Sì, lo sono. - Ah sì?
- Ho fatto qualcosa che non ti è piaciuto?
- No, perché me lo chiedi? -, mi finsi stupita dalla sua domanda.
- Non importa.
Non ribattei, lo lasciai perdersi trai suoi pensieri per qualche istante.
- Come conosci Steve? -, buttai lì la domanda: diretta e schietta, com'era suo modo fare.
- Chi è Steve?
- Non prendermi in giro. C'ero anch'io sai.
- Ah. Quel tizio. Il tuo amico... - si accarezzò il mento pensieroso - Era la prima volta che lo vedevo.
- Sembrava che vi conosceste e anche bene.
- Senti Jessica. Io non so se lui ti abbia raccontato qualcosa...
- Del tipo?
- Meglio che tu ne resti fuori.
- No, io voglio delle spiegazioni. Ora voglio sapere... -, mi zittì appoggiando le sue dita, le sue meravigliose dita affusolate sulle mie labbra.
I suoi occhi si posarono sui miei, qualcosa mi impediva di spostare lo sguardo - Per favore, non chiedermi nulla.
La curiosità era forte, ma senza battere ciglio annuii e non ritornai più su quel discorso. Obbedii come un cane obbedisce al suo padrone.
- Perché non mi racconti qualcosa? - domandai sforzandomi di essere più spigliata.
- Cosa vuoi sapere? -,mi chiese sorpreso.
Come aveva fatto lui al bar, feci un mezzo sorriso e con il tono di voce più sexy-misterioso che riuscii a tirare fuori dissi: - Tutto.
Rise capendo il mio riferimento al suo atteggiamento.
- Non sono logorroico come te, ma proverò a fare un discorso che duri il più possibile.
- Non sono logorroica! - protestai - È solo che ho tante cose interessanti da raccontare.
- Beh, allora la mia storia non sarà all'altezza della sua, milady.

Mi sembrava impossibile. Ero a casa sua, stavamo chiacchierando del più e del meno. Il ragazzo misterioso con gli occhi di ghiaccio ora mi sembrava un semplice adolescente che non aveva avuto una vita semplice.
Suo padre era morto prima che lui nascesse, non fece nemmeno in tempo a conoscerlo.
Avevamo una cosa in comune, ora avevo qualcuno che potesse capire come mi sentivo da quasi tutta la vita.
Il disagio che provavo all'inizio era totalmente svanito, stavo benissimo in sua compagnia e la cosa non poteva rendermi più felice e senza nemmeno rendercene conto, il pomeriggio era già passato. Chiesi a Scott di riaccompagnarmi a casa e per le otto eravamo davanti al cancello di casa mia.
- Sono stato bene, oggi. Spero di passare altri pomeriggi così con te - sottolineò le ultime due parole, il che mi fece arrossire a perdere un battito.
- Grazie, anch'io sono stata bene.
Si avvicinò. Il cuore iniziò a battermi all'impazzata. Sentivo il suo respiro sul mio viso.
D'istinto chiusi gli occhi.
Con le sue tenerissime labbra mi sfiorò la guancia e mi solleticò con il piercing.
- Ciao. - sussurrò con la sua voce profonda.
- Alla prossima. - mormorai, mentre lui saliva sulla sua moto.
Non riuscivo più a togliermi il sorriso dalla bocca. Era scattato qualcosa dentro di me, lo percepivo. Non mi ero mai sentita così, era una sensazione indescrivibile. Avevo addirittura le cosiddette farfalle nello stomaco. Quel ragazzo mi piaceva, mi piaceva davvero, era qualcosa di magico, era semplicemente meraviglioso.

***

L'indomani mi alzai in ritardo, mi preparai velocemente e schizzai alla fermata dell'autobus.
Riuscii ad arrivare appena in tempo a scuola.
Davanti al cancello della scuola vidi Steve che parlava con Vanessa. Aveva già trovato con chi sostituirmi.
Alle otto e dieci iniziò la lezione di italiano. Era seduta in ultima fila vicino a Steve dall'inizio dell'anno e, anche se avessi voluto a tutti costi stargli lontano, quel giorno non avremmo di certo cambiato posto. Fu orribile: ci ignorammo tutta la mattina.

Alla ricreazione, andai in bagno. Aprii la porta e mi ritrovai davanti proprio Vanessa. La ignorai e mi diressi al lavandino per sciacquarmi le mani.
- Ciao. Jessica, giusto? - si avvicinò a me.
- Ciao -, salutai un po' stranita.
- Ho visto Steve un po' giù di morale e mi ha detto che aveva avuto dei problemi con te.
- Ti ha già raccontato di me? Ma se nemmeno ti conosce.
- Si beh... aveva bisogno di qualcuno con cui parlare...
Interruppi la conversazione: - Scusa devo andare.
Mi fiondai fuori dal bagno e mi diressi in classe. Steve era ancora seduto al suo posto.
- Ma come diavolo ti sei permesso!Sminuire così la nostra amicizia... Non me l'aspettavo da te.
- Di cosa stai parlando?
- Hai usato il nostro litigio per rimorchiare!
- Ma che diavolo stai dicendo?
- Ho incontrato Vanessa e mi ha detto che ti ha visto giù di morale allora ti sei confidato con lei.
- Non potevo?
- No. Non mi puoi usare come scusa per flirtare.
- Non ti ho utilizzato come scusa! Sto veramente male. Ero preoccupato ieri!
- Perché? Cosa ti ha fatto Scott per meritarsi questo trattamento?
Abbassò la voce e mormorò: - Niente. È una sensazione...
- Beh, vedi di controllare le tue sensazioni.
Feci per andarmene, ma lui sbottò: - Scusa se tengo a te!-, alzò la voce, un po' troppo e alcune nostre compagne si voltarono ad osservare la scena. Non mi capacitavo del perché fosse così preoccupato.
- Questo non ti da il diritto di controllare la mia vita, di pretendere che io sottostia alle tue regole.
Abbassò lo sguardo: - Mi dispiace, Jess. Ti prego, perdonami.
Non ci pensai due volte. Gli gettai le braccia al collo e sprofondai il viso trai suoi riccioli scuri.
- Non voglio più litigare con te -, mormorò nell'incavo del mio collo.
- Nemmeno io.
- Mai più - annunciò.
- Mai più. - Ripeterlo fu come mettere un sigillo su un giuramento.

GUARDIAN - il mio angelo custodeOnde histórias criam vida. Descubra agora