3. Percy// Una mini-Annabeth.

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Solo dopo aver visto la faccia del professore capì che forse non avrei dovuto dire quelle cose ad Annabeth, o almeno non in quel momento. Mi aspettavo una nota, o peggio, di andare dal preside. Invece il professore rise, e si avvicinó a me. Dopo aver battuto il pugno sul mio banco, sento il suo sguardo su di me ed abbasso la testa istintivamente.
-Allora, Percy, facciamo una scommessa.-
Disse alzando un sopracciglio. Io alzai il capo e lo guardai incuriosito.
-Entro la fine dell'anno, riusciró a farti cambiare. Se vinco io, Annabeth ti chiederà scusa per aver riso di te.- Cosa? Sul serio? Che figata di prof.
-Altrimenti sarai tu a chiedere scusa a lei.- Disse guardando Annabeth. Lei ci guardava sconvolta.
Si alzó e si avvicinó al mio banco.
-Aspettate, cosa c'entro io? Il perdente non potrebbe, che ne so, offrire un caffè all'altro?-
Il professore la guardò come se la risposta fosse la cosa più ovvia del mondo.
-Beh, Annabeth.. Perché non penso che a Jackson importi molto ottenere un caffè da me.-
Io annuii, sfida accettata. Forse per la prima volta in vita mia, avevo qualcosa per cui combattere, uno scopo che potesse giustificare le mie azioni.
-Ma cosa intende per.. Far cambiare Johnson?- Chiese Annabeth, sbagliando il mio cognome. Io ed il professore ci accorgemmo subito che Annabeth aveva sbagliato di proposito, ma preferimmo correggerla senza dar troppa importanza al fatto.
Il professore poi si concentrò per trovare la risposta più chiara e semplice alla sua domanda.
Dopo aver pensato per più di tre minuti, guardò Annabeth, pensai che volesse intraprendere un discorso profondo e tremendamente noioso sulla mia psicologia, invece disse:
-Non lo so.-
Eravamo entrambi sconcertati, ma tornammo a sederci, con la mente ancora confusa. Poi il professore, con un largo e radioso sorriso, iniziò a conversare anche con gli altri alunni. Ogni tanto guardavo Annabeth da lontano, solo per qualche secondo. Per il resto dell'ora lesse un libro, ma mi stupì il fatto che fosse riuscita a leggere solo due paginette in quaranta minuti. Al suono della campanella, chiuse il libro violentemente, facendo rimbombare il rumore nell'aula per qualche secondo. Scosse la testa, facendo agitare i riccioli biondi, per poi sbattere le mani sulla copertina rigida del suo libro. La sua compagna di banco, una ragazza di nome Thalia, se non erro, le tolse il libro dalle mani e lo mise nella sua borsa con espressione severa, anche se il suo look non rispecchiava neanche minimamente il suo carattere: indossava un pantalone nero, probabilmente in jeans, con delle catenelle di ferro pendenti ai lati, una maglietta nera strappata alla base ed una felpa del medesimo colore ricoperta di borchie sulle tasche. I capelli non erano affatto ordinati: i ciuffi neri elettrizzati le incorniciavano il viso, risaltando il blu degli occhi, che erano ricoperti di matita nera e di eyeliner.
Thalia, dopo aver chiuso il volume di Annabeth nella sua borsa, si rivolse alla sua amica.
-Leggere ti fa male, Annie, basta.- Notai che Thalia sottolineó il soprannome dell'amica, come a volerla provocare. La biondina sbruffó, prendendo un secondo libro dal suo zaino, sotto gli occhi irritati di Thalia.
-Se la mia dislessia non è riuscita a farmi smettere di leggere, non ci riuscirai nemmeno tu.- Un occhiolino partì dall'occhio destro di Annabeth, e ricominció la lettura, una lettura molto lenta, del secondo volume.
Alla fine della giornata, con molta lentezza e dopo aver passato almeno mezz'ora a flirtare con qualche ragazza a caso, mi avviai al mio appartamento. L'ultima cosa che volevo in quel momento era avere un cugino biondo in mezzo ai piedi per tutta la strada del ritorno. Ma, purtroppo..
-Hei, Percy! Aspetta che ti raggiungo!- Urlò Luke dall'altra parte della strada, attraversando velocemente la strada (finendo quasi sotto una macchina nell'intento di attraversare). Roteai gli occhi senza che lui potesse vedermi, per poi battergli il pugno in segno di saluto.
Parlammo del più e del meno, della nostra classe, dei professori, dei compagni e delle nostre impressioni. Ci misi poco a capire che Luke mirava solo ad un obiettivo, ipotesi che fu confermata quando disse:
-Cosa ne pensi di Annabeth?- Provó a sembrare indifferente, cosa che non gli riuscì molto bene.
-Cosa dovrei pensare?-
-Ma che ne so Percy, insomma, il livido che ti ha provocato è molto evidente.- Gli scappò una risata.
-Beh, non è il mio tipo di persona. Punto. Troppo seria.- Scossi le spalle e lo guardai, sperando che credesse alle mie parole.
-E di aspetto?- Un sorrisetto malizioso si creó sulle sue labbra.
-Nulla di speciale, preferisco di gran lunga Rachel, la rossa, è anche molto più simpatica.-
-Ma per piacere! Come puoi preferire quella carota ad Annabeth?-
Mi lasciai trasportare da una grande risata, la prima dopo tanto tempo.
Poi la mia attenzione fu attirata da due chiome bionde che correvano dall'altra parte della strada. Non ci misi molto a riconoscere la signorina Annabeth Chase, e.. La ragazza vicino a lei era.. Esattamente la sua copia! Forse era solo un pochino più bassa, e molto meno muscolosa, ma i riccioli biondi erano gli stessi. Avevano persino lo stesso modo di camminare. Ricordai dell'esposizione di Annabeth in classe qualche ora prima, e se non sbaglio, aveva detto di avere una sorella minore. Per un attimo, Annabeth incroció il mio sguardo e mi fulminó immediatamente. Poi prese violentemente il polso della presunta sorella e la costrinse ad aumentare il passo, continuando però a guardarmi in malo modo. Poi Luke spalancó la mascella.
-Che c'è, Luke? Qualcosa non va?- Luke, dopo essersi ricomposto, indicó la più bassa delle sorelle Chase.
-Io con quella lì ci sono uscita quest'estate. Si chiama Alessandra.. Oppure Assunta.. Annamaria.. Roba del genere.-
Deve esser stata molto importante nella vita di Luke questa mini-Annabeth, per non ricordarsene nemmeno il nome.
-Credimi Percy, se quelle due sono sorelle, non riuscirei davvero a spiegarmi dove Annabeth abbia preso la sua serietà.-
Ero confuso, e non poco.
-In che senso, Luke?- chiesi.
-La mamma di quella ragazzina era una psicotica, una volta me la presentò. Invece il padre è uno strariccone che nel tempo libero gioca a fare l'inventore.- Non riuscii a captare il tono nella voce di Luke, non sapevo se prendere il suo commento con ironia o meno. Vidi le due biondine allontanarsi per poi entrare in una lussuosa macchina nera. La macchina poi, ci passò davanti. La piccola Chase aveva aperto uno dei finestrini oscurati e quando la macchina, girando, passó davanti a me e Luke, riuscii a notare che i suoi occhi non erano color ghiaccio come quelli della sorella, ma bensì indaco; la tonalità di azzurro più particolare che potesse esistere che potesse esistere. Ma non erano intensi come quelli di Annabeth. Erano vuoti, complimenti assenti, sempre nemmeno un piccolo luccichio.
-Amico, stai sbavando.- Luke mi riportò alla realtà.

Percabeth•{Amnesia}• ITADove le storie prendono vita. Scoprilo ora