•Percy// Soprannomi.. Annabethiani.

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I giorni successivi passarono lentamente, nulla di nuovo o di inaspettato. I professori iniziarono a fissare i primi compiti in classe, le interrogazioni iniziarono ad accumularsi. Per quanto mi riguarda, non sono mai stato una cima a scuola, non perché fossi stupido (oddio, non esageriamo, cretino ci sono eccome), ma perché non avevo minimamente voglia di aprire un libro dopo la scuola. I miei pomeriggi erano completamente dedicati al divertimento. Ma, credo quest'anno mi tocchi mettermi con la testa sui libri dato che mia madre Sally mi ha già minacciato con tutta la sua dolcezza:
"Se non prendi almeno il minimo alla maturità, ti scavo una fossa blu, hai capito tesoro?".
La materia in cui non sono mai riuscito, in quindici anni di scuola, a prendere la sufficienza? La matematica. La trovò abbastanza inutile. Non prendetemi per ignorante, so che conoscere i numeri è fondamentale nella vita, ma sinceramente non capisco a cosa possano aiutarmi le equazioni,  i monomi ed i prodotti notevoli. Insomma, dopo le quattro operazioni dovremmo aver finito, no?
Per mia sfortuna, no.
Il primo mese di scuola passó così veloce da non riuscire a rendermene conto. A differenza degli altri anni, non andai alla ricerca di guai, non picchiai gente a caso, non infastidii nessuno. In pratica andavo a scuola semplicemente per vedere i miei amici. Per la prima volta dopo quattro anni, riuscii a non prendere una nota per tutto il primo mese scolastico. Me ne stavo silenzioso, seduto nel mio banco vicino a Jason, mio fedele compagno di avventure, e guardavo fuori dalla finestra fino al suono della campanella. Ogni tanto, allungavo lo sguardo per vedere quel che succedeva intorno a me. La mia classe per fortuna era abbastanza gradevole. Jason aveva preso una bella e pesante cotta per Piper, una delle due migliori amiche di Annabeth, ma era così timido ed impacciato da non aver voluto ancora fare la prima mossa. Ma credo che il loro sia un rapporto di sguardi: non si parlavano, non si conoscevano, ma ogni volta che i loro occhi si incontravano, arrossivano e rimanevano incantati a fissarsi per qualche minuto.
Mio cugino Luke aveva provato ad avvicinare Thalia qualche tempo fa, ma aveva rinunciato quando lei gli aveva detto "Prova di nuovo ad abbracciarmi e, giuro, ti tolgo la capacità di riprodurti!".
In effetti, quella ragazza spaventava anche me, ma quando non era in modalità 'uomini al rogo, viva le donne' era davvero molto simpatica. A volte capitava che guardassi Annabeth per vedere quel che faceva: non credo di aver mai visto una persona così fredda. In un mese l'avró vista sorridere solo qualche volta e per mano di Thalia e Piper. Passava la maggior parte del tempo a lanciarmi occhiatacce, scarabocchiare sul banco e bere caffè. Alcune volte ebbi davvero la voglia di infastidirla e di prenderla a parole, ma poi decisi che era meglio starmene buono e zitto, perché sapevo che poi i professori se la sarebbero presa esageratamente, come sempre. Dopo quasi tre mesi di scuola, i rapporti tra di noi si erano ben solidificati, ed anche le persone più timide avevano iniziato ad aprirsi ed a socializzare. Ero riuscito a fare amicizia con Frank, un bestione asiatico dolce come una zolletta di zucchero e con Hazel, la sua inseparabile ragazza, che però frequentava il terzo anno. Erano entrambi molto dolci e gentili, ogni volta che si baciavano squittivo come una bambina di undici anni di fronte al proprio cantante preferito: Piper diceva che li "shippavo", okay. Luke e Thalia continuavano imperterriti a bisticciare, anche per le cose più studipe e strane. Oramai quel baccalà di mio cugino aveva preso gusto a stuzzicarla, e si vedeva. Una volta mi toccó separarli dopo che Luke aveva sfiorato per sbaglio la coscia di Thalia per un millisecondo e lei voleva rompergli il collo. Un'altra volta la ragazza gli fece un occhio nero perché Luke l'aveva afferrata mentre stava cadendo, durante l'ora di educazione fisica con il professor Hedge. Ogni tanto chiedevo a mio cugino quale sfizio trovasse nel farsi tartassare di mazzate da quella punk, e lui mi rispondeva con sguardo sognate che 'stava solo scherzando', ma da come iniziava a sbavare ogni volta che la vedeva, non ci misi molto a capire che non era così.
All'inizio di Dicembre, notai che anche Annabeth iniziava a dare segni di vita umana in classe: ora parlava anche con altri al di fuori delle sue amichette, scherzava con i professori ed era meno precisa, meno seria, meno perfetta, insomma.
Anche io scordai i miei obiettivi e ricominciai a fare il cretino, ma, a differenza degli altri anni, mi comportai in maniera più prudente, facendo sempre attenzione all'arrivo dei professori. A metà dicembre stavo bisticciando con Annabeth perché mi ero offerto di andarle a prendere il caffè come un vero gentiluomo, ma al posto dello zucchero le avevo fatto mettere il sale. Ehi! Che ci posso fare, non ho potuto resistere!
Lei, ignara di quello che le sarebbe successo, lo aveva bevuto tutto d'un sorso, ma non feci in tempo a togliermi dalla sua traiettoria che subito me lo sputò addosso fino all'ultima goccia, riempiendo la mia stupenda maglietta blu di macchie che sicuramente non sarebbero più andate via.
-Ma che cazzo ti passa per la testa, lama!- Sbottai io, comunque con un piccolo sorriso sulle labbra. Per una volta un mio scherzo si era ribaltato su di me, forse lo meritavo.
-Io? Lama? Hai messo il sale nel mio caffè, brutta testa di ca..-
Annabeth non riuscì a finire la frase che subito la professoressa di matematica entrò, posando il suo sguardo antipatico da zitella su di noi. Annabeth sembrava non avere intenzione di non finire la frase, vidi il suo sguardo viaggiare sui cartelloni affissi alle pareti bianche della nostra aula. I suoi occhi grigi si fermarono sul cartellone posizionato sopra la mia testa, il cartellone di Scienze che illustrava la vita degli esseri marini.
-Brutta Testa D'Alghe!- sbottò lei, puntandomi un indice contro, cercando di assumere un tono aggressivo nel tentativo di offendermi.
-Testa D'Alghe?- chiesi io, cercando inutilmente di soffocare una risata. Il suo sguardo sembrava dirmi: "si, è un insulto, perché ridi?". Iniziai a ridere ancora più forse, anche lei si sforzava di non sorridere, lo si notava dalle labbra strette e tremolanti e dal respiro soffocato.
-Mi aspettavo di meglio da una sapientona come te!- dissi io torandole una leggera gomitata, come a cercare di rompere la bolla di vetro che la rinchiudeva. Lei intanto, con il sorriso in faccia, incroció le braccia e cercò di mettere su il broncio, ma il fatto che stesse ridendo con me non semplificava le cose per lei.
-Non sono una sapientona!- si difese lei, dandomi una leggera spinta che comunque mi fece fare qualche passo indietro.
-Jackson e Chase, dove credete di essere?! Al bar?!- urló la professoressa, obbligandoci ad andiarci a sedere.
Tra entrate alla seconda ora e voti mediocri, l'ultimo giorno prima delle vacanze natalizie arrivó in fretta. Il 22 dicembre, noi studenti del quinto anno avevamo organizzato una super iper mega festa per tutti gli alunni del nostro istituto.
-Dovremmo vietare l'accesso ai maschi!- sbuffó Thalia sottovoce, il giorno prima della festa nella sala del Consiglio, sperando di non essere sentita.
-Sono d'accordo, sarebbe stupenda una festa con soltanto donne!- disse Leo con quell'irritante sorrisetto da Elfo.
-Anche tu sei maschio, idiota.- disse Thalia.

Percabeth•{Amnesia}• ITAWhere stories live. Discover now