Chapter forty-eight:

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Pranzammo, più tardi, e quasi non aprimmo bocca. Fortunatamente dovevo andare al lavoro prima, quel giorno, perché una mia paziente doveva vedermi al più presto. Quando la ragazza uscì dal mio ufficio, entrò Jacqueline nel mio studio.

Che giornata del cavolo, pensai, imprecando mentalmente come una dannata.

-Oh, Hermione, sono così felice che potrei esplodere!-

In effetti era terribilmente allegra, e, curiosa com'ero, volevo capirne la ragione.

-Ne sono felice,- mentii, sforzandomi di sorridere, -ma come mai sei così allegra?-

Si accomoda sulla sedia in pelle nera posta davanti alla mia scrivania, poi sposta una ciocca di lucidi capelli scuri dietro l'orecchio. Comincia a giocare nervosamente con le proprie mani, come una bambina, mentre manteneva quell'irritante sorriso stampato sul volto.

-Vedi, ieri sera ho invitato Draco a casa mia per una cena. Abbiamo bevuto un po' di vino, ascoltato della buona musica... è stato così romantico!-

Sorrisi in maniera palesemente falsa, mentre sentivo il sangue ribollirmi nelle vene.

-E... e poi? Cos'è successo?- chiesi, stringendo i denti.

-Beh, una cosa tira l'altra e...- abbassa la voce, assicurandosi che nessuno oltre a me la senta. -E abbiamo fatto l'amore.-

Il mio cuore comincia a pomparmi furiosamente nel petto, e sento la nausea prendere possesso del mio stomaco. Mi tremano le mani dalla rabbia, e gli occhi mi bruciano fastidiosamente.

Devo fargliela pagare, pensai, piena di rancore.

-D-devo andare, riferisci ai miei prossimi pazienti che ho un impegno famigliare molto, molto importante.-

Il mio tono di voce era distaccato, e nonostante volessi prendere a pugni la mia collega agivo in maniera molto cauta: non dovevo perdere il controllo, o almeno non con lei.

Dovevo mantenere bollente il piatto di vendetta che dovevo servire.

-Dove stai andando di bello?- mi chiese pimpante, la ragazza.

Presi la mia borsa, la misi in spalla e mi diressi verso l'uscita dello studio.

-Affari miei.- risposi, nervosa.

-Ah, Hermione, una cosa.-

Mi fermai, le diedi le spalle per qualche secondo e mi voltai. Jacqueline si avvicinò a me, camminando lentamente sui suoi tacchi vertiginosi; mi prese la mano e vi mise una chiave.

-Che cos'è?- chiesi, alzando un sopracciglio.

-La chiave del posto in cui stai andando, l'ho presa da sotto lo zerbino. Ti servirà, in caso non ci fosse nessuno in casa.- sorrise, spavalda come suo solito.

-Come l'hai avuta?- 

-Mistero, Hermione.- sussurrò.

-Non toccarmi mai più.- ringhiai, poi, togliendo la mano dalla sua presa.

La furbetta incrociò le braccia contro il petto, mantenendo sul viso il suo sorrisetto beffardo. Quindi uscii dalla porta, camminando come una furia verso la mia auto.

 La mia destinazione era ovvia: casa Malfoy.

Ad un certo punto, mentre guidavo velocemente verso casa sua, mi arrivò un messaggio: lo visualizzai rapidamente, dato che stavo guidando.

Da: Draco.

Tesoro, buongiorno. Volevo avvisarti che oggi non sono in casa fino al tardo pomeriggio, mi dispiace se volevi passare del tempo con me. Ti prometto che questa sera organizzo qualcosa di carino, okay? Ti amo. Xx

Buttai il telefono sul sedile e risi amaramente, scuotendo il capo.

-Vai a farti fottere, Draco.- ringhiai, accelerando.

In pochi minuti raggiunsi casa sua, suonai il campanello ma nemmeno suo zio era in casa. Allora mi ricordai della chiave consegnatami da Jacqueline, e riflettei: aveva pensato ad ogni minima cosa e sapeva cos'avrei fatto, ecco perché era passata da Draco e aveva preso la chiave di casa sua.

Aprii la porta ed entrai in casa, furiosa.

-C'è qualcuno?- chiesi, assicurandomi di essere da sola.

In quella casa, un piano era abitato da Draco, l'altro dallo zio. Mi diressi quindi al secondo piano, quello di Draco, e mi guardai attorno.

Pensai a Jacqueline e Draco insieme, mentre lui con me si comportava come se non fosse successo niente, e cominciò a mancarmi il respiro. Presi la lampada posta sul comodino e la lanciai a terra, frantumandola. Mi diressi poi verso la sua scrivania e buttai tutto a terra: non riflettevo più, avevo perso la calma.

-E mi hai anche detto che ti mancavo, dannazione!- urlai,  furiosa.

Buttai la sedia a terra, rovesciai il cestino pieno di carta sul tappeto, presi i cuscini dal sofà e gettai a terra anche quelli. Distruggevo tutto ciò che mi capitava per le mani, dai libri, alle sue foto incorniciate, ai quadri: tutto, senza pietà. Mi aveva tradita per la seconda volta, ed io non potevo e non volevo accettarlo.

Dopo circa un'ora ero in piedi, col fiato corto, i capelli color miele arruffati e gli occhi spalancati: sembravo completamente pazza, e forse lo ero dopo quella notizia. Mi sedetti a terra, tra i resti degli oggetti completamente distrutti, e portai le ginocchia contro il petto. Poggiai poi il mento sulle ginocchia e cominciai a piangere disperatamente, emotivamente distrutta: ero stata tradita dall'unica persona di cui ero innamorata follemente da anni. 

Ti amo, ed è colpa mia. (in correzione)Where stories live. Discover now