I'm fine.

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BLAINE

Sono in questa stanza da non so quanto, seduto sul letto con le gambe che penzolano. Le lenzuola sono azzurre pastello, i muri e il pavimento bianchi. È tutto così monotono e asettico. Perché non un giallo pastello invece del bianco? Mica sarebbe male. Poi lo intravedo dalla parete in vetro. È bianco come un lenzuolo. Ispeziona attentamente il corridoio, starà cercando la stanza, poi la trova ed esce dal mio campo visivo. Aspetto con pazienza che entri, fissando la porta. Poi si apre.

《Heilà.》Gli sorrido.

《Che diavolo è successo?》Chiede guardandomi la faccia. Ha gli occhi e la bocca spalancati.

《Il naso? Una piccola frattura, ma mi hanno assicurato che tornerà come prima.》Continuo a sorridergli come se fosse una cosa da nulla. Effettivamente lo è, insomma sono tutto indolenzito ma sarebbe potuta andare molto peggio, infondo.

《E-e il piede?》Lo indica con la mano.

《Si è rotto.》Scrollo le spalle.

《Da quanto tempo sei qui?》Ecco... in verità ho perso i sensi per un po' in seguito ad un trauma cerebrale, stando a quello che mi è stato detto, ma non ho intenzione di dirglielo. Anche ora che vede che sto bene continua ad essere preoccupato.

《Un'oretta, credo.》Ipotizzo.

《E mi fai chiamare solo ora?》È arrabbiato, credo. Forse dovrei tirare in ballo la storia del trauma. 《È poi perché non mi hai chiamato tu?》

《Ero...in sala gesso, ma volevo avvisarti comunque, quindi ho chiesto ad un infermiere di chiamare al posto mio.》Riflette e sento che sta per arrivare un'altra domanda.

《Ma come hai fatto a cadere dal palco? Dopo tanti anni, insomma...》Si blocca. Effettivamente me lo chiedo anch'io.

《Non avrò preso bene le misure, ero intento a cantare, allora mi sono girato e...ed ero per terra.》Scrollo le spalle e lui annuisce.

《Come stai?》Mi prende la mano tra le sue.

《Un po' rotto.》Sorrido e lui abbozza una risata.

《Ti amo.》Dice prendendomi alla sprovvista, poi mi bacia accarezzandomi dolcemente il viso.

《Ti amo anch'io, ma dovresti evitare di agitarti per così poco.》Gli prendo la mano tra le mie e gliela bacio.

《E tu smettila di farmi preoccuppare. Quanto tempo devi restare in ospedale?》Chiede poi.

《Veramente ho già firmato l'uscita.》Non mi sembra molto felice, ma si limita ad annuire. Credo che volesse che restassi qui per farmi controllare, ma non è necessario. Voglio solo tornare a casa nostra.

《Vado a casa a prendere la macchina.》Mi accarezza i capelli con un gesto dolce e familiare, poi si gira e se ne va.

Mi guardo intorno e noto che a fianco al mio letto ci sono due stampelle, quindi le afferro e provo a stare in piedi. Non è molto difficile camminarci, anzi. Prendo il cellulare ed esco da questa stanza deprimente. Voglio fare un giro, per quanto divertente possa essere. L'ascensore è a qualche metro da me, ma credo che riuscirò a raggiungerlo. Una volta dentro spingo il tasto 5 e le porte si chiudono. Non so che reparto sia onestamente, ma comunque ci provo. Quando le porte si aprono, noto che il corridoio non è monotono e asettico; non molto, almeno. Ci sono tante persone che parlano tra di loro e sembrano felici. Neonatale? Continuo a camminare ma il piede mi fa malissimo e anche senza poggiarlo per terra, il dolore è forte.
Prendo un corridoio secondario sulla destra e una delle pareti è per metà in vetro, poi li vedo: decine di bambini neonati, nelle loro sgargianti tutine in delle culle non molto comode, almeno dall'aspetto.

《Qual è il tuo?》Un uomo alto e robusto con il volto paonazzo illuminato da un ampio sorriso si rivolge a me.

《C-cosa?》Lì per lì non capisco, ma realizzo dopo qualche secondo. 《Ooh no, non sono padre. Non ancora.》

《Sta partorendo?》

《No, in realtà mancano ancora tre mesi.》Annuisco appena.

《Capisco.》Ha le mani dietro la schiena e fissa uno di quei bambini. 《Impaziente?》

《Parecchio.》Abbozzo una risata.

《Sai già il sesso?》

《Sì, è una femminuccia.》 Il mio tono è orgoglioso e inizio a sentirmi un po' più papà.

《Il mio è un maschietto. Quello, vedi?》Mi indica un bambino tra tanti. All'inizio faccio un po' di fatica a capire quale sia, ma poi lo vedo. 《Sono felice che sia un maschietto. Sono allenatore di football.》

《Come si chiama?》Evito di rispondere alla sua affermazione semi-sessista.

《Jacob. Comunque io sono Sam.》Mi porge la mano.

《Blaine.》Gliela stringo.

《Hai fatto a pugni con qualcuno?》Indica il mio naso.

《Cosa? No, ho avuto un incidente a lavoro.》Chiarisco. Ho smesso di prenderle a 15 anni, per fortuna, ma evito questo dettaglio.

《Oh, capisco.》Annuisce.

《Blaine!》La voce di Kurt mi prende alla sprovvista e mi giro di scatto. 《Ma che stai facendo qui? Sono passato dalla tua camera e l'infermera mi ha detto che ti aveva visto a quinto piano.》Il suo sguardo si sposta sull'uomo alle mie spalle e lo vedo irrigidirsi. 《Vogliamo andare, adesso?》

《Sì.》Annuisco. 《Ciao Sam, i miei migliori auguri per la nascita di tuo figlio.》Lui mi ringrazia, poi Kurt viene a fianco a me e mi aiuta a camminare.

《Ti fa male?》Annuisco. 《E allora perché sei venuto qui?》Okay, mi sta rimproverando.

《Non mi piaceva la mia camera.》Mi giustifico.

《Ma sentilo...》Scuote la testa. 《Comunque ora ti porto a casa e non ti alzerai per nessun motivo al mondo.》Gli sorrido, anche se non mi vede, e poi entriamo in macchina.

It's cold outside || Klaine Where stories live. Discover now