•Percy // Quello non sono io.

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Mi pento di averle detto quelle parole? Assolutamete no. Se potessi, lo rifarei? Assolutamente sì. La rabbia del momento mi fece pensare esattamente questo. Insomma, le avevo salvato la vita quattro anni prima, durante l'anno del liceo l'avevo fatta ridere un sacco di volte, ed era questo il ringraziamento? Essere dimenticato da lei, chiuso a chiave in un angolo della sua mente, cancellato dai suoi pensieri. Non sono mai stato molto sicuro di me stesso, eppure sapevo di non meritarlo, non meritavo il dimenticatoio.

Durante gli esami di maturità, durante il viaggio in Italia, durante quel mese di convivenza sotto lo stesso tetto, ho sempre pensato a lei; sempre. Mi aspettavo che, da un momento all'altro, quella testa bionda mi venisse incontro sorridendo, e mi prendesse la mano come aveva sempre fatto durante il suo ultimo mese di liceo. Ad esser sincero, neanche io all'inizio l'avevo riconosciuta: con quei capelli castani, la divisa attillata e quell'atteggiamento sicuro... Sembrava tutto tranne che Annabeth. Ma, mi era bastato guardarla per più di cinque secondi per riconoscere nei suoi occhi grigi quelli della ragazza che al liceo aveva scombussolato la mia mente, il mio cuore, e, di conseguenza la mia vita da allora.

Da quando Annabeth, quella sera prima di Natale, mi aveva fatto aprire gli occhi, ho sentito per la prima volta la voglia di cambiare: per lei, per mia madre, per i miei cari ed in primis per me. Sentivo di voler abbandonare quegli atteggiamenti da bulletto, lasciare la mia arroganza alle spalle, pensare per la prima volta al domani. In effetti, successe proprio quello. Il sabato sera uscivo con i miei amici, quelli veri, ed effettivamente mi divertivo comunque. Non avevo più il bisogno di inserirmi in gruppi di bulli amanti della droga per sentirmi ''amato'', desiderato. Mi sentivo meno tormentato, più rilassato. Probabilmente mi sentivo come si sarebbe sentito un cristiano dopo aver confessato tutti i propri peccati al parroco. Sentivo libertà. Eppure, esattamente come lei mi aveva dato la serenità, era bastata una sola parola di Annabeth per riavvolgermi nell'oscurità. Ero ricaduto nei miei stessi errori. Mi sentivo di nuovo sporco.

<<Perseus Idiota Jackson! Cosa diavolo ti è preso?>> sbraitò Nico, avvolgendosi nel suo giubbino ed entrando in bagno. Nel bagno, per sua sfortuna, non c'era l'aria condizionata. Sembrava un pupazzo di neve, come sempre. Lo guardai storto, e mi bagnai la faccia con l'acqua gelida del lavandino. Quando alzai lo sguardo verso lo specchio, mi soffermai sul mio viso bagnato: c'era un qualcosa di animalesco, che spaventava anche me. Non ero io. <<Non sono affari che ti riguardano, Nico, vai via!>> gli urlai, guardandolo attraverso il riflesso nello specchio. In realtà, lo facevo per proteggerlo: se avessi perso la calma, più di quanto non l'avessi già persa, non so cosa avrei potuto fargli. E Nico era affidato a me, se gli fosse successo qualcosa, zia Maria non me l'avrebbe perdonato, mai. <<No! Io non vado via finchè non mi spieghi tutto!>> mi rispose Nico, urtato quasi quanto me. Vidi che, nonostante il giubbino, iniziò a tremare com'era solito fare non appena la temperatura scendeva sotto i 10 C°. <<Ti spiegherò tutto più tardi, ora lasciami in pace!>> gridai, girandomi verso di lui. Nel guardare il mio volto rabbioso, sembrò spaventarsi. Poi, però, riprese condizione, e nei suoi occhi scuri vidi un pizzico di delusione: <<Tu non sei Percy.>> sussurrò, ed uscì sbattendo la porta.

Era vero, quello non era Percy.

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<<C'ho provato, Annabeth, mi dispiace.>> disse Nico, sconsolato. Annabeth strinse il fazzoletto rovinato tra le mani. <<Tranquillo, Nico, va tutto bene.>> rispose Annabeth, con la voce molto più debole.
<<Vado a prenderti un po' d'acqua.>> propose Nico, e si allontanò a mento basso. Calipso, seduta di fianco ad Annabeth, le poggiò una mano sulla spalla. <<Vuoi che chiudiamo?>> le chiese. Annabeth la guardò come se fosse impazzita. <<Non dire stupidaggini. Il capo ci caccerrà a calci nel sedere.>> singhiozzò la ragazza, spezzando a metà il suo fazzoletto.
Calipso sembrò pensarci: <<Tranquilla, mi assumerò tutta la colpa.>> Annabeth la guardò con lo sguardo di chi avrebbe voluto cedere ma non osava farlo. <<E tutti i soldi che perderemo?>>
Calipso sorrise. <<Li sgancerò io. Non sarà un problema per me.>>
Annabeth alzò un sopracciglio. <<Sai che non te lo permetterò, vero?>>
Le due ragazze risero, complici.
<<Metà li metto io e metà tu?>> chiese la bionda. Calipso le afferrò la mano. <<Andata.>>
Decisi in quel momento di smettere di spiarle ed uscire dal bagno, decidendo di utilizzare una delle mie ex-strategie preferite: l'indifferenza. Far vedere la mia serenità, anche se falsa, alle persone che mi avevano buttato giù era sempre stata una tattica ottima.
Quando uscii, Calipso, l'altra cameriera del locale, dai capelli color caramello e gli occhi nocciola, stata facendo uscire frettolosamente tutti i clienti.
<<Oggi chiudiamo prima! Annabeth Chase non si sente bene!>> urlava, passando di tavolo in tavolo.
Un vecchietto si immervosì non poco quando si vide costretto ad interrompere la sua importantissima partita a briscola.
<<Ma come, signorina? Non abbiamo ancora finito il nostro torneo!>> si lamentò, mostrando le gengive sdentate ad ogni parola.
<<Luke! Nico! Andiamocene!>> urlai io, incamminandomi verso la porta. Luke, che sedeva vicino ad Annabeth, continuava a fare domande su Thalia, mentre Nico aveva rovesciato il primo bicchiere d'acqua sul pavimento, e stava ripulendo. Luke non mi senì subito, infatti continuava a conversare con Annabeth, come se volesse distrarla dai suoi pensieri. Nico, invece, mi guardò storto: <<Ah! Ti sembriamo dei lacchè? Se vuoi andartene, vai via.>> mi rispose, e continuò a pulore.
Odiavo essere contraddetto, soprattutto quando avevo la luna storta.
<<Nico. Ho. Detto. ANDIAMO.>> scandii ogni singola sillaba, sussurrandole a denti stretti. Nico era affidato a me, e che gli piacesse o meno, avrebbe fatto quel che dicevo io.
<<Ripeto: se vuoi andartene, vai via. Io rimago qui. Se cerchi un cagnolino che ti venga dietro a tuo piacimento, potresti riprovare col rottweiler di Miss Scarlett.>>
Ora basta. La rabbia che provavo dentro era così forte da appannarmi perfino la vista. Mi sentivo completamente stordito, come se avessi bevuto dell'alcool, anzi, qualcosa in più dell'alcool. Era l'ira, l'ira che portavo dentro da quattro dannati anni. L'ira causata dall'abbandono, dalla perdita di fiducia delle persone di cui mi fidavo, dalla solitudine.
Mi sentivo con un animale inferocito. Mi avvicinai a Nico, che mi guardò stringendo gli occhi.
Quando mancavano solo due metri a lui, mi puntò il mocio per pavimenti contro.
<<Un altro passo e te lo spacco in testa, Percy.>> mi minacciò, alzando un sopracciglio.
<<Ora basta!>> urlò la bionda, dall'altra parte della sala. A malapena aveva smesso di tremare, ed ondeggiava su quei tacchi a spillo come un'ubriaca.
<<Sei arrabbiato con me, e mi sta bene.>> mi disse, puntandomi l'indice sul petto. <<Ma non permetterò che, per colpa mia, tu inizi a sfogare la tua frustazione su persone che non c'entrano nulla!>> urlò minacciosa, e la sua voce riecheggiò per l'intero locale, ormai vuoto.
<<Non toccarmi!>> le dissi, spostando l'indice dal mio petto. Lei alzò le sopracciglia, e mi lanciò una delle peggiori occhiate della mia vita. Rise sotto i baffi.
<<Perchè non dovrei toccarti? Oh, forse perchè lavoro in un bar?>> chiese, fingendo un tono melodrammatico. Si portò un dito al labbro. <<Mi consideri una poco di buono solo perchè non ho terminato il liceo? Ti faccio così schifo? Tu, piuttosto, non ti fai schifo?>> disse, incurvando la testa di lato.
Cosa?
<<Non... Non ho mai detto questo.>> risposi, passandomi una mano tra i capelli.
Annabeth incrociò le braccia, ed iniziò a girarmi intorno, lentamente. Il rumore dei suoi tacchi riempiva il silenzio.
<<Hai fatto sempre la parte della cervellotica, mi aspettavo di vederti diventare scienziata e sposata con un nerd, non in bar vestita come una prostituta. La Annabeth che pensavo di conoscere si sarebbe vergognata a morte, sei decisamente uno schifo.>>
Ripetè Annabeth, lentamente, cercando di imitare la mia voce.
<<No, Annabeth, non era questo ch->>
Non finii mai la frase, perchè caddi a terra. Annabeth mi aveva tirato un calcio col tacco in petto talmente forte da impedirmi di respirare per qualche secondo.
<<Questo era per aver giudicato la mia vita.>> mi canzonò dall'alto.
Mi tirò un altro calcio. << Questo, invece, era per le lacrime che prima mi hai fatto piangere.>>
Nico guardava la scena, ancora col mocio stretto, come se fosse pietrificato. Luke e Calipso fecero altrettanto. Annabeth mi lanciò un ultimo, patetico, sguardo, pieno di dolore ed angoscia. <<Sparisci.>>

Se il capitolo di ieri è finito con un Percy stronzo, quello di oggi finisce con una Annabeth stronza.
Lo sapete che vi amo.
(Due capitoli in due giorni non sono da me, wow)

Marti aka Figlia_Del_Sole❤️

Percabeth•{Amnesia}• ITADove le storie prendono vita. Scoprilo ora