Chapter fifteen

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Da quel giorno passarono mesi, ed Harry non sembrava più quello di prima, e a volte era piuttosto irritante; lo studio era diventato leggermente più pesante, ciò significava che avrei dovuto impegnarmi più di quanto già non facessi. Proprio quando credevo che Draco avesse abbandonato le sue cattive intenzioni nei miei confronti, una sera, ecco che tornò all'attacco. Non ricordo come successe, ricordo solo che quella sera mi sentivo più stordita del solito, come se stessi per cadere da un momento all'altro, e a sera intoltrata, mentre stavo studiando, sentii la porta spalancarsi e il mio corpo cadere in un sonno profondo, poi più niente: non avrei mai potuto sapere che di lì a poco la mia permanenza ad Hogwarts sarebbe diventata  un inferno.

Mi risvegliai in una stanza a me del tutto sconosciuta, buia, umida e fredda. Il mio corpo si stava raffreddando sempre di più e, non sapendo cosa fare, portai le gambe al petto per riscaldarmi maggiormente. Non riuscivo davvero a capire come ci fossi finita lì e se mi ci avesse portata qualcuno, chi fosse stato; I miei dubbi furono del tutto estinti quando la porta della stanza, prima bloccata, si spalancò, mostrando una figura maschile dai capelli biondi tendente al bianco: Malfoy.

"Malfoy,- ringhiai alzandomi di scatto dal pavimento- perchè diavolo mi hai portata qui?"

Non rispose, si mise dietro di me e mi sferrò un calcio dietro alle gambe facendomi cadere in ginocchio. Era vero che però sarei crollata comunque, data la debolezza che regnava nel mio corpo. Camminò lentamente fino ad arrivare di fronte a me, estrasse la bacchetta dalla tasca e la posizionò sotto il mio mento, sollevandomi il viso.

"Granger, Granger, Granger,- mi canzonò sorridendo, osservandomi con disprezzo- sei così stupida..."

Quelle parole mi colpirono in pieno: quell'idiota conosceva perfettamente i miei punti deboli e quando ne aveva l'occasione non esitava a colpirli.

"Ultimamente ho notato che il povero Potter non sta bene, vero?" disse poi lentamente inginocchiandosi di fronte a me, non togliendo però la bacchetta da sotto il mio viso.

"Non sono affar..." cominciai a bassa voce, interrotta subito dopo dalla sua voce scura e roca.

"Io dico di sì, Granger. Chissà chi può averlo fatto star così male?" ghignò, riferendosi evidentemente a sè stesso.

"Tu!- gridai spingendolo- cosa gli hai fatto?" 

"Non sono affari tuoi, non ti conviene saperlo. E non toccarmi."

Ero furiosa con lui ora che avevo saputo che la fonte di dolore di Harry era Malfoy- non che di solito non lo fossi- e non capivo assolutamente come avesse potuto procurarglielo, come avrebbe potuto ferirlo così tanto psicologicamente?
"Sai, Granger- disse poco dopo alzandosi e cominciando a camminare lentamente avanti e indietro- stavo pensando che è tanto che non mi diverto con una ragazza..." si fermò, sorrise e si voltò verso di me per osservare la mia reazione alle sue parole, continuando poi a camminare "e tu vuoi porre fine alle sofferenze del tuo amichetto, giusto?". Avevo sentito bene?  Pensai che forse, molto probabilmente, avevo sentito male.

"Sono disposto a fare uscire quei pensieri negativi dalla sua testa, a patto che tu..." ecco, sapevo che doveva esserci la fregatura sotto. "A patto che tu faccia tutto ciò che ti ordino di fare. Tutto."  sorrise infine, sottilneando con la voce l'ultima parola. Avevo gli occhi spalancati dallo stupore e le labbra socchiuse, come se volessi dire qualcosa senza però riuscirci; Draco voleva incutermi timore e ci stava riuscendo perfettamente.

"E se mi rifiutassi?" chiesi guardandolo con aria di sfida.

"Oh, sarebbe un vero peccato... Non vorrai mica vedere il tuo piccolo amico stare peggio di come già sta, dico bene?" disse, inginocchiandosi di fronte a me. 

"Allora, Granger, ci stai?"

"Ci sto, Malfoy."
Con quelle parole, avevo appena firmato la mia condanna.

Sorrise, nascondendo la sorpresa che i suoi lineamenti in realtà esprimevano: non si sarebbe mai aspettato che avrei accettato il suo stupido accordo e, personalmente, non me lo aspettavo nemmeno io.

"La tua tortura comincia ora" sussurrò divertito al mio orecchio, facendomi deglutire rumorosamente.

"Alzati" mi ordinò alzandosi anche lui.

Sbuffai, eseguendo ciò che mi aveva appena imposto di fare, reggendomi sulle gambe a fatica.

"Adesso devi ascolarmi attentamente: non devi muoverti, devi stare immobile e zitta, capito?" disse serio, portando con mia sorpresa una mano sul mio fianco. Annuii con il capo, guardando il pavimento. Avvicinò le labbra al mio collo, prendendo a baciarlo fino alla sua base; ero disgustata dalla piega che aveva preso la situazione ma dovevo cercare di trattenermi dal muovermi. Portò il mio corpo più vicino al suo facendomi sussultare. Appena le sue labbra sfiorarono le mie provai ad obbiettare ma lui mi ordinò di stare zitta. Unì le labbra con le mie muovendole lentamente; provai ad indietreggiare ma lui me lo impedì, aumentando la stretta sul mio fianco.

Dopotutto, ero io che mi ero messa in quel casino, ero io che con quell'accordo mi ero rovinata.

Ti amo, ed è colpa mia. (in correzione)Donde viven las historias. Descúbrelo ahora