•Annabeth// Punti di non ritorno

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<<Okay, ho fatto.>> sussurrò Percy, infilandosi furtivamente il pacchetto incriminato nella tasca. Insieme ci allontanammo di fretta e furia dal distributore. Non avrei mai pensato che mi sarei ritrovata a fuggire da una macchinetta, come se stessimo facendo qualcosa di illegale, tra l'altro, con quel buffo ragazzotto al mio fianco. Eppure sentii il bisogno di stringergli la mano, di avvertire la sua presenza vicino a me, così gliela strinsi. Anche se di solito non eravamo il tipo di coppia abituata a lanciarsi in effusioni amorose in un posto pubblico, era comunque la sera di Natale, e tralasciando Luke -che ci aveva lasciando indietro appositamente-, nessuno avrebbe potuto vederci; lui mi strinse ancora più forte, avvolgendomi con un braccio. Era un Natale senza neve; un Natale un po' triste, molto freddo, la strada era ghiacciata ed i marciapiedi scivolosi. I respiri emanati non esitavano neanche un secondo prima di condensarsi come fumo. Sentivo le dita dei piedi surgelarsi all'interno dei miei stivaletti, ed alzai la sciarpa sul naso: l'aria era così gelida che i miei polmoni sembravano risentirne. <<Fa un freddo barbino.>> si lamentò Percy, non azzardandosi a togliere la mano destra dalla tasca. Altri pochi passi e saremmo tornati a casa, con Thalia, Nico, Alexa ed il termosifone ad aspettarci. <<Te l'avevo detto che non era il caso di uscire.>> ribeccai, poggiando la testa sulla sua spalla. Lui arricciò il naso. <<Chi tromba a Capodanno tromba tutto l'anno, lo sai.>> <<Ma è Natale!>> <<Beh, noi ci anticipiamo, per esserne sicuri.>> Roteai gli occhi, e vidi Luke bloccarsi. Che volesse sentire i discorsi assolutamente intelligenti di me e Percy? Non appena lo raggiungemmo, lui ci bloccò con un gesto della mano per impedirci di proseguire. Lo guardammo confusi. <<Tutto okay, fratello?>> gli chiese il mio ragazzo, guardando avanti a sé per cercare di capire cosa stesse fermando suo cugino. <<Shh.>> sussurrò Luke, per poi indicare, senza essere troppo indiscreto, l'ingresso del parco; indicò proprio l'albero di ciliegio dove Percy ed io ci eravamo baciati mesi prima. Cercai di focalizzare la vista: e no, non vidi nulla di strano, probabilmente a causa della mia lieve miopia. Invece avvertii Percy trattenere il fiato. Mi sentii stupida, essendo l'unica a non aver ancora afferrato cosa stesse accadendo. Eppure, automaticamente, l'ansia si trovò a regnare nel mio petto, perché vidi i volti dei ragazzi farsi sempre più pallidi. Proprio quando stavo per domandare, con tono stizzito, delle spiegazioni, Percy mi mise una mano sulla bocca, non staccando gli occhi da quel maledetto ciliegio. Anche Luke era sull'attenti, totalmente paralizzato. Nel più totale silenzio, sentii dei rumori in lontananza, che identificai come rami che venivano tagliati e gettati al suolo. Ancora una volta cercai di mettere a fuoco il parco, ma vidi nuovamente il buio; ero in preda all'esasperazione.
Percy mi spinse dietro una siepe, e Luke ci seguii, tenendo comunque gli occhi affacciati verso il "pericolo".
<<Annabeth>> sussurrò Percy, visibilmente impanicato <<Hai tu il mio cellulare?>> Io tastai la tasca del mio giaccone, e sentii il suo smartphone.<<Sì. Vuoi spiegarmi cosa sta succedendo?>> Percy e Luke mi ignorarono totalmente, tanto da rendermi così nervosa da volermi strappare i capelli. <<Nasconditi; anzi, torna a casa. Chiama la polizia.>> mormorò, ed il nervosismo che già avevo accumulato si mutò in sgomento. Cosa diavolo stava per succedere? <<Cosa?>> sbottai. <<E voi due cosa vorreste fare? Dai, torniamo a casa, ci stanno aspettando.>>
Percy mi guardò con i suoi occhi verdi colmi di disperazione.
<<Annie, ti prego... Vai a casa.>> continuò, nell'inutile speranza di farmi tornare indietro. <<Non finché non mi spieghi cosa sta accadendo. Chi c'è là?>> incrociai le mie braccia e puntai la pianta del piede a terra, nel caso avessero cercato di farmi rincasare con la forza. Anche se una minuscola parte di me avrebbe voluto solo mettermi al sicuro, il restante 99% di Annabeth Chase voleva solo tornare a casa con la persona che amava (Ah, e anche Luke) al suo fianco; ed anche se ci fosse stato un pericolo, o qualsiasi cosa fosse nascosto vicino al ciliegio, mi promisi che l'avrei affrontata insieme a loro.
<<Annabeth, se te lo dicessi tu vorresti rimanere a tutti i costi.>> sospirò Percy, avvicinandomi le mani al viso.
<<Secondo te, dicendomi queste parole, mi spingi a fare marcia indietro, genio?>> gli ribeccai, corrugando le sopracciglia.
Guardai Luke, il suo sguardo rassegnato da un bel po' al fatto che io non li avrei mai lasciati, e poi spostai gli occhi su Percy, che borbottava parole senza alcun senso compiuto.
Luke mi mise un braccio intorno alle spalle, mi fece sporgere abbastanza affinché i miei occhi potessero avere una visuale del parco, e poi mi fece cenno di guardare ad ore 3; cercai di focalizzare la vista per l'ennesima volta. <<Lì.>> mi sussurrò all'orecchio, indicando per un millisecondo un punto alla sinistra del tronco, per poi riabbassare di scatto l'indice. Finalmente riuscii a vedere qualcosa che non fosse il nero pece di quella notte gelata.
La prima cosa che notai fu una sagoma; una sagoma robusta, che molto probabilmente apparteneva ad un uomo, viste le fattezze: spalle molto ampie, un'altezza che probabilmente sfiorava i due metri, ed un giubbino imbottito addosso. Sobbalzai; chi diavolo poteva star facendo a pezzi un ciliegio durante la notte di Natale? Non c'erano pattuglie di polizia in giro? E poi, perché quell'uomo doveva essere una minaccia per noi tre?
<<L'hai visto?>> mi chiese Luke, costringendomi a non guardare troppo a lungo. Mi voltai verso di lui, mentre Percy iniziò a frugare tra le mie tasche, probabilmente alla ricerca del suo cellulare.
<<Che fai?>> domandò Luke a Percy, ancor prima di aver sentito la mia risposta. Certo, c'era un uomo nel parco; ma questo cosa stata a significare? Cosa c'entravamo noi?
<<Chiamo la polizia.>> rispose Percy, come se fosse ovvio. Nonostante non ci fosse alcun vivavoce, nel silenzio della notte gli squilli della chiamata si sentivano perfettamente.
Non appena qualcuno rispose, Percy iniziò a parlare a raffica: diede l'indirizzo della strada, ed il nome del parco ed il quartiere.
<<Jerard Nelson; è proprio qui. Sì, ne sono sicuro.>> disse Percy, con sicurezza, non accertandosi neanche di mantenere un tono basso. Io non potei fare a meno di sussultare: ora era tutto spiegato. Pensai che avrei avuto un attacco di panico. No, no, no. Quell'essere non poteva essere tornato nella mia vita, non ora che tutto sembrava così bello! No, cazzo!
Avrei voluto urlare e frignare come una bambina, ma mi resi conto che a separarmi da quel pazzo c'erano solo un recinto facilmente sorpassabile ed una strada praticamente deserta, ergo mi conveniva mordermi le guance e trattenere tutto il dolore emotivo che stavo provando.
Intanto Percy continuava a dare ulteriori informazioni alla stazione, mentre io ero talmente scossa e stracolma di terrore da non riuscire a vedere niente se non tutto quel che mi aveva fatto quel maniaco. Come in un improvviso attacco di ipocondria, la ferita sul fianco sembrò bruciare talmente tanto che pensavo si stesse lacerando.
<<Tranquilla, Annabeth, la polizia sta arrivando.>> tentò di tranquillizzarmi Luke, afferrandomi i polsi, ma io non volevo assolutamente saperne di calmarmi. Certo, avevo un carattere abbastanza contenuto, ma la mia mente non era mai stata fredda: bastava una piccola emozione, ed ecco che la tranquillità e la razionalità andavano a farsi friggere. In quel momento, l'unica cosa che avrei voluto fare sarebbe stata gettarmi a terra e starmene lì finché Patrik e Jerard non fossero morti. Ma non potevo; ne valeva non tanto la mia vita, ma quella di Percy e Luke. Percy riattaccò, con il volto visibilmente più bianco.
Bene, la polizia era stata chiamata. Nel frattempo?
Avevamo contro di noi il tempo: ogni secondo che passava, era un secondo di libertà regalato a Jerard, era un secondo in più che lui avrebbe usato per scappare, di nuovo. E, da quando Percy aveva chiuso la chiamata, l'unico legame con la polizia era stato sciolto; la vicinanza psicologica coi salvatori era stata spezzata. Cosa ne rimaneva? Minuti e minuti di attesa. Ed ogni minuto diveniva sempre più estenuante del precedente. E continuavo a chiedermi per quanto ancora sarebbe durata quella tortura. Avere il tuo carnefice a sette metri da te, senza il potere di muovere un dito.
L'unico sentimento che non mi aveva ancora permesso di svenire era la speranza. Sì, perché la speranza che una sirena blu in lontananza avrebbe iniziato a trillare c'era. E non l'avrei persa finché Jerard non mi avrebbe vista.
<<Non morirò a Natale.>> si disse Luke, scuotendo la testa, come a convincere sé stesso.
<<Non moriò per essere andato a comprare un pacchetto di fottuti preservativi!>> gli ribeccò Percy, come se la sua ragione per non morire fosse più giusta. Mi chiesi cone diavolo facessero a conservare quello spirito così ironico anche in una situazione tanto tesa; e li invidiai a morte, perché il mio viso era ancora bagnato di lacrime, mentre loro sembravano così preparati ad ogni evenienza, così pronti a scattare al minimo rumore. Ed era questo che non avevo mai imparato nei miei numerosi corsi di autodifesa: essere bravi a tirare cazzotti non ti rende automaticamente indistruttibile. Era la prontezza emotiva ad essermi sempre mancata. Farmi sopraffare da tutte le mie cattive emozioni e pensieri aveva fatto sì che io dimenticassi ogni tecnica del Krav Maga e mi facessi sconfiggere proprio quando il mio unico obiettivo sarebbe dovuto essere vincere per sopravvivere.
Non seppi esattamente quanti minuti passarono mentre io elaboravo questi pensieri, seppi solo che essi vennero fermati quando una sirena echeggiò in lontanaza. Il mio cuore mancò un battito! Finalmente l'inferno era terminato!
La parte pessimista di me mi disse che si sarebbe potuto trattare anche di un'ambulanza o dei vigili del fuoco, ma poi vidi Luke tirare il pugno in aria in maniera decisamente poco discreta.
<<Sono arrivati, porco....!>> e poi iniziò a bestemmiare tutte le divinità di sua conoscenza dalla felicità. Io non ebbi il coraggio neanche di sorridere, ero assolutamente convinta che fosse frutto della mia immaginazione. Mentre Luke era ormai uscito dalla siepe, e Percy aveva iniziato a chiamare Thalia per far sapere solo che era tutto apposto, io avevo lo sguardo fisso davanti a me, ed il pensiero di muovermi non mi sfiorò neanche per un attimo. Eppure dentro di me quel grande macigno che mi schiacciava l'anima sembrava essersi sgretolato. Intorno a me spari, sirene ed urla.
Dopo cinque minuti, finalmente qualcuno mi scosse, svegliandomi dallo shock nel quale ero finita.
<<Signorina, tutto okay?>> guardai la persona davanti a me. Era una poliziotta in divisa scura. Aveva un sorriso stanco e malinconico, di chi aveva rinunciato a festeggiare il Natale con la famiglia per il lavoro. Anuii, incerta anche su chi fossi.
<<Vuole sedersi in macchina? Così potrà rilassare i nervi; venga, le offriamo una cioccolata.>> mi disse, cercando di essere cordiale il più possibile. Mi alzai, con le poche forze rimaste, e decisi che un rifornimento di zuccheri era proprio quel che ci voleva.
<<È morto?>> chiesi di scatto a due agenti appoggiati vicino allo sportello. Speravo finalmente in un sì.
<<No, signorina.>> mi risponde, invece, un poliziotto. Bevvi un ulteriore sorso di cioccolata per calmarmi.
<<Ma siamo stati obbligati ad aprire il fuoco, visto che ha tentato la fuga. Anzi, considerando che aveva anche una pistola con sé, sarebbe potuta andare molto peggio di così. Per fortuna, non ha avuto il tempo di ferire nessuno.>> spiegò il secondo, ed il primo annuì.
<<È stato ferito ad entrambe le gambe, non so se ha visto l'ambulanza.>> ribeccò il secondo.
"No che non l'ho vista" gli risposi mentalmente "ero troppo impegnata a rimanere imbambolata dietro una siepe per farlo."
<<Annabeth.>> sentii la voce di Percy chiamarmi. Stava pochi metri più in là, ed aveva la bocca sporca di cioccolata. Usai il bacio che rubai anche per scaricare un po' di tensione.
<<Ora che facciamo?>> gli chiesi, evitando di piagnucolare davanti a tutti per tornare a casa.
<<Domani ci aspettano in caserma. A quanto pare c'era un bel po' di denaro sulla sua testa.>>

Erano passati circa quarantacinque minuti dall'arrivo della polizia, quando l'ultima auto se ne andò, lascindo il punto d'arresto tranquillo com'era sempre stato.
Luke iniziò a tremare dal freddo. <<Cavolo, ci hanno offerto cioccolate, posti a sedere, un altro po' mi offrivano anche le loro mogli e non ci offrono un passaggio per casa?!>> si lamentò il ragazzo, tirando un calcio contro un sasso.
<<Dai, muoviamoci. Non vedo l'ora di poggiare il culo sul letto e dormire fino a Pasqua.>> disse Percy, infilandosi il cappuccio ed incamminandosi verso casa. L'aria diveniva sempre più gelida.
<<Chiamo Alexa, ci verrà a prendere lei con la macchina.>> proposi, visto che mi sentivo così debole da non poter muovere neanche un passo. Chiamai mia sorella, la quale promise di essere da noi prima che potessimo contare fino a cento. Così fu. Pochi minuti dopo, Alexa era davanti a noi con il nostro macchinone di famiglia. Percy adorava quella macchina, e Luke vi sbavava dietro quasi quanto sbavava dietro a Thalia.
Mi buttai immediatamente sullo sportello del sedile passeggero, e Percy me lo tenne aperto da grande gentiluomo.
Non potevo crederci.
Finalmente stavo andando a casa.
Lo sportello si chiuse, e mi sentii automaticamente al sicuro.
Aspettai che Percy e Luke salissero in macchina.








Bang.
Uno sparo.
Bang.
Un altro sparo.
Poi il silenzio.
Prima di fare qualcosa, passarono alcuni attimi.
Speravo ancora che Percy e Luke aprissero le portiere.
Invece no.
Non le aprirono.
Perché erano a terra.
Dal loro petto uscivano fiumi e fiumi di sangue.
E gli occhi di Patrik luccicavano ardenti nell'oscurità di Murder Boulevard, il quartiere più pericoloso di Brooklyn, a New York City.

Non odiatemi

Percabeth•{Amnesia}• ITAWhere stories live. Discover now