3.10

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Mario chiuse la zip della valigia consapevole che qualsiasi cosa avesse progettato per quella fuga a Verona non fosse andata in porto. Aveva avuto paura di tornare e non trovare il suo Claudio, la persona che aveva segretamente amato per tanto tempo, e con cui si era confrontato negli ultimi mesi rispetto a quel sentimento. Invece Claudio era lo stesso di sempre. Con lui aveva assunto lo stesso atteggiamento accomodante che aveva sempre avuto, salvo il mantenersi fermo nella decisione di voler prendere una posizione precisa.

Erano, invece, le situazioni ad essere cambiate.

La vita a volte riesce ad essere veramente beffarda. Per tanto tempo Mario era stato convinto che nulla avrebbe potuto scalfire il legame tra lui e Claudio, perché era un legame puro e disinteressato. Lo credeva veramente, e così era stato. Loro due erano legati da un affetto profondo, e niente avrebbe potuto cambiare quella verità. Eppure il disinteresse che era sempre stato alla base del loro rapporto e del modo in cui Mario lo percepiva era venuto meno. La situazione era, ormai, ben diversa. Mario sentiva di dover agire in qualche modo, di dover fare qualcosa per cambiare la situazione, eppure non riusciva a muovere un passo. Si sentiva bloccato tra le sue paure e i suoi desideri.

Sentì una presenza alle proprie spalle e si voltò. Sorrise a Paolo.

"Tutto bene?", gli chiese l'amico, che aveva notato il suo malessere di quei giorni, ma non aveva indagato a fondo per rispettare le sue volontà.

"Sì, Pà. Tutto ok. Devo andare, ho il treno tra poco."

"Manca ancora un po'.", constatò Paolo. "Facciamo colazione da qualche parte?", gli chiese cercando un punto di contatto con lui.

Mario scosse la testa. Non gli andava di mangiare. "No, preferisco anticiparmi."

Sebbene Paolo fosse consapevole che qualcosa non andasse non avrebbe mai potuto immaginare cosa effettivamente fosse.

Impugnò la maniglia del trolley e lo trascinò fino alla porta. Strinse Paolo in un abbraccio e cercò di trattenere la sensazione di familiarità che quelle braccia gli trasmisero per portarla con sé a Roma.

"Io vado a farmi una doccia", disse Paolo sciogliendo l'abbraccio. "Tu fatti vivo quando arrivi. Poi ti vengo a trovare."

"Quando vuoi."

Paolo si allontanò raggiungendo il bagno. "Ah, se vuoi salutare Claudio lo trovi in casa, stamattina non è andato all'Urban."

Mario si fermò sull'uscio della porta e sentì Paolo chiudersi in bagno. In quell'esatto istante gli percorsero davanti agli occhi tutti gli ultimi momenti con Claudio. La festa, la sua distanza, la litigata a casa sua, Mattia.

Quando si era alzato quella mattina non aveva intenzione di andare a salutare Claudio prima di tornare a casa. Si sentiva offeso per il solo fatto di essere stato rimpiazzato così facilmente. Eppure qualcosa lo spingeva da lui. Mario uscì dalla porta di casa di Paolo e la chiuse dietro alle sue spalle dopo aver trascinato con sé il trolley. Fissò di fronte a sé l'esterno dell'appartamento di Claudio, nel quale avevano condiviso tanto: anni di amicizia, litigi, momenti d'amore. Si rese conto che nulla accade per caso, e che se fosse andato via senza parlargli probabilmente la situazione sarebbe soltanto peggiorata, una volta a Roma.

Senza più rifletterci suonò al campanello due volte, come era solito fare, mentre il cuore gli batteva nel petto e faceva un rumore più forte del battito di un tamburo. Lo sentiva nelle orecchie, gli sembrava che la cassa toracica si muovesse, e che il movimento fosse percepibile ad occhio nudo.

Non dovette attendere molto prima che Claudio aprisse.

"Ti aspettavo.", gli annunciò lasciandolo passare.

L'altra parte di meWhere stories live. Discover now