Angelo per metà

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Erano le otto e mezza di sera del trentuno ottobre, quando Vane suonò il campanello.
Le aprì mia mamma, si salutarono e poi arrivai io. - Oh, mio Dio! Tesoro, sei uno schianto! -, mi disse con enfasi.
- Ma senti da che pulpito arriva la predica! -, le risposi abbracciandola.
Indossava il vestito nero lungo con uno spacco sulla gamba destra, alto fino alla coscia, che avevamo comprato insieme. Il mio era uguale, solo che rosso.
- Tieni - disse, porgendomi il mantello - mia mamma ha finito di cucirli oggi.
- Wow. Sono meravigliosi! -, esclamai.
Il mio era completamente nero, mentre il suo era foderato con della stoffa rossa.
- Saremo le vampire più sexy della storia! -, esclamò entusiasta - Andiamo, mia mamma ci aspetta in macchina.
Le presentai mia madre poi la salutammo e ci dirigemmo verso l'auto.

La festa si teneva a casa di Alessio, il ragazzo più popolare della scuola. Arrivate davanti all'ingresso ci trovammo davanti proprio quella: Virginia. Circondata da una schiera di ragazzi. Indossava un corpetto leopardato abbinato ad una minigonna (molto più mini che gonna) di tulle nera, calze a rete nere e tacco dodici, in testa aveva due orecchie da gatto, anch'esse leopardate.
- Che troia... -, sussurrò Vane squadrandola con un'espressione schifata.
- Concordo pienamente! -, esclamai ridendo. L'inimicizia nei confronti di Virginia era una (fantastica) cosa che avevamo in comune.
Cercammo di aggirarla ed evitarla, ma mentre stavamo entrando dalla porta, l'oca si rivolse a suoi amici dicendo: - Sono arrivati i mostri della scuola! - poi ci scrutò dalla testa ai piedi - È la vostra festa, non vi serviva un travestimento. Siete spaventose tutto l'anno!
Ci fu una risata collettiva di tutti i suoi amichetti.
Poi Vane intervenne dicendo: - Tu invece, cara, hai un costume che ti si addice alla perfezione!
Virginia rispose con tono seccato: - Lo so.
- Complimenti: gatta morta. Bella scelta!
Scoppiai in una sonora risata, mentre l'espressione di Virginia diventava furente, ma, prima che potesse dirci qualcosa, noi eravamo già sgattaiolate in casa.
Qualcuno ci afferrò per le spalle. Era Steve. Era truccato come Brandon Lee ne "Il Corvo", riuscii a riconoscerlo solo dai vestiti: giacca in pelle, maglia, jeans e scarpe, rigorosamente tutto nero.
- Che sexy che siamo sta sera, ragazze!
Io e Vane sorridemmo per far risaltare i canini appuntiti che avevamo appena applicato.
- Oh mamma! Fate paura! -, esclamò Steve in tono ironico.
- Andiamo a bere qualcosa? -, propose Vanessa.
Ci dirigemmo verso il tavolo dei cocktail. Non c'era nulla di analcolico.
Vane mi passò un bicchiere ricolmo di un liquido trasparende che odorava vagamente di pesca. La fissai esitante per un momento - Non succede niente se ne bevi uno.
Non avevo mai bevuto niente di alcolico prima di allora, ero sempre stata la brava ragazza che non aveva mai provato a bere, né a fumare. Ma forse il mio amico aveva ragione, cosa sarebbe potuto succedere?
Afferrai il bicchiere e sorseggiai lentamente.
- Allora? Non è poi così male, vero? -, chiese Vane.
- No, mi piace! - ammisi sorridendo e prendendone un altro.
Ad un certo punto tutti gli invitati iniziarono a ballare e noi ci aggiungemmo alla massa. Ci stavamo divertendo muovendoci a ritmo di musica l'uno accanto all'altro. Non mi sentii "incomoda" tra Vane e Steve, fino a quando non partì un lento. Così me ne andai per lasciare i due piccioncini ballare insieme, non volevo di certo essere il terzo incomodo. Mi diressi al tavolo dei cocktail. Li osservavo da lontano sorseggiando un drink: lei aveva le mani intorno alla sua nuca e lui la teneva per i fianchi. Si fissavano negli occhi. Stava per scappare un bacio tra quei due. Difatti, nemmeno il tempo di pensarlo, che Steve si avvicinò e la baciò. Erano talmente dolci, invece io ero lì da sola a provare invidia nei loro confronti. Mi girai verso al tavolo per prendere un altro bicchiere, ma la mia mano venne bloccata da un'altra, molto più grande e forte.
- Non ti sembra di esagerare?
Sentii una serie di scosse correre giù lungo la spina dorsale. Mi voltai molto lentamente. Sapevo quali occhi stavano per incrociare i miei.
Le ali bianche. Le piume. Sembravano così soffici. - Angelo -, sussurrai a fior di labbra, talmente piano che non riuscii a sentirmi nemmeno io.
- Se potessi, sarei volentieri il tuo angelo -, sorrise.
- Sc-Scott. - balbettai.
Quant'era bello. Era vestito normalmente, jeans e maglia bianca, ma aveva un paio di ali finte, ma che sembravano così vere. Se gli angeli fossero stati tutti come lui, non desideravo altro che esistesse il Paradiso e morire per andarci il prima possibile.
- Cosa ci fai qui? -, chiesi sorpresa.
- Mi hanno invitato alla festa.
Da "imbambolata" la mia espressione divenne seria. - Cosa vuoi da me? Sei sparito per quasi due settimane e adesso riappari all'improvviso magari dicendo le tue frasi che dirai a chissà quante ragazze! Ma per favore!
Feci per andarmene, ma lui mi bloccò dalla vita e mi attirò a se. Il suo corpo toccava il mio, la mia schiena toccava il suo petto possente. Non volevo sentirmi così bene accanto a lui, ma le sensazioni che provavo, anche se mi sarebbe piaciuto, non le potevo controllare.
Si avvicinò al mio orecchio: - Concedimi solo questo ballo.
Lottai contro il buon senso, ma alla fine mi lasciai trascinare tra la folla di coppie che ballavano abbracciate. Mi appoggiò una mano sui capelli e dolcemente mi fece appoggiare la testa sul suo petto.
Le note erano quelle di All of me, di John Legend. Una delle canzoni più romantiche degli ultimi tempi.
- Mi dispiace essere sparito così. Ho avuto dei problemi. Ma ti giuro che non ho mai smesso di pensare a te.
- Ci siamo visti solo un paio di volte. Non credo di essere il tuo pensiero fisso. - Di certo io non potevo negare che lui fosse il mio.
- Beh, a quanto pare quelle poche volte sono bastate. A nessuno potrebbero non mancare i tuoi meravigliosi occhioni verdi.
Arrossii. La logica mi diceva che ero solo una delle sue tante prede, ma il cuore voleva credere alle parole di Scott più di ogni altra cosa. Così mi abbandonai al suo abbraccio ed alle sue mani che accarezzavano i miei capelli. Era tutto così perfetto, ma durò poco. All'improvviso i nostri corpi si staccarono bruscamente. Vidi Steve che lo strascinava per le spalle.
Non sembrava il mio vecchio amico. Aveva uno sguardo profondo, i suoi occhi sembravano così neri e crudeli, due pozzi d'inchiostro cupi e profondi.
Dovevo fare qualcosa. Vane mi afferrò il braccio. - Non andare.
Ero spaventata. - Ma cosa sta succedendo?
- Fidati di Steve. Ora vieni con me.
- No! - Mi liberai dalla sua presa e corsi a cercare Steve e Scott. Erano al piano di sopra della casa, sentii le voci arrivare da una camera e mi ci fiondai dentro.
Steve teneva Scott bloccato al muro. Gli sferrò un gancio sinistro colpendo in pieno la sua mascella. Gli aveva strappato il piercing lacerandogli il labbro. Cacciai un grido e mi lanciai addosso a Steve. Lo spinsi via mentre Scott si accasciava a terra, mi avvicinai e presi il suo viso tra le mie mani. I suoi perfetti denti bianchi, che formavano il suo bellissimo sorriso erano macchiati di sangue. Ero pietrificata davanti alla vista del suo viso sfregiato. - Perché? - gridai contro Steve.
Non rispose, non mi degnò nemmeno di uno sguardo. Continuava a fissare Scott in cagnesco, mentre contraeva ripetutamente la mascella per il nervoso.
- Sta lontano da lei, sporco Mezzosangue - ringhiò.
Mezzosangue?
Cos'era, una specie di nuovo insulto?
Scott si alzò, tenendo premuta la ferita con una mano - A quanto pare, il tuo amico non ha gradito il mio travestimento.
Ridotto com'era aveva ancora il fiato per scherzare e sdrammatizzare la situazione.
Vane irruppe come una furia nella stanza. - Jessica!
Stavo piangendo come una bambina ormai. Gli occhi mi bruciavano e il battito del mio cuore era talmente forte che pensavo scoppiasse da un momento all'altro. - Qualcuno mi vuole spiegare cosa sta succedendo?
Al mio grido disperato non seguì altro che slenzio.
- Okay. Questo è troppo! - Afferrai Scott per il braccio e lo aiutai ad alzarsi.
Lo accompagnai in bagno e chiusi a chiave la porta. Si sedette sul bordo della vasca.
- Credo che dovremmo andare al pronto soccorso. Ti servono dei punti. - dissi con la voce che ancora tremava. Ero spaventata, non riuscivo a capire cos'era successo. Volevo fare domande, tante domande, ma avevo paura delle risposte.
- Stai tranquilla. Mi basterà un cerotto. - Cercò di tranquillizzarmi parlando con il suo tono calmo, fin troppo. Frugai nei cassettini sotto al lavandino e nei mobiletti ai lati dello specchio in cerca di una scatola di cerotti. Dopo averla trovata lo aiutai a lavare via il sangue lo aiutai ad applicare il cerotto sulla ferita.
- Ora voglio sapere cos'è successo.
Sbuffò in risposta, ma nel farlo gli partì una fitta al labbro, lo capii dalla sua smorfia di dolore. - Dovresti chiederlo al tuo simpatico amico.
- Sentimi bene. Non ho mai visto Steve così e non credo che abbia agito in questo modo senza un valido motivo. Che sia chiaro, non sto giustificando il suo comportamento, ma voglio sapere cosa tu possa aver fatto per portarlo a compiere un'azione del genere.
- Ti riaccompagno a casa - Si alzò e si diresse verso la porta.
- Stai scherzando? - dissi bloccandogli il braccio.
- Andiamo via di qui per piacere.
- D'accordo, ma poi ne riparliamo - lo assecondai.
Annuì, ma solo per farmi contenta, perché quando arrivammo davanti a casa mia si limitò a dirmi: - Ci sono cose che è meglio non sapere. - mi accarezzò dolcemente la guancia, ma io mi scostai. - Jessica, è per il tuo bene.
Certo, il mio bene.

GUARDIAN - il mio angelo custodeWhere stories live. Discover now