Occhi diversi

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- Esigo quelle risposte che mi avevi promesso - mi rivolsi a Steve con aggressività.
- Io non ti devo proprio nulla - disse con aria insofferente mentre soffiava il fumo della sigaretta.
- Tu non puoi comportarti così, anche solo in memoria dell'amicizia che c'era fra di noi.
Fece spallucce.
In preda alla rabbia gli strappai la sigaretta che teneva tra le labbra con quel fare da spaccone e la gettai a terra.
- Io non lo so come hai fatto, ma ti giuro che lo scoprirò.
Mi voltai e feci per andarmene insieme alla mia massiccia dose di delusione.
- E sentiamo, cosa avrei fatto? - chiese. Mi girai di scatto e lo fulminai con lo sguardo, mantre infilava le mani nelle tasche dei jeans con fare da sono-figo-solo-io.
- Non sono pazza e so che le mie amnesie non sono semplici vuoti di memoria. C'entrate tu e Scott, forse anche Vanessa. Non so come avete fatto, ma non mollerò e troverò una risposta a tutto!
Scoppiò a ridere - Certo, abbiamo dei poteri magici che cancellano i ricordi delle persone. Ma per favore, Jessica, che assurdità stai dicendo?
Non risposi, non mi sarei abbassata ai suoi livelli. - Stai attento, Stefano. Scoprirò il tuo segreto.

***

Il pomeriggio uscii a correre, mi aiutó a concentrarmi. Steve era strano, non si era mai comportato in quel modo con nessuno, tanto meno con me. Era stato strafottente e questo mi faceva soffrire, ma non lo era veramente, lo faceva apposta. Magari i suoi strani comportamenti erano, davvero, solo per proteggermi e forse anche quelli di Scott.
No.
Come si può proteggere una persona trattandola male?
Il nervoso aumentava e anche la mia velocità. Stavo correndo talmente forte che i miei polmoni stavano per esplodere, ma non volevo fermarmi, volevo andare ancora più veloce e velocemente volevo avere le risposte alle mie assillanti domande, ma dovevo avere pazienza, cosa che non mi è mai appartenuta.

Stavo camminando in mezzo ai campi dietro casa mia, quando vidi una persona correre in lontananza. Riconobbi la figura slanciata di Michael e gli andai in contro per salutarlo.
- Hey! - richiamai la sua attenzione.
Si tolse gli auricolari e riprese fiato - Ciao, Jessica. Anche tu vai a correre? -, domandò con il respiro un poco affannato.
- Sì, diciamo che mi aiuta a riflettere, ma soprattutto mi piace tenermi in forma.
- Anche a me. Ci tengo alla mia salute. Beh, che ne dici proseguiamo insieme?
- Volentieri.
Corremmo fianco a fianco abbastanza lentamente. Non sarei riuscita a stargli dietro.
- Allora, vieni spesso a correre da queste parti?
- Sì, mi piace stare in mezzo alla natura - risposi ansimando.
- Sono meravigliosi questi campi, anche adesso che è inverno e le viti sono spoglie.
- Sì, hanno il loro fascino in ogni stagione - commentai.

Dopo un po' mi accorsi che si stava facendo tardi - Beh, io dovrei andare.
- Allora, ci vediamo domattina sull'autobus. A proposito, oggi non ti ho vista.
- Oggi sono rimasta a casa -, risposi senza fare ulteriori spiegazioni.
Salutai e corsi verso casa mia.

Dopo la doccia mi buttai a letto senza nemmeno cenare, ero talmente stanca che mi addormentai subito.

***

- Ciao! - salutai Michael, la persona più vicina ad un amico che mi rimaneva.
- Ciao, come stai?
- Bene, grazie. Tu, invece?
- Tutto bene. Hai chiarito con i tuoi amici?
- No - risposi con un velo di malinconia.
- Mi dispiace. Vedrai che questo brutto periodo passerà -. Sorrise dolcemente e mi accarezzò la spalla.
Se mamma avesse saputo che mi confidavo con un uomo così più grande di me che non conoscevo sarebbe andata su tutte le furie. << Magari è un pervertito, un malvivente, un pazzo! >> immaginavo già tutto quello che mi avrebbe detto.
Ma lui era così gentile ed educato, cosa mai avrebbe potuto farmi?
Era meglio che mia madre e nessun'altro sapesse niente.

***

Ricreazione. Ascoltavo tranquilla la musica dal mio cellulare quando arrivò qualcuno, mi strappò le cuffie dalle orecchie. Era Steve. Mi strinse il mento con una mano per bloccarmi il viso costringendomi a guardarlo dritto negli occhi. Erano così scuri e cupi, neri, molto più del solito, innaturali.
- Devi dimenticarti tutto quello che hai ricordato. Devi smetterla di fare domande.
- Steve, mi fai male!
Strinse più forte la presa.
- Ascoltami, Jessica. Devi...
Afferrai il suo polso e gli conficcai le unghie nella carne. Lasciò la presa guardò i segni che avevo lasciato sulla pelle, poi mi guardò con fare minaccioso, tanto che provai paura.
- Perché non fai quello che ti dico? - gridò.
Maria, Ludovica e Anna (tre nostre compagne di classe) si voltarono e lanciarono un'occhiataccia a Steve.
- Sei pazzo! - dissi a bassa voce.
Abbassò la voce e disse a denti stretti: - No, il problema sei tu!
Non riuscii a trattenere le lacrime, la delusione era troppo forte. Ero anche spaventata, la pelle dove lui mi aveva stretto, bruciava.
- Cosa ti è successo? - chiesi con la voce tremante.
Se ne andò imprecando.
Mi strinsi il viso tra le mani. Il mento mi faceva malissimo, ma il cuore di più.
- Jessica, va tutto bene? È il caso di chiamare un professore? - chiese Maria che aveva appena assistito, insieme alle altre, alla scena e mi guardavano con compassione.
Senza dare spiegazioni, mi alzai, attraversai di corsa il corridoio e mi fiondai in bagno. Mi chiusi dentro e scoppiai a piangere. Mi sentii tradita: le mani che una volta mi accarezzavano, le braccia che mi proteggevano, mi avevano appena ferita. Mi guardai allo specchio, avevo lo stampo rosso delle sue dita sul mio volto.
Qualcuno bussò violentemente alla porta. - Jess, apri! - era Vane - Jessica, sono io. Per favore, apri la porta.
Aprii. Vanessa entrò, si chiuse la porta alle spalle e mi gettai tra le sue braccia. Avevo bisogno di qualcuno che fosse lì per aiutarmi e consolarmi, lei c'era.
- Vane, mi dispiace - dissi singhiozzando - Non pensavo davvero quello che ti ho detto.
- Shhh! Ora non importa, tesoro.
Mi alzò il mento, osservò per un momento il rossore. Io continuavo a piangere come una disperata.
- Devi bagnarti con dell'acqua fredda.
Aprì il rubinetto ed iniziò a tamponarmi il viso con una salvietta di carta imbevuta con acqua gelida.
- Perché mi ha fatto questo? - domandai trai convulsi del mio pianto isterico.
- Non lo so. Ma ora sta malissimo e si sente in colpa da morire.
- Non mi importa se ora si senta in colpa! - urlai - Io pensavo che lui fosse l'unica persona che mi avrebbe protetto e che non mi avrebbe mai fatto del male!
- Non pensarci, ora. Vieni, ti accompagno in infermeria. Non puoi tornare in classe, così.

Suonò l'ultima campanella della giornata. Restituii il ghiaccio alla bidella, alla quale avevo raccontato di essere caduta. Vane arrivò qualche istante dopo.
- Ti riaccompagno a casa - propose.
Accettai e così dopo cinque minuti eravamo in sella al suo motorino rosa.
Mamma mi aveva lasciato un messaggio in segreteria dicendo che era dovuta andare al lavoro per uno straordinario, Vane propose di rimanere a farmi compagnia finché lei non sarebbe tornata.
Preparò due tazze di tisana ai frutti rossi e mi porse la mia. Piccole gocce continuavano a scendere incontrollate dai miei occhi che ormai facevano male.
- Vane, devi dirmi tutta la verità - farfugliai tra un singhiozzo e l'altro.
- Di cosa parli? - chiese dolcemente.
- Lo sai. Voglio le risposte che mi avevate promesso.
Vanessa sospirò e abbassò lo sguardo preoccupata.
- Io, sto impazzendo - le lacrime iniziarono a scendere più velocemente - Ho paura!
- So che poi me ne pentirò, ma... - alzò gli occhi al cielo - chiedimi quello che vuoi.
- Lo sai che mi è capitato di perdere i sensi, giusto? - chiesi con la voce che tremava.
Annuì.
- Quando inizio a ricordare la testa si fa pesante, mi si offusca la vista e poi mi cedono le gambe.
- Vai avanti - mi esortò Vanessa.
- Io so che Steve e Scott c'entrano qualcosa. Sono giunta alla conclusione che sono loro a farmi dimenticare quello che vogliono.
Lei rimase in silenzio, dandomi così la conferma che quelle che stavo dicendo non erano follie.
- So anche che tu ne sai qualcosa. Devi dirmi come fanno e cos'altro o dimenticato. Io ho pensato a qualche sostanza in grado di provocare amnesie, davvero non so, è tutto così strano e irreale.
- Hey, calmati. Fai un respiro profondo e bevi un sorso.
Bevvi la tisana poi fissai il mio sguardo al suo in attesa. Inspirò profondamente poi disse: - Quello che sto per dirti potrebbe non piacerti.
Mi spaventò il tono solenne con cui pronunciò quelle parole, forse sarebbe meglio non sapere, ma solo la verità mi avrebbe aiutato a scappare dall'inferno nella mia testa.
- Dovrai imparare a vedere il mondo con occhi diversi, Jessica. Non guarderai più nessuno allo stesso modo, la tua vita non sarà più la stessa e potresti anche essere in pericolo - si bloccò un attimo e sospirò mentre abbassava lo sguardo sulle sue mani - più di quanto tu non lo sia già -, aggiunse in un mormorio.
Cosa? Come potevo essere in pericolo?
- Voglio sapere. Tutto.
La chiave girò nella serratura e mamma entrò.
- Ciao, amore. Oh ci sei anche tu Vanessa, ciao carissima - salutò mia madre con entusiasmo - Ti fermi per cena?
- In realtà stavo per andare via - si alzò dalla sedia, prese giacca e sciarpa e le indossò.
- Vane, ma...
- Ne riparliamo un'altra volta.
- Non puoi lasciarmi qui così - abbassai la voce per non farmi sentire da mamma - hai detto che sono in pericolo!
- Stai attenta alle persone che ti stanno accanto, guardati le spalle da tutto e tutti. Evita di rimanere da sola o con chi non conosci bene. Non ti fidare di nessuno.
Poi mi abbracciò - Stai attenta - mi ripeté nell'orecchio - Arrivederci, Sara. Jess, ci vediamo domani a scuola.

- Va tutto bene, cara? - chiese mamma sospettosa.
- Sì, certo. È tutto sotto controllo - sorrisi.
- Sembri preoccupata. C'è qualcosa che non va? Cos'è successo con Scott? - domandò curiosa.
- È finita - risposi secca.
Si avvicinò e mi accarezzò dolcemente il viso - Mi dispiace, tesoro mio.
- Non importa.
Mi guardò per un momento. - Cos'hai in faccia?
Risi imbarazzata - Sono caduta, ho fatto un capitombolo giù dalle scale.
- La mia piccola impacciata - mi canzonò.
- Vado a studiare un po', chiamami quand'è pronto.

Mi chiusi a chiave in camera, mi lanciai sul letto ed affondai il viso nel cuscino.

In pericolo.

Stai attenta.

Vedere il mondo con occhi diversi.

Non ti fidare di nessuno.

Cosa stava cercando di dirmi Vanessa? Cosa mi stavano nascondendo di così grave?
Cosa dovevo temere? Da cosa dovevo proteggermi?

GUARDIAN - il mio angelo custodeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora