2.10

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A Claudio,
anima bella.

Il sole filtrò attraverso le tapparelle accarezzando il suo corpo e svegliandolo. Un sole appena tiepido. Era ancora presto.

Claudio si rigirò sul divano e sentì il collo scricchiolare. Mosse la testa a destra e a sinistra per liberarsi di quel dolore.

E poi in un flash ricordò tutto. Mario sopra di lui, il suo tocco delicato. Il piacere e il dolore, quel senso di appartenenza. Il desiderio, il suo cuore che scoppiava di un sentimento nuovo ed inesplorato. Per qualche istante temette che si trattasse soltanto di un sogno. Gli sembrava così assurdo che fosse accaduto davvero, così, improvvisamente, che prese in considerazione l'idea che fosse tutto frutto della sua mente. Eppure non era così. Non si trattava di un sogno, e Claudio lo capì dal modo in cui il suo corpo reagì. Come all'alba di una nuova era, libero dai pesi dell'esistenza.

Si sentiva leggero senza neanche saperne il motivo.

Aprì gli occhi con la consapevolezza di non trovare Mario lì, sul divano. Durante la notte aveva sentito dei movimenti. Con la coda dell'occhio l'aveva visto alzarsi, rivestirsi e coprirlo con un plaid leggero. Aveva sentito il rumore della porta chiudersi dietro di lui, ma lo aveva vissuto come se si trattasse di un sogno.

Durante quelle ore la sua mente aveva riposato, come se le emozioni della notte precedente non fossero mai state provate.

Mario non era lì, come pensava. Si alzò dal divano distendendo le braccia per ritrovare la cognizione del proprio corpo, e si accorse subito di avere un terribile mal di schiena. I piedi nudi a contatto con il pavimento lo svegliarono di colpo. Si sentì crollare addosso tutte le emozioni vissute poche ore prima.

Nessun altro ti può toccare. Tu devi essere solo mio. Non ti farò male.

Il suo tocco passionale e delicato, come a voler conservare una sensazione senza sciuparla. Il lampo di vita che gli aveva regalato in un solo momento.

Ancora nudo, si trascinò verso il bagno e s'infilò sotto la doccia. Attese che l'acqua divenisse leggermente tiepida prima di aprire completamente il getto.

Lasciò che l'acqua picchiettasse forte sul suo corpo distendendogli i muscoli delle spalle. Sapeva che prima o poi sarebbe tornata a galla la sensazione di impotenza e confusione. Sapeva che con Mario non avrebbe saputo come comportarsi. Quello che aveva provato la notte precedente lo rendeva confuso e vulnerabile. Le parole che aveva detto a Mario gli rimbombavano nella testa, soffocandolo.

Cosa cazzo mi sta succedendo? Cosa è successo al mio corpo?

Si lasciò andare ad un pianto liberatorio. L'acqua si confondeva con le lacrime e Claudio finse di non averlo mai fatto. Finse che quel pianto non fosse mai sopraggiunto, coperto dall'acqua corrente che aveva lavato via gli odori della notte, ma non le sensazioni.

Promise a se stesso che quella fosse l'ultima volta in cui aveva avuto paura.

***

La giornata di lavoro fu terribilmente stancante. Claudio sentiva il peso della nottata appena vissuta. Il corpo dolorante per la posizione scomoda, l'anima ammaccata a causa della sensazione di disagio provata successivamente, quando si era fermato a pensare. La sua mente intorpidita, la mani che formicolavano.

Ogni tanto si voltava verso l'ingresso con la speranza di veder comparire qualcuno che già sapeva non sarebbe comparso, e quando realizzò che finalmente poteva tornare a casa fu sollevato. Gli era sempre piaciuto lavorare, lo aiutava a distrarsi e a distendere i nervi, ma quel giorno proprio non era riuscito a pensare ad altro che a Mario e alla notte appena trascorsa.

L'altra parte di meWhere stories live. Discover now