1.8

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Dopo una giornata di lavoro in negozio Mario era stanco. Si sentiva spossato, come se avesse compiuto una maratona ed avesse esaurito in quel modo tutte le forze di cui disponeva. Si trascinò in casa e gettò lo zaino ai piedi dell'appendiabiti all'ingresso. Avanzò verso la stanza sua e di Alessia e trovò la luce accesa. Immaginava che lei fosse in casa, dato l'orario. Si domandò se ci fosse anche Claudio e, senza pensarci, spalancò la porta.

Alessia era di spalle, in piedi. Le linee del suo corpo parevano spezzarsi e ricomporsi nel giro di pochi attimi. Come se lei non facesse veramente parte di quel posto, come se non fosse nella sua stessa stanza. Come se neppure esistesse, in quel mondo. Mario ebbe la sensazione che da un momento all'altro sarebbe scomparsa, volata via come la cenere al primo soffio di vento. Alessia era cenere.

Gli sembrò di vederla bruciarsi, consumarsi, sciogliersi, incenerirsi.

Non avrebbe dovuto guardarla negli occhi per sapere che stesse piangendo.

"Ale... Bo"

Le sue spalle sussultarono e i singhiozzi, dopo un attimo di esitazione, ripresero convulsamente.

"Non è niente, Bi.", gli rispose con voce rotta.

Bo e Bi, così si chiamavano tra loro, come Fabrizio De André e Dori Ghezzi. Non sapevano neppure perché lo facevano, era stata soltanto una coincidenza. Avevano cominciato quand'erano piccoli ed avevano mantenuto quell'abitudine. Era stato impossibile smettere di chiamarsi in quel modo.

Da bambini avevano sviluppato un linguaggio segreto che permetteva loro di capirsi anche quando volevano che gli altri non lo facessero. Bastava uno sguardo, una parola, per capire cosa stesse pensando l'altro, per sapere se una persona appena conosciuta andasse loro a genio o meno, per sapere se l'altro stava bene, per percepire gli stati d'animo, le sofferenze, le paura. Non avevano mai dovuto parlare troppo.

Mario, le cinse le spalle, e soltanto al tocco della sua pelle Alessia si calmò.

"Che c'è? Che succede?"

Lo chiese solo perché voleva che lei parlasse. In realtà sapeva perfettamente perché Alessia stesse piangendo. La motivazione la sentiva sotto la pelle, nelle ossa.

Era la motivazione stessa della sua sopravvivenza.

Non sapeva come fosse possibile, ma era così. Amavano incredibilmente ed incondizionatamente la stessa persona.

Mario non sapeva quanto forte fosse l'amore di Alessia nei confronti di Claudio, ma gli mancava il respiro soltanto al pensiero che il suo sentimento potesse essere profondo e totalizzante quanto il proprio. Sentì gli arti intorpidirsi e si bloccò, il braccio ancora intorno al corpo di Alessia.

Solo in quel momento realizzò fino in fondo, con tutta la potenza che quel pensiero comportava, che lui ed Alessia amavano lo stesso ragazzo per davvero. Che condividevano realmente tutto quello che a loro piaceva.

Adoravano le stesse cose e si erano sempre divisi tutto, persino il grembo della loro madre, che li aveva visti formarsi assieme.

Ma Claudio, proprio Claudio, era l'unica cosa che non potevano condividere, e l'unica per cui entrambi avrebbero dato la vita.


***

"Bo,dai scartalo prima tu!", la incitò Mario raccogliendo le carte degli altri regali, mentre Claudio li osservava da lontano, intenerito.

"Ma non esiste! Devi aprirlo prima tu!"

Alessia voleva averla sempre vinta, e Mario era consapevole che con lei andasse sempre così.

L'altra parte di meWhere stories live. Discover now