4.10

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Claudio si svegliò col respiro di Mario sul suo cuore. Doveva partire tra un'ora e lui avrebbe dovuto accompagnarlo alla stazione.

L'impulso di non svegliarlo, di trattenerlo a sé, di costringerlo a Verona ancora per un po' fu forte. Fortissimo.

Ma amava Mario, e per lui avrebbe scelto sempre il meglio. E siccome il lavoro lo chiamava, e per nulla al mondo gli avrebbe fatto fare brutta figura con i suoi capi, lo spinse dolcemente via dal suo petto per cercare di svegliarlo.

Qualsiasi incomprensione, qualsiasi litigio, qualsiasi momento di scontro si trasformava con lui in scintille di pura passione. Era del tutto nuovo e così inaspettato che non riusciva nemmeno a riconoscersi. Solo per Mario era il Claudio che perdeva completamente la testa. Solo per lui era passione e libido. Solo per lui, stretto nei suoi jeans che gli fasciavano le forme. Solo per Mario urlava di dolore e di rabbia, e scoppiava in cielo come fuoco d'artificio.

Per gli altri era il pacato, semplice, tranquillo Claudio. Fuoco contro ghiaccio. Tutto quello che era diventato contro quello che era agli occhi delle persone.

"Mario...", provò a chiamarlo a voce bassa, per dargli modo di abituarsi all'idea di doversi svegliare. "Mario, su, dobbiamo andare alla stazione..."

Mario si stiracchiò nel letto e non diede cenno di volersi svegliare. Rimase ad occhi chiusi e si girò sull'altro fianco.

"Se vuoi restare qui un altro giorno io non mi offendo, comunque."

"Cretino!"

Claudio rise e un senso di malinconia prese ad attanagliargli di nuovo lo stomaco. Ma non era il momento di ricominciare a parlare del loro futuro, di come l'avrebbero gestita.

Si alzò dal letto e si diresse in cucina per preparare la colazione. Mise la moka sul fuoco e osservò per qualche istante la fiammella colorata invadere l'acciaio della macchinetta.

Sentì lo scroscio dell'acqua dal bagno, e capì che Mario si fosse finalmente deciso ad alzarsi. Guardò le pareti della sua casa, che custodivano un segreto a cui lui sentiva sempre più di voler dar voce.

Un'idea prese a farsi spazio dentro di lui.

Mario uscì dal bagno dopo pochi minuti, grondante d'acqua.

"Vuoi un po' di caffè?", chiese evitando di guardarlo per non tradirsi. Non sapeva nascondere i suoi pensieri a Mario, non avrebbe mai voluto farlo, ma quell'idea che stava prendendo forma pian piano, dentro di lui, era così opprimente, tutt'un tratto, che Claudio sentiva stesse acquisendo vita propria. Non sarebbe più riuscito a fermarla.

"Sì." Mario gli si avvicinò avvolgendogli i fianchi. Un brivido freddo percorse la schiena di Claudio.

"Così mi bagni..."

Mario rise dietro al suo collo e gli lasciò un bacio leggero.

"Ma un tempo non eri così lamentoso... o sbaglio?"

Claudio sbuffò fingendosi irritato. "No, è la tua vicinanza a rendermi così. Mi hai insegnato a lamentarmi ad ogni occasione."

Mario rise più forte e gli lasciò un altro bacio sul collo, al quale Claudio non seppe resistere. Si voltò e gli prese il volto tra le mani. Allungò le sue labbra e catturò quelle di Mario, che da troppe ore non assaporava. Lo baciò a lungo e con passione, fino a dimenticarsi anche il suo nome. Lo baciò cercando di abituarsi al suono dello schiocco, alla morbidezza delle labbra di Mario, ma soprattutto alle proprie sensazioni, che erano così forti da invaderlo.

"Se non vai a vestirti farai tardi", annunciò Claudio.

"E tu?"

"Io non scendo dalla macchina, ti accompagno così."

L'altra parte di meWhere stories live. Discover now