•Percy// Il suo sorriso.

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Prima di iniziare il capitolo, vorrei dirvi che ho scritto un nuovo """"libro"""" che si chiama "Cliché nelle fanfiction di Percy Jackson", dove, appunto, elenco tutti i cliché più brutti ed odiosi nelle nostre fanfiction. Se ce passate me fate piacere. ❤️

Sentivo il mondo cadermi addosso. Patrik aveva chiamato Luke, che stava per venirlo a prendere per salvarlo dalla polizia. Luke ci aveva tradito. Pensavo che dopo quello che Patrik e Jerard avevano fatto a Thalia, lui avesse cambiato idea su quelli che chiamava amici. Ed invece sembrava proprio di no.
-Luke, vienimi a prendere in via JokePool, ti sto aspettando da un pezzo!- urlò Patrik sempre più irritato.
Io, Rachel ed Annabeth stavamo trattenendo il respiro e nessuno di noi osava muovere un muscolo.
Passarono lunghi secondi di inesorabile silenzio. Poi Patrik sobbalzó:
-Come sarebbe a dire che non passi? Idiota, muoviti!- disse.
Altri dieci secondi:
-Davvero pensi che la passerai liscia abbandonandomi così, coglione? Non mi farò scrupoli ad ammzzare anche te.- ringhió a denti stretti, i pugni chiusi e tremolanti.
Luke si stava ribellando. Per fortuna non ci aveva voltato le spalle; effettivamente se l'avesse fatto sarebbe davvera stata la sua fine, perché io l'avrei strangolato con le mie stesse mani. Mi lasciai scappare un flebile sospiro di sollievo.
-Ultima chance, Castellan. Vienimi a prendere, altrimenti me la pagherai cara.-
L'idiota sembrava serio nelle sue minacce. Nonostante il suo compare fosse nelle mani della polizia (o almeno così speravo) lui non perdeva la sua arroganza e continuava a incutere timore. Avrebbe davvero fatto del male a Luke? Se fosse scappato, l'avremmo perso di vista.
Mi girai cercando di non farmi notare ed incrociai lo sguardo di Annabeth: stavamo pensando la stessa cosa. Patrik doveva essere fermato, e subito. Non aveva più il suo coltello, ma se fosse scappato avrebbe potuto procurarsi altre armi.
Cercammo di comunicare con lo sguardo. La mia intenzione era far chiamare la polizia dalle ragazze ed intrattenere il bestione in attesa degli sbirri. Ma dalla determinazione dei suoi occhi, capii che non aveva intenzione di rimanere a guardare dietro un cespuglio. Vedevo il rancore e la voglia disperata ma incontrollabile di vendetta nel suo volto. Vedevo la rabbia con la quale stringeva l'orlo della sua gonna. Vedevo i suoi pugni: così solidi e stretti da tremare. Avrei scommesso che non appena avesse lasciato la presa, il segno delle sue unghie sarebbe rimasto inciso nei palmi.
Aveva intenzione di partecipare all'azione. Di sfogare tutti i suoi sentimenti repressi degli ultimi mesi. Di dimostrare di valere qualcosa. Di non essere il semplice capriccio di un delinquente. E chi potevo essere io per impedirle di rendersi giustizia?
Ma bisognava fare in fretta. Feci un segno muto a Rachel di rimanere ferma dov'era, e lei acconsentì col capo. Mimò con la mano il simbolo della chiamata e capii che aveva ricevuto quello che pensavo. Avrebbe pensato lei a chiamare la polizia. Guardai Annabeth un'ultima volta prima di uscire allo scoperto, e lei mi sorrise determinata. Contammo con le labbra fino a tre e poi saltammo fuori con un balzo. Alcuni pezzi di stoffa nella sua gonna rimasero nel cespuglio pungente. Avevamo alcuni tagli lungo le braccia ed in faccia. Annabeth era a piedi nudi, ed in alcuni tratti la gonna strappata scopriva il ginocchio. I capelli biondi pieni di foglie erano scompigliati, dandole un'aria particolarmente pericolosa che non mi dispiaceva affatto.
Patrik si girò verso di noi, sobbalzando.
-Voi...- sussurró sconcertato.
Ci guardammo per qualche secondo, poi il delinquente iniziò a correre al lato opposto. Decidemmo di inseguirlo, dando così anche a Rachel la possibilità di chiamare la polizia senza che Patrik lo sapesse.

Non mi aspettavo che Annabeth sapesse correre così veloce. Aveva alzato la gonna con le mani e correva scalza nel fango. In un'altra situazione la cosa mi avrebbe fatto solo piacere, ma ora la mia priorità era stare al passo con lei, cosa davvero difficile.
Anche Patrik non era in forma. Era evidente che fosse già stanco dal precedente combattimento con Thalia, ed aveva già corso per mezza New York per raggiungere JokePool Street.
Annabeth lo raggiunse nel giro di trenta secondi. Senza perdere il ritmo, si gettò sulle sue spalle, afferrandosi al collo. Patrik ed Annabeth caddero sull'asfalto violentemente con un pesante tonfo.
-Brutta puttana! Muori!- disse Patrik, riuscendo a smuovere Annabeth dalla sua presa. La afferrò per braccia e provò a metterle una mano al collo per strangolarla, ma la ragazza aveva i riflessi pronti: mentre Patrik cercava di mettersi sopra di lei in un combattimento a terra, Annabeth gli tirò prima una potente ginocchiata nelle parti basse e poi una gomitata sul pomo d'Adamo. Patrik era stordito, ma riuscì comunque a tirare un potente pugno sul fianco di Annabeth, e lei lanció un possente urlo di dolore. In tutto questo, io li raggiunsi stremato. Raccolsi le poche energie rimaste e mi aggiunsi alla mischia.            -Non toccarla, stronzo!- dissi io sferrandogli un pugno sulla guancia.

Annabeth era riuscita a slittare sulla destra di Patrik, così io da dietro lo presi per i capelli e con tutta la forza che avevo feci sbattere il suo testone a terra cinque volte. Mi fermai quando vidi del sangue sull'asfalto. Continuai a prenderlo a calci nel torace finché anche lui, esattamente come il suo compare, non cadde a terra svenuto.
Durante i tre minuti in cui io finii Patril, Annabeth era stata a terra: emetteva orrendi versi di dolore e si stringeva il fianco. Quando mi avvicinai, notai che stava perdendo troppo sangue. Avevamo bisogno di rinforzi.
-Il taglio... Si è, ahi, aperto!- provó a dire con gli occhi pieni di lacrime.
Misi una mano sul suo fianco per cercare di interrompere la fuoriuscita di sangue. Lei iniziava a impallidire, così la feci sdraiare sulle mie gambe.
-Patrik lo sapeva... Uh... Del t-taglio. Sapeva dov'era.-
mi si spezzava il cuore a vederla in quello stato, con la voce sempre più bassa e la faccia sempre più bianca. Io non avevo un telefono per chiamare qualcuno. Lei lo aveva lasciato nel cespuglio. Potevamo solo aspettare l'aiuto di qualcuno.
-Annabeth, non parlare. Non consumare le energie. Tra poco arriveranno i soccorsi.- cercai di confortarla, togliendole con la mano libera, le foglie di Agrifoglio dai riccioli biondi.
-Non pensavo- iniziò invece lei -Che sarei morta tra le braccia di qualcuno che odio- mi sorrise, e per un attimo mi sentii in paradiso. Forse non era la ragazza fredda che pensava di essere. Forse per me c'erano possibilità.
-Non stai... Sigh, morendo.- sussurrai io. Non mi accorsi che improvvisamente la mia vista si appannò. Lacrime. Non ci vedevo perché i miei occhi erano pieni di lacrime.
-J-Jackson... Stai, ahi ahi ahi, piangendo? Uh, tu?- cercò di alzare un braccio per asciugarmi le lacrime, ma non ci riuscì. Me le asciugai da solo. Per un tempo indefinito non ci fu nessun altro, se non i miei occhi verdi che si fondevano con i suoi grigi. Patrik era ancora lì, svenuto. Con la fronte sanguinante.
Poi sentimmo un rumore in lontananza.

-La sirena della polizia!- Urlai. Avrei dovuto essere felice. Ma vedere Annabeth in quelle condizioni mi impedì di provare felicità.
-Dai, Annabeth. Ancora un po', poi sarà tutto finito!- le dissi io speranzoso, mentre le accarezzavo la guancia.

La polizia identificò subito Patrik. Mi assicurarono che alcuni loro colleghi avevano già scortato Jerard in ospedale, e che poi sarebbe tornato in cella.
Dopo alcuni minuti arrivò anche un'ambulanza. Dissero subito che Annabeth rischiava tutto, codice rosso. La scortarono di corsa in ospedale, ma non mi permisero di accompagnarla, non avevo nulla a che fare con lei. Poco dopo un'altra ambulanza portò via Patrik.
La polizia mi fece raccontare la vicenda più volte, registrandomi. Intervistarono anche Rachel, Piper e Jason. Ci tennero in caserma per circa cinque ore e fummo rilasciati a tarda notte.
Non volli andare a Pronto Soccorso, ne lasciare testimonianze ai paparazzi ed ai telegiornali. L'unica cosa che volevo era tornare a casa, dove mia madre mi aspettava preoccupata. La mia vita continuò. Non ebbi notizie sulla salute di Annabeth finchè non tornai a scuola dopo le vacanze natalizie. Scoprii che stava bene, e che a metà gennaio sarebbe tornata a scuola. Dopo molte trasfusioni, la ferita sembrava si stesse cicatrizzando come Dio comanda. Anche Thalia si rimise in fretta. Il 7 Gennaio era già a scuola nonostante lo sconsiglio dei medici. Era più forte di Annabeth, che impiegò il doppio del tempo per tornare in piena salute. Mi infastidì molto il fatto che Annabeth non mi cercò. Non mi chiamò mai, anche solo per ringraziarmi del supporto, del fatto che avessi impedito che Patrik le facesse tirare le cuoia, o del fatto che senza di me lei sarebbe ancora nel cespuglio con Rachel e Patrik sarebbe libero.
Fu come se nulla fosse accaduto.
Era il 21 gennaio. Esattamente un mese dopo gli avvenimenti. Nel tardo pomeriggio, mentre ero al bar con Piper, Thalia e Luke, mi arrivò un messaggio: era di Jason.
Cinque parole:
"Domani Annabeth torna a scuola"


Spazio "Autrice"
1504 parole. Mi fanno male le dita. Spero apprezzerete 😂👍🏻
Ps. Passate per il mio nuovo libro altrimenti vi Crucio tutti!

Percabeth•{Amnesia}• ITAWhere stories live. Discover now