Chapter fourteen

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Spazio autrice: 

Ehi ragazzi, scusatemi davvero se il capitolo l'ho postato così tardi ma, come ho precedentemente detto, non ne ho avuto l'occasione, ma ora cercherò di aumentare gli aggiornamenti. Non trucidatemi, so benissimo che il capitolo non è uno dei migliori dato che non accade nulla di speciale, ma siamo solo all'inizio, ehehehe. La pianto, va bene, vi lascio alla lettura, spero vi piaccia!

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Il giorno dopo mi alzai, ancora nervosa per la sera precedente, odiavo come quell'idiota si sentiva superiore a chiunque, come fosse il re del mondo; odiavo come quei suoi due gelidi occhi azzurri squadrassero chiunque da capo a piedi prima di rivolgere un'occhiata piena di disprezzo e superiorità ed infine, odiavo lui.

Mi sedetti sul bordo del letto intrecciando le mie dita tra le ciocche ribelli dei miei capelli arrruffati, tirandoli nervosa. "Herm," cominciò Luna ferma sulla soglia della stanza che condividevamo "sto andando a fare colazione, se ti sbrighi andiamo insieme" concluse incrociando le braccia al petto, appogiandosi allo stipite della porta. "Ti raggiungo dopo" sbuffai semplicemente, alzandomi dal letto e dirigendomi in bagno per darmi una sciacquata al viso e lavarmi i denti.  "Qualcuno ha le sue cose, qui"  rise Luna rientrando in stanza, sedendosi sul mio letto. "Molto divertente" sorrisi ironica, asciugandomi il viso con l'asciugamano in spugna azzurro, poggiato poco prima accanto al lavandino. 

Tornai in camera per vestirmi, notando però che Luna era ancora lì a fissarmi, come se nulla fosse. Mi schiarii la voce per richiamare la sua attenzione, per poi dire "dovrei cambiarmi, Luna" in tono sarcastico; non so come mai ma la mattina ero sempre così facilmemte irritabile che riuscivo a rispondere male persino a Luna, l'ultima persona che se lo meritava. Quest'ultima però non fu infastidita particolarmente dal mio commento, anzi, lo ignorò riprendendo tranquilla a parlare ma voltandosi, per lasciarmi l'intimità di cui avevo bisogno. La ringraziai mentalmente per la aver afferrato ciò che volevo comunicarle e presi a svestirmi per indossare la mia solita divisa. 

"Scusa per prima- cominciai, guardandola dispiaciuta- è solo che non ho dormito molto e sono particolarmente irritabile, niente di personale" cercai di spiegarle io infilandomi una scarpa, ma fui interrotta dalle sue parole comprensive che uscivano rilassate dalle sue labbra, come fosse segretamente in un mondo tutto suo, fatto di fantasie e divertimento; "non preoccuparti, Hermione cara, vorrei solo sapere come mai non hai dormito, se per te va bene". 

A dirla tutta non sapevo nemmeno io la causa del mio improvviso stress, della mia mancata voglia di studiare- cosa che mi preoccupava principalmente, dato che  adoro farlo- e dalla continua mancanza di sonno che andava, via via, ad intensificarsi ogni notte di più, facendomi arrivare al mattino seguente stravolta.  
"Sarà lo studio, suppongo" feci spallucce infilandomi anche l'altra scarpa e pettinandomi i capeli, sapendo benissimo che la causa del mio stress non era quella. Luna annuì, portandosi una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio, guardandomi comprensiva; infondo lei cosa poteva farci, poveretta? Cercava di darmi una mano ma l'unica cosa che ci guadagnava erano i miei contini sospiri, capivo la sua frustrazione e mi sentivo in colpa per lei, per come la facevo sentire- anche se in piccola parte- inutile. Dopo la nostra breve conversazione ci dirigemmo alla Sala Grande per fare colazione, dove, come sempre, avremmo pranzato con Ron e Harry.

Arrivate al nostro tavolo salutammo entrambi, accomodandoci di fronte a loro e cominciando a spilucchiare qualcosa qua e la, data la mia mancanza di appetito. Mentre masticavo quelle poche cose che ingerivo notai che in Harry qualcosa non andava: i suoi occhi verdi erano più scuri dle solito, vuoti; la sua carnagione era più pallida e si esprimeva a monosillabi, non partecipando ai nostri discorsi e toccando a malapena ciò che aveva nel piatto.  Scossi la testa, cercando di liberarmi da quei pensieri su Harry, pensando fosse solo una mia impressione, ma quando vidi che solo un'impressione tanto non era, decisi di agire. "Harry," dissi facendogli alzare lo sguardo verso di me "puoi venire un secondo?" chiesi indicandogli con la testa l'uscita della Sala Grande. In sua risposta fece un cenno con il capo, alzandosi dal tavolo e seguendomi nel corridoio che stava esterno alla sala in cui in quel momento eravamo. 

Una volta fuori dalla vista di tutti lo guardai incrociando le braccia sotto il seno "si può sapere che hai?" chiesi, notando che dalle sue labbra non usciva nemmeno una sillaba. Solamente alzò le spalle, dicendo che non aveva niente, che non aveva dormito ed era stanco. Anche un cieco avrebbe potuto vedere cos'aveva, le vibrazioni negative che il suo corpo esprimeva erano quasi possibili da toccare, talmente erano evidenti. Cercai,- anche se inutilmente- un contatto visivo con lui, ma vedendo che i miei occhi non riuscivano a incontarare i suoi, gli poggiai le mani sulle spalle "guardami" sussurrai una volta che i miei occhi furono all'altezza dei suoi, ancora inchiodati al pavimento; attesi qualche istante un suo segnale, ma niente, così gli ripetei l'ordine, con fare severo ma al tempo stesso materno; Harry emise un respiro profondo, alzando finalmente gli occhi, incontrando i miei. "Sono la tua migliore amica, per Merlino, se non le dici a me e cose a chi le dici?"  chiesi guardandolo severamente. Alla parola migliore amica mi si formò una sensazione strana nello stomaco che mi fece tornare in mente tutti i nostri anni di amicizia, i nostri momenti passati insieme e a quella sensazione sorrisi, dentro di me. 

Ora che gli stavo vicino potevo vedere i suoi occhi verdi farsi sempre più irritati attorno alla sua iride scura e i capillari rendersi evidenti e violacei, un'immagine che mi fece come pressare un peso sul cuore, un peso che faceva cessare, anche se impeccertibilmente, l'atitvità che esso svolgeva. "Dio mio, Harry!" sussurrai, vedendolo in quello stato pietoso. Era davvero raro vedere Harry in quello stato e ancora di più vederlo piangere, ed in quella situazione sembrava davvero in procinto di farlo. "Stai piangendo?" chiesi passandogli le nocche sulla guancia destra, con fare compassionevole.

Harry non parlò per qualche istante, prese solamente un respiro profondo, come per darsi forza, forza di cui in quel momento necessitava davvero. "Temo solo di mettere nei guai te, Ron e Luna" disse tutto ad un tratto; quelle parole mi colsero alla sprovvista e le sentii riecheggiare nelle mie orecchie per altri secondi anche dopo che Harry le avesse pronunciate, facendomi capire il motivo della sua sofferenza. "Ne abbiamo già parlato, sai che non è così! Se ti vedessimo come un peso, come qualcosa da cui tenersi alla larga, fidati che avremmo preso le distanze già da un po', ma non è così" sussurrai cercando inutilmente di confortarlo. Si mise le mani dietro la testa, prendendo a camminare avanti e indietro "lo vedi, Hermione? E' questo che non capisci, è questo che non capite! Non riuscite a capire quanto io mi senta in colpa per voi, perchè so bene che potrei mettervi in pericolo ogni giorno che passate con me, ogni cavolo di giorno!" urlò esasperato, sbattendo un pugno contro il muro. Vedere Harry così arrabbiato mi fece davvero venire i brividi, una piccola goccia di paura oltrepassò il mio corpo: non lo avevo mai visto così, non si era mai sfogato così con me, prima d'ora e ciò mi fece intuire che ne aveva un gran bisogno. 

"Harry, io.." tentai di balbettare, interrotta subito "No, Harry niente! Non puoi capire quanto io mi senta frustrato in questo momento, avrei voglia di urlare dal nervoso ed è una cosa che non sopporto!" urlò poi, facendomi sussultare. Dopo altre urla di sfogo si appoggiò violentemente alla parete, portendosi le mani tra i capelli e sospirando, chiudendo gli occhi. Mi avvicinai a lui e non sapendo che altro fare lo abbracciai più forte che potei, accarezzandogli dolcemente la schiena; Harry restò con le braccia lungo i fianchi, senza ricambiare la mia stretta "Hermione allontanati, sono arrabbiato, non voglio farti del male dalla rabbia" disse con una strana calma nella voce, come se fosse tornato ad essere quello di qualche minuto prima dello sfogo. Nonostante mi avesse avvisato del 'pericolo' che potevo correre, non mi mossi di un solo millimetro, tenendomi stretta al suo corpo. Dopo,-capendo che non lo avrei mollato- fece un sospiro, avvolgendo le braccia attorno al mio collo, mentre io le tenevo strette attorno al suo busto. Portai una mano sulla sua nuca, tenendola lì ferma per tenerlo ancora più stretto, per fargli vedere che io c'ero, che non lo avrei lasciato solo; poggiai il viso sul suo petto, sussurrandogli che non doveva preoccuparsi, che sarebbe tutto finito, che non erano in pericolo.  "Ma.." obbiettò il ragazzo "shh.." lo zitti stringendolo, non dandogli la possibilità di ribattere.

Quando finalmente riuscii a rassicurarlo mi staccai dal suo corpo, sorridendogli e baciandogli la fronte  "andrà tutto bene, te lo prometto" sussurrai su di essa, rilassandolo. "Lo spero Herm, lo spero.." sussurrò lui in risposta, qualche istante dopo.

Ti amo, ed è colpa mia. (in correzione)Where stories live. Discover now